Il comandante della flotta imperiale austriaca – Ammiraglio Nikolas Horthy, ungherese – di appena quarantanove anni – era, al momento dei fatti d’armi sul mare, il più giovane ammiraglio nella storia delle due monarchie: austro/ungherese. L’ambizioso ammiraglio partito con la flotta imperiale per forzare il Canale d’Otranto si premurò, anzitempo, di poter avere con sé, a bordo della nave ammiraglia, il giornalista più famoso del tempo. Un certo Egon Erwin Kirsch.
Costui avrebbe non solo descritto ma anche documentato, con immagini filmate, l’impresa che avrebbe potuto cambiare le sorti e il destino dell’intero conflitto in atto. La forzatura del Canale d’Otranto consisteva nell’aprire l’accesso navale alla flotta austriaca dall’alto/Adriatico al Mar Jonio, al Mar Adriatico, al Mar Mediterraneo e quindi al Mar Tirreno consentendo possibili operazioni navali che avrebbero potuto sorprendere e danneggiare seriamente le coste italiane. Il compito austriaco restava, comunque, il tentativo di tenere impegnata la Marina italiana in un perenne stato d’erta e quindi impossibilitata a intraprendere e programmare iniziative offensive a largo raggio d’azione. Da qui, la strategia italiana, di ostruire il Canale d’Otranto bloccando così ogni accesso, sui mari italiani, alla Flotta austriaca. In altre parole la flotta austriaca, strategicamente, doveva restare – ad ogni costo – ferma e ancorata nei suoi porti senza poter nuocere. Il piano dell’ammiraglio Horthy, dunque, era arduo e pieno di buone prospettive future per l’andamento della guerra in favore dell’Austria.
Tuttavia, le cose non andarono così! L’impresa fallì! Il motivo, più importante, che portò al fallimento fu il denso fumo nero che il carbone umido della „Nave Tegetthof“ (unità navale della flotta austriaca) provocò durante la navigazione.
Il fumo denso, all’alba, attirò l’attenzione delle vedette italiane, poste in osservazione, e quindi di conseguenza intervenne con due Mas; mezzi d’assalto. Con un’azione spericolata, ma anche fortunata, questi, riuscirono a colpire e affondare la corazzata Santo Stefano. Grazie al „Team“ del giornalista Kirsch che si sarebbe dovuto occupare, inizialmente, di filmare la forzatura del Canale d’Otranto, infine si occupò invece dell’affondamento della corazzata „Szent Istvan“ (portava il nome del Santo protettore nazionale ungherese), rendendoci così quelle rare immagini che molti di noi conoscono. In seguito, i marinai dell’equipaggio della „Santo Stefano“, (veneti, croati, dalmati, istriani e austriaci) che perirono nell’affondamento, vennero sepolti nel cimitero di Pola. Non furono considerati „Caduti per la Patria“ ma „Vittime di Guerra“ poiché ormai la patria imperiale e lo stesso impero austro/ ungarico non esisteva più. Era storicamente tramontato! Il sogno dell’aquila imperiale austriaca, che „Osava La Gloria Eterna“ era, per sempre, e irrimediabilmente distrutto e vanificato. Con la perdita della „Santo Stefano“ ovvero la „Superba“ della flotta imperiale – così ritenuta per l’alta tecnologia navale che era la più avanzata del tempo – l’Austria veniva „mutilata“ gravemente e tutto lasciava presagire che ormai la fine era imminente.
Difatti, poco dopo, è stata firmata la resa. Rimasero i „lutti“ di tutte le Nazioni intervenute nel conflitto mondiale, compresa l’Austria, che per la sua vastità d’operazioni e per le enormi perdite umane avute, passerà nella storia con il nome di „Grande Guerra“. Infine, la considerazione „Vittime di Guerra“ ha portato le masse popolari interventiste e belligeranti a una nuova rivalutazione e a un nuovo concetto illuminante più vicino ai sentimenti umani e ai loro affetti perduti attraverso la guerra.
Poiché l’elemento vero e autentico, che unisce le grandi masse – in ogni tempo – è il dolore e non l’apparente gloria. Oggi possiamo, con accertata sicurezza storica, definire la Prima Guerra mondiale un’enorme tragedia europea.