Il governatore del Saarland Peter Müller ha annunciato il ritiro dalla vita politica. Il primo maggio il parlamento del Saarland voterà la successione ad interim, per la quale è stata proposta la signora Kramp-Karrenbauer attuale ministro dell’Interno del Saarland, compagna di vita politica di Peter Müller sin dai primi giorni del suo gabinetto.
Nulla di eccessivamente clamoroso. Non si tratta di uno scandalo, non si tratta di un’impennata contro la cancelliera Merkel sospettata di togliere futuro e prospettive a tutti i baroni dei Länder governati dalla Cdu. Vale però la pena fare il punto sulla carriera di questo politico che (e non si direbbe a prima vista) ha spesso giocato un ruolo importante per la vita degli italiani in Germania ed è stato protagonista di battaglie politiche di prim’ordine. Non dimentichiamo che il suo campo di battaglia, il Saarland, è stato per decenni il feudo incontrastato di Oskar Lafontaine.
Quel Lafontaine che per la Cdu è stato un osso veramente duro prima di diventare arsenico anche per la Spd. Ebbene Müller è stato quel politico conservatore che nella patria dei minatori è riuscito a raggiungere un livello di popolarità e di consensi elettorali paragonabili a quelli dell’istrione Lafontaine negli anni del suo maggiore successo. Eppure è stato proprio Müller ad avere il coraggio di mettere la parola fine, con la strategia dello “Strukturwandel”, all’era delle miniere lungo la Saar. Una scelta impopolare che solo un politico della sua stazza poteva affrontare con coraggio. Ma il nostro Peter Müller ha fatto capolino più di una volta sullo scenario nazionale. Per anni è stato l’erede alla guida della corrente di sinistra della Cdu nella tradizione di Heiner Geißler, quello che ebbe il coraggio di contraddire il gigante Helmut Kohl nel periodo del suo massimo potere formale ed informale.
Fu questa sua nomea di uomo illuminato ed aperto verso la sinistra, insieme con il suo passato di giudice in pretura, a procurargli uno degli ossi più duri dell’iter legiferante tedesco. La riforma bipartisan della legge sull’integrazione del 2001. Fu posta in quel periodo ad opera di Peter Müller una delle pietre miliari sul cammino dell’integrazione anche se, sia a Berlino, sia a Roma nessuno sembrò accorgersi dei particolari meriti di quest’uomo. Peter Müller, infatti, con l’allora ministro dell’interno Otto Schilly elaborò il testo approvato all’unanimità dal Parlamento tedesco sulla nuova legge per gli stranieri. Peter Müller cancellò il dogma della Cdu che negava accanitamente di riconoscere nella Germania federale un paese d’immigrazione.
Il caparbio Peter Müller andò oltre, convincendo l’ala conservatrice della Cdu/Csu di riconoscere di fatto la doppia cittadinanza. Una vera e propria rivoluzione a palazzo che ha sancito un nuovo costume politico in Germania. Quando oggi i nostri figli vengono al mondo ed hanno di fatto due nazionalità lo debbono anche al lavoro politico di quest’uomo che a appena 54 anni lascia il prestigioso incarico di governatore di un Land tedesco per ricoprire in futuro quello di giudice presso la Corte costituzionale di Karlsruhe.
L’ultima sensazione politica di Peter Müller risale al 2008 con la formazione del primo governo regionale di colore giamaicano: nero (Cdu), giallo( Fdp) e verde ( I Verdi). È stato un abile tessitore, dimostrando che è possibile una costellazione ritenuta sino all’epoca impraticabile. La cancelliera Merkel gli deve tanto anche per questo. Visto gli incerti destini di una Fdp sempre più ondulante, è bene avere una carta nascosta che agevola l’entrata dei verdi in una eventuale colazione di governo. Nel Saarland è stato, infatti, abbattuto anche il tabù che vede i verdi partner preferenziali di una Spd legata al modello Schröder-Fischer.
Müller se ne va a Karlsruhe e lascia nelle fila della Cdu Saarland centinaia di tesserati italiani. Con un’abile mossa a costo zero, che vedeva inserito un candidato italiano al numero3 della lista per le ultime elezioni europee (con la certezza matematica di un solo seggio aggiudicato al numero 1), Peter Müller lanciava un segnale di fiducia e di apertura del suo partito verso cittadini di altra nazionalità. Sino ad ora solo i verdi si erano distinti con candidature esotiche. Ma gli italiani perdonano al Müller il piazzamento tattico di questo italico giannizzero destinato solo a fare numero per convogliare voti nostrani alle europee. Gli italiani non dimenticano, infatti, la passione sincera con la quale il Müller si è battuto contro la chiusura del Consolato a Saarbrücken. Un’altra mossa che ha scardinato i consueti metodi di comunicazione intergovernativa. Müller diceva a Frattini : chiudete per motivi di risparmio?
Ebbene, il Consolato lo ospito io gratuitamente! La cosa ha irritato non poco Frattini, Mantica ed una Console appena trentenne a Saarbrücken completamente persa di fronte ad interlocutori di questo calibro. Addio Peter Müller e grazie mille. Se gli italiani hanno conservato i servizi consolari a Saarbrücken lo devono anche a Lei. Noi diciamo grazie e speriamo che uno di quelli che conferiscono medaglie, onorificenze e riconoscimenti si ricordi di questa personalità politica alla quale noi, italiani in Germania, dobbiamo veramente tanto.