Intervista al Prof. Gabriele Chiogna, docente di idrologia all’Università Tecnica di Monaco

Il rapporto dell’Unesco sull’acqua pubblicato nel 2019 lo dice chiaramente: le crisi idriche e il mancato approvvigionamento sono già oggi alla base di un numero rilevante di conflitti. Ma anche nelle aree geografiche apparentemente più immuni alle emergenze, l’acqua e le modalità dei processi che la riguardano sono sempre più al centro dell’interesse della politica e della scienza per la salvaguardia di questa fondamentale risorsa. Dell’ “Oro Blu” abbiamo parlato con il prof. Gabriele Chiogna, docente alla Technische Universität München (TUM) polo accademico di eccellenza a livello europeo.

Professor Chiogna, Lei è docente di idrologia alla TUM. Può raccontarci cosa l’ha portata in Germania?
Sono arrivato in Germania nel 2005, attraverso un programma di scambio tra l’Università di Trento e quella di Tübingen. Al tempo studiavo fisica, sarei dovuto rimanere 18 mesi, invece poi decisi di restare. Sono rientrato per un breve periodo di tempo in Italia, ma le opportunità di lavoro nell’ambito della ricerca qui in Germania hanno dato delle prospettive molto migliori a me ed alla mia famiglia. Quindi ci siamo trasferiti a Monaco o meglio a Neufahrn bei Freising, comune con cui esiste un gemellaggio trentennale con il mio paese di origine, Gardolo. Ora all’università tecnica di Monaco mi occupo soprattutto di idrologia alpina.

Che cosa è l’idrologia alpina?
È lo studio del ciclo dell’acqua in ambienti montani. Riguarda i processi naturali per descrivere scioglimento di neve e ghiacci, piene, sorgenti carsiche e acque di falda ma anche l’impatto dell’uomo come per esempio la costruzione e la gestione di impianti idroelettrici.Recentemente il ghiacciaio Planpincieux sul Monte Bianco ci ha tenuti col fiato sospeso e si è temuto che una enorme massa di ghiaccio precipitasse a valle.

Lei si occupa anche di ghiacciai?
Sì, abbiamo attualmente il progetto SEHAG (Sensitivität hochalpiner Geosysteme gegenüber dem Klimawandel seit 1850 – Sensensibilità dei geosistemi delle Alpi ai cambiamenti climatici dal 1850 circa), finanziato dal DFG (Deutsche Forschungsgemeinschaft – Fondazione tedesca per la ricerca), che si occupa di riprodurre quanto accaduto nelle Alpi negli ultimi 150 anni. Uno dei casi di studio si trova in Italia, in val Martello, dove intorno al 1890 le alluvioni causate dalla rottura improvvisa degli elementi di contenimento di un lago glaciale hanno provocato ingenti danni.

A Innsbruck insegna Gestione sostenibile delle risorse. Sostenibilità è un termine assai utilizzato oggi, anche dai media, spesso in congiunzione con un’altra parola, ecologia, spesso tuttavia senza conoscerne il significato. Ci spiega che cosa significa?
È molto difficile dare una definizione univoca del termine “sostenibilità”, perché può essere riferito a diversi settori e quindi può essere soggetto a varie interpretazioni. Infatti questa materia è per sua natura interdisciplinare, anche se di base si concorda nel dire che l’uso sostenibile di una risorsa non ne compromette la trasmissione alle generazioni successive.

Quali sono i principali contaminanti nelle acque di falda, quali i più pericolosi e quali tecniche vengono utilizzate per impedirne o limitarne il trasporto e la diffusione?
I problemi legati alla contaminazione delle acque di falda sono svariati. Si passa da paesi come il Bangladesh dove il problema dell’arsenico è dirompente e molto diffuso, a situazioni dove il problema è piuttosto circoscritto anche se grave, come per esempio in Italia il caso dei siti di interesse nazionale dove abbiamo contaminazione da piombo organico, idrocarburi, composti clorurati, metalli pesanti, per fare solo alcuni esempi. Se ci spostiamo poi in zone agricole, come in alcune parti della Baviera, il problema del nitrato è molto diffuso e serio. All’interno del mio gruppo di ricerca stiamo studiando tecniche innovative per la bonifica di siti contaminati. Per il momento lavoriamo ancora in laboratorio e con modelli matematici, ma ci stiamo preparando per poterli sperimentare anche sul campo.

