L’Armenia è una regione montuosa di origine vulcanica, a sud del Caucaso. Gli Armeni abitavano un vasto territorio che si estendeva oltre i confini dell’attuale Repubblica Armena e che comprendeva il lembo nord-occidentale dell’Iran, tutta la parte orientale della Turchia, le regioni occidentali dell’Azerbaijan ed una parte nel sud della Georgia. Alla fine del III secolo l’Armenia divenne il primo stato cristiano nel mondo e si trovò circondata dai paesi confinanti arabi di fede musulmana e fu fatta oggetto di varie invasioni, ed essendo il popolo armeno, di religione cristiana, era visto come un pericolo interno da combattere ed annientare. La motivazione principale del genocidio fu quindi di tipo politico.
L’espressione genocidio armeno, talvolta olocausto degli armeni o massacro degli armeni si riferisce a due eventi distinti ma legati fra loro: il primo è relativo alla campagna contro gli armeni condotta dal sultano ottomano Abdul-Hamid II negli anni 1894-1896; il secondo è collegato alla deportazione ed eliminazione di armeni negli anni 1915-1916.
Il termine “genocidio” è associato soprattutto al secondo episodio, che viene commemorato dagli armeni il 24 aprile. Nella vicenda tragica del genocidio armeno ciò che colpisce non è solo l’entità dei morti che comunque sono stati, ricordiamolo, due milioni, ma l’ostinazione con la quale la Turchia ancora oggi, non vuole sentirne parlare, non vuole riconoscerlo. Ancora oggi in Turchia parlare del genocidio degli Armeni è considerato un reato, un attentato all’unità nazionale. Molti intellettuali e letterati, per averlo fatto hanno dovuto subire processi, sono stati condannati, alcuni sono stati costretti l’esilio.
Lo stesso Pahmuk, premio nobel per la letteratura, ha avuto problemi per questo motivo. Sarà molto importante su questo tema l’atteggiamento che terrà la comunità internazionale, in modo particolare dopo l’intervento del Papa. In Francia, già oggi, negare il genocidio degli Armeni è considerato un reato.

Obama riconosce la tragedia Qualche settimana fa il presidente degli Stati Uniti Barack Obama «ha riconosciuto come un fatto storico che 1,5 mln di armeni fu massacrato negli ultimi giorni dell’impero ottomano e che un pieno, franco e giusto riconoscimento dei fatti è nell’interesse di tutti», incorrendo pertanto nell’ira della diplomazia turca, ma è un atteggiamento sul quale insistere; anche perché c’è in ballo una partita politica molto importante: l’ingresso della Turchia nella comunità europea. Ricordiamo che l’Unione europea, si è fatta anche elaborando i totalitarismi del passato. Ogni paese europeo, a partire dalla Germania si è assunto le responsabilità che aveva avuto in vicende tragiche come lo sterminio degli ebrei.
I paesi ex comunisti che sono entrati in Europa a loro volta hanno dovuto fare i conti con le vicende del totalitarismo sovietico, assumendosi ognuno la propria responsabilità. Se l’Europa intende accettare la Turchia deve costringere quest’ultima a farsi un esame di coscienza e ad assumersi di fronte alla comunità internazionale, le sue responsabilità.

Un po’ di storia

Quando è iniziata la “grande purga” di staliniana memoria, nel periodo storico dell’Impero Ottomano lo stesso aveva condotto (o almeno tollerato) attacchi simili contro altre etnie (come gli assiri e i greci), e per questo alcuni studiosi credono che ci fosse un progetto di sterminio. Sul piano internazionale, ventuno Stati hanno ufficialmente riconosciuto come genocidio gli eventi descritti. Nel 1890 nell’Impero ottomano si contavano circa 2 milioni di armeni, in maggioranza appartenenti alla Chiesa apostolica armena. Gli armeni erano sostenuti dalla Russia nella loro lotta per l’indipendenza, poiché la Russia aspirava a indebolire l’Impero ottomano per annetterne dei territori ed eventualmente appropriarsi di Costantinopoli. Per reprimere il movimento autonomista armeno, il governo ottomano incoraggiò fra i curdi, che popolavano anch’essi il territorio dell’Armenia storica, sentimenti di odio anti-armeno. L’oppressione che dovettero subire dai curdi e l’aumento dell’imposizione fiscale imposto dal governo turco, esasperò gli armeni fino alla rivolta, alla quale l’esercito ottomano, affiancato da milizie irregolari curde, rispose assassinando migliaia di armeni e bruciandone i villaggi (1894). Due anni dopo, probabilmente per ottenere visibilità internazionale, alcuni rivoluzionari armeni occuparono la banca ottomana a Istanbul. La reazione fu un pogrom anti-armeno da parte di turchi ottomani in cui persero la vita 50.000 armeni. Nel periodo precedente la prima guerra mondiale, nell’impero ottomano si era affermato il governo dei «Giovani Turchi». Essi avevano paura che gli armeni potessero allearsi con i russi, di cui erano nemici. Il 1909 registrò uno sterminio di almeno 30.000 persone nella regione della Cilicia.

