E’ indicativo il fatto che tra le più importanti nazioni industriali ci sia al primo posto la Cina e all’ultimo, invece, la Germania. A Berlino si sta cercando di recuperare terreno, come si è visto dal recente incontro nella Cancelleria federale tra i tre grandi dell’automobile “made in Germany” – Vw Bmw e Daimler – e Angela Merkel.
All’esame c’è un premio di 5000 euro a favore di chi acquista un’auto elettrica. Paga lo Stato, in ultima analisi il contribuente anche se molti non sono d’accordo. In ogni caso ciò non significa che l’industria automobilistica tedesca rinunci al suo grande asso nella manica, il motore diesel. Una tecnologia che vede la Bosch di Stoccarda nel ruolo di convinto promotore: il motore diesel, qualora sia ben messo a punto è in grado secondo Bosch di rispettare tutti i limiti imposti dalle leggi sull’ambiente. Per il momento, comunque, non lo è. Il presidente della Bosch, Volkmar Denner, ha precisato che il suo software per i motori diesel non era mai stato programmato per truffare e che l’uso che il gruppo Volkswagen ne ha fatto non può essere in nessun caso imputato alla Bosch.
La domanda a questo punto è: ma per quale motivo era stato ideato questo famigerato software? Negli Usa e in Europa le autorità giudiziarie hanno avviato indagini su un eventuale ruolo di complicità della Bosch nelle manipolazioni dei motori diesel. La Bosch si difende sostenendo che l’utilizzo dei suoi software nei motori diesel è un aspetto che investe l’esclusiva responsabilità dei produttori automobilistici.
Le indagini che la Procura della Repubblica di Stoccarda ha avviato circa quattro mesi fa sono, comunque, ancora in corso e conseguentemente il vertice Bosch non è in grado per il momento di fare delle dichiarazioni. Denner si è limitato a dire che la Bosch darà un suo positivo contributo alla chiarificazione del problema delle manipolazioni del motore diesel.