Oltre a coordinare alcuni progetti di ricerca in Germania, Lei si occupa anche di progetti europei molti dei quali hanno partner o casi di studio in Italia. Può fare un paragone tra Germania e Italia quanto a investimenti nella ricerca nel settore dell’idrologia?
Direi che un paragone sarebbe ingeneroso. Il sistema della ricerca in Germania è strutturalmente diverso rispetto all’Italia. Partendo dal reclutamento del personale docente fino al finanziamento dei progetti di ricerca il sistema tedesco si basa fondamentalmente su un processo di revisione tra pari (peer review), in Italia si sta lentamente cominciando a spostarsi in questa direzione, ma sarà un processo che richiederà ancora del tempo a mio avviso.

In Italia esiste un’emergenza acqua?
Localmente sì. Il cambiamento climatico e una gestione non ottimale delle risorse idriche causano dei problemi importanti anche se fortunatamente spesso circoscritti. L’Italia si ritrova con una situazione idrogeologica estremamente più complessa rispetto a tanti altri paesi. È per questo che a mio avviso la rende così interessate come area per la ricerca nel mio settore.

Il ciclo dell’acqua è legato al riscaldamento globale che produce precipitazioni sempre più improvvise, violente e dagli effetti catastrofici. Cosa dicono i modelli matematici degli scienziati?
Dicono che è giunto il momento di prepararsi in maniera molto più seria di quanto fatto finora alla gestione di eventi estremi, basti pensare a quanto accaduto a Verona pochi giorni fa. Il BMBF (Ministero federale dell’istruzione e della ricerca) ha appena chiuso un bando per la raccolta di progetti applicati ed innovativi per la gestione di eventi estremi legati a siccità e piene improvvise, dove è richiesto espressamente che la ricerca esca dalle università per dare un aiuto concreto alle agenzie preposte alla protezione del territorio.

Il consumo alimentare di acque minerali in Italia è legato all’impiego di bottiglie di plastica. Queste le ritroviamo disperse nell’ambiente, mare compreso. Cosa bisognerebbe fare per risolvere il problema?
L’utilizzo così ingente di acqua minerale in Italia rimane per me sempre un mistero. Generalmente l’acqua che possiamo bere dal rubinetto è di ottima qualità e costa molto, molto meno di quella comprata in bottiglia e naturalmente ha un impatto ambientale decisamente minore.

Oltre alla ricerca Lei si occupa di didattica. Esattamente cosa fa?
La didattica in ambito universitario è fondamentale perché ci permette di formare i professionisti di domani. È nostra diretta responsabilità non solo insegnare loro le basi del mestiere, ma anche indirizzarli verso le più nuove e più promettenti tecnologie. Dobbiamo trasferire loro i risultati delle nostre ricerche cosicché trovino applicazione nel più breve tempo possibile.

Alla TUM ci sono molti studenti italiani. Quali prospettive di impiego hanno dopo l’università e quanti di loro rientreranno in Italia?
Gli studenti italiani che ho avuto finora hanno trovato impiego molto rapidamente un po’ in tutta Europa. Il loro rientro in Italia invece è spesso reso difficoltoso dalla burocrazia necessaria per il riconoscimento del titolo e della professione. A mio avviso sono principalmente le motivazioni personali a spingerli a rientrare, mentre il mercato del lavoro non offre ancora prospettive di crescita professionale paragonabili ad altri paesi.

Le università tedesche hanno tanta burocrazia come quelle italiane, o ne sono esenti?
Un mondo senza burocrazia avrebbe un tasso di disoccupazione elevatissimo, perciò meglio sopportarla. A parte le battute, l’importante a mio avviso non è necessariamente avere poca burocrazia, ma renderla efficiente, sapere con chi si ha da parlare e cosa si ha da fare per risolvere un problema o raggiungere un obiettivo è già molto d’aiuto.

Abbiamo parlato di acqua “europea”. La situazione in Africa dove interi bacini idrografici, come il lago Ciad, stanno scomparendo è senz’altro più drammatica. A livello planetario l’acqua è destinata a diventare la risorsa più contesa nel futuro?
Il tema delle “water wars” le guerre per l’acqua è sempre molto dibattuto in maniera spesso inconcludente. Certo è che, tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, il sesto (Acqua pulita e servizi igienico-sanitari) è di importanza cruciale, come sottolineato in un recente articolo di Makarigakis e Jimenez-Cisneros, del programma idrologico internazionale dell’UNESCO.

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