Nel 1915 alcuni battaglioni armeni dell’esercito russo cominciarono a reclutare fra le loro fila armeni che prima avevano militato nell’esercito ottomano. Intanto, l’esercito francese finanziava e armava a sua volta gli armeni, incitandoli alla rivolta contro il nascente potere repubblicano. Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915 vennero eseguiti i primi arresti tra l’élite armena di Costantinopoli. In un solo mese, più di mille intellettuali armeni, tra cui giornalisti, scrittori, poeti e perfino delegati al parlamento furono deportati verso l’interno dell’Anatolia e massacrati lungo la strada. Friedrich Bronsart von Schellendorf, il Maggiore Generale dell’Impero Ottomano, viene dipinto come “l’iniziatore del regime delle deportazioni armene”. Arresti e deportazioni furono compiuti in massima parte dai «Giovani Turchi ». Nelle marce della morte, che coinvolsero 1.200.000 persone, centinaia di migliaia morirono per fame, malattia o sfinimento. Queste marce furono organizzate con la supervisione di ufficiali dell’esercito tedesco in collegamento con l’esercito turco, secondo le alleanze ancora valide tra Germania e Impero Ottomano (e oggi con la Turchia) e si possono considerare come “prova generale” ante litteram delle più note marce della morte perpetrate dai nazisti ai danni dei deportati nei propri lager durante la seconda guerra mondiale. Altre centinaia di migliaia furono massacrate dalla milizia curda e dall’esercito turco. Le fotografie di Armin T. Wegner sono la testimonianza di quei fatti.

Malgrado le controversie storico- politiche, un ampio ventaglio di analisti concorda nel qualificare questo accadimento come il primo genocidio moderno, e soprattutto molte fonti occidentali enfatizzano la “scientifica” programmazione delle esecuzioni. Secondo lo studioso tedesco Michael Hesemann, si dovrebbe più compiutamente parlare di genocidio cristiano, cosi scrive nel suo libro Völkermord an den Armeniern (Herbig Verlag), pubblicato nel 2012. La maggior parte degli storici tende a considerare le motivazioni addotte dai Giovani Turchi come propaganda, e a sottolinearne il progetto politico mirante alla creazione in Anatolia di uno stato turco etnicamente omogeneo.

Tensione tra Europa e Turchia

Il governo turco rifiuta di riconoscere il genocidio ai danni degli armeni ed è questa una delle cause di tensione tra Unione Europea e Turchia e anche con la Santa Sede e, purtroppo, già da tempo la magistratura turca punisce con l’arresto e la reclusione fino a tre anni il nominare in pubblico l’esistenza del genocidio degli armeni in quanto gesto anti-patriottico. Lo storico turco Taner Akçam, fu il primo a parlare apertamente di genocidio, e venne arrestato nel 1976 e condannato a dieci anni di reclusione per i suoi scritti; l’anno successivo riuscì a fuggire e a rifugiarsi in Germania. Il 12 aprile 2015 papa Francesco riferendosi agli avvenimenti accaduti ha parlato esplicitamente di genocidio, citando una dichiarazione del 2001 di papa Giovanni Paolo II e del patriarca armeno, in occasione della messa di commemorazione del centenario in San Pietro, dichiarando che quello armeno «generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo». La dichiarazione ha suscitato una forte reazione del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan che il 14 aprile 2015 ha ammonito Papa Francesco affermando che «quando i politici e i religiosi si fanno carico del lavoro degli storici non dicono delle verità, ma delle stupidaggini». Ecco allora che si cade ancora in quella fastidiosa per non dire orribile forma di negazionismo.

Il negazionismo è un atteggiamento storico culturale, che fa uso di una serie di strumenti dialettici per negare l’evidenza dei fatti. Le motivazioni per assumere un atteggiamento negazionista possono essere disparate, tuttavia nel caso del genocidio armeno gli interessi politici concreti prevalgono su quelli culturali, avendosi una utilizzazione del metodo negazionista in funzione di non fare concessioni politiche, necessarie in caso di ammissione del fatto. In realtà furono utilizzati vari espedienti per mantenere il silenzio, dalla minimizzazione del numero degli uccisi, dalla presentazione delle circostanze come necessità di difesa, dalla scissione dei massacri in singole azioni di dimensione inferiore al complesso. In ogni caso, che sia genocidio, che sia pulizia etnica sempre omicidi di massa sono, e non si può solo per vili interessi di parte sterminare delle popolazioni, tutti siamo figli di Dio e come tali dobbiamo avere rispetto del nostro prossimo, sennò è inutile lavarsi la bocca di belle parole, ma poi agire diversamente, è inutile dire di professare una religione e credere in un Dio Altissimo quando poi uccidiamo il nostro fratello, questo vale per la Turchia, come per i Nazisti, Fascisti e Comunisti del passato, questo vale per i cosiddetti membri dell’Isis e di altre realtà che altro non sono che brutali assassini senza una coscienza e senza pentimento: purtroppo!