Infatti la tragedia di Marcinelle è diventata nel tempo un simbolo importante non solo della storia dell’emigrazione italiana, è stata la sciagura più grave dopo quella avvenuta in un’altra miniera, quella di Monongah, in West Virginia, ma anche del processo di integrazione europea. Nel 1967, Boiz du Cazier venne chiusa definitivamente, perché l’estrazione del carbone non era più remunerativa. Nel secondo dopoguerra furono 140.000 gli italiani che, insieme a migliaia di donne e bambini, partirono per il Belgio. Un flusso di cui fecero parte anche i genitori dell’attuale primo ministro belga, Elio Di Rupo, partiti nel ’47 da Valentino, in Abruzzo, allo volta dei pozzi minerari valloni. Le vittime della sciagura erano di 12 nazionalità tra cui 136 italiani provenienti da 13 regioni. Ma soprattutto dall’Abruzzo (40 da Manoppello, in provincia di Pescara) e dal Molise.
Ed in ricordo dei morti di questa tragedia, spesso dimenticata dagli stessi italiani, in questo luogo si svolgerà una cerimonia per ricordare le vittime dell’incidente minerario. Il programma prevede alle ore 8,10 il rintocco della campana dei caduti, ‘Maria Mater Orphanorum’, seguiti dalla celebrazione eucaristica. Alle 9.45 la deposizione delle corone di fiori ai piedi del monumento internazionale dedicato alle vittime del lavoro, mentre alle ore 10.30 il programma prevede l’omaggio al monumento intitolato ai minatori e al sacrificio dei minatori italiani presso il Cimitero di Marcinelle. Alle ore 11.30 presso il Bois du Cazier è previsto un altro omaggio da parte delle associazioni dei minatori alle vittime. Alla cerimonia parteciperanno alcuni rappresentanti di associazioni. Per le Missioni Cattoliche Italiane il delegato nazionale mons. GianBattista Bettoni ed alcuni missionari impegnati nella pastorale per gli italiani residenti in Belgio. Mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, ha commentato positivamente la notizia che la miniera di Marcinelle è stata dichiarata patrimonio dell’umanità: “Il riconoscimento dell’Unesco segnala un luogo storico dell’emigrazione italiana e come la cultura è anche il frutto del lavoro e delle fatiche umane,che hanno segnato profondamente la storia della mobilitä umana. Marcinelle è un luogo culturale che educa alla sicurezza sul lavoro, ma anche a come il lavoro sia un diritto fondamentale”.
Tra i Paesi industrializzati, l’Italia è quello che storicamente ha dato un maggiore apporto ai flussi internazionali con quasi 30.000.000 di espatriati dall’Unità d’Italia ad oggi, dei quali 14.000.000 nel periodo 1876-1915. Anche il decollo economico del 1896-1908, durante il quale il Pil conobbe una crescita annua del 6,7%, si mostrò insufficiente ad assorbire i contadini espulsi dalle campagne. Nel 1913 emigrarono poco meno di 900.000 italiani: si andava oltreoceano in nave e in Europa ci si spostava in treno e anche a piedi. La Sicilia, da dove nel 1876 partivano poco più di 1.000 persone, arrivò a superare le 100 mila partenze all’inizio del ‘900 ed è, attualmente, la prima regione per numero di emigrati all’estero. Nel 1861 gli italiani all’estero erano 230.000 su una popolazione di 22.182.000 residenti (incidenza dell’1%). Solo agli inizi degli anni ’70 la tendenza del fenomeno si inverte: per la prima volta nel 1973 si registra un saldo migratorio negativo con l’estero. Quindi al 1° gennaio 2012 i cittadini italiani iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) sono 4.208.977 (per il 47,9% donne) e incidono sulla popolazione residente in Italia nella misura del 6,9%. Gli oriundi, invece, sono stimati oltre i 60.000.000.
Oggi, sono numerosi i giovani che lasciano alle loro spalle una situazione di precarietà e si recano all’estero (talvolta con ripetuti spostamenti e senza un progetto definitivo), facendo perno per lo più sulle reti familiari; spesso all’inizio non hanno una buona conoscenza della lingua del posto, ma quasi sempre sono provvisti di un’adeguata qualificazione per inserirsi nel mondo produttivo e della ricerca. Le mete preferite sono la Germania, il Regno Unito e la Svizzera, ma non manca chi si dirige in paesi più lontani. Secondo recenti sondaggi (Eurispes 2012) quasi il 60% degli italiani tra i 18 e i 24 anni si dichiara disposto a intraprendere un progetto di vita all’estero. A essere più sfiduciati delle opportunità offerte in Italia sono quelli di 25-34 anni, più le donne che gli uomini, più nel Nord e nel Centro che nel Sud e nelle Isole. Tale percezione è diffusa anche tra i giovanissimi e la sfiducia aumenta quando il titolo di studio posseduto è più elevato. Per inquadrare in maniera completa il fenomeno della mobilità bisogna tenere conto, quindi, dei flussi tradizionali e dei nuovi flussi, stabili o pendolari, come anche dei lavoratori stagionali (59.000 solo verso la Svizzera) e delle migrazioni interne, anche queste ancora consistenti (109.000 si sono trasferiti dal Meridione nel Centro Nord). Dal 2001 al 2010 i cittadini emigrati italiani senza alcun titolo di studio o con la sola licenza media sono scesi da 29.343 a 24.734 unità, quelli diplomati da 13.679 a 8.535 unità, mentre quelli laureati sono cresciuti da 3.879 a 6.276 unità.
Nonostante tutto, in Italia la conoscenza del fenomeno dell’emigrazione non è mai entrata significativamente nel circuito scolastico, neppure nel primo periodo del dopoguerra quando i flussi verso l’estero erano ancora molto elevati, tanto è vero che in un libro del 1973, ‘I figli del Sud’, libro reportage del giornalista e meridionalista Giovanni Russo sulle migrazione interne e internazionali degli italiani, ci si chiedeva: “Come è possibile non affrontare nella scuola il pericolo di un atteggiamento discriminatorio, se non razzista, quando i ragazzi vedono coi loro occhi una concentrazione di fatto della manodopera meridionale in certi mestieri e in certi quartieri delle città, e nella scuola stessa l’affollarsi dei loro compagni immigrati dal Sud nelle classi differenziali?”