Nella foto: Monumento commemorativo a Sant’Anna di Stazzema. Foto Wikipedia

I risarcimenti delle vittime di stragi naziste

L’ultimo caso risale a pochi giorni fa (novembre 2023) e riguarda gli eredi di alcune vittime della strage di Pratale, un eccidio nazista compiuto nelle campagne di San Casciano Val di Pesa il 23 luglio del 1944 da parte di militari tedeschi, cui si aggiunge un altro omicidio avvenuto nella stessa estate in località Tavarnelle Val di Pesa. Ci sono voluti quasi 80 anni, ma la giudice del Tribunale civile di Firenze, Susanna Zanda, ha emesso una sentenza di condanna qualificando tra l’altro nel testo ufficiale della sentenza questi episodi come «crimini contro l’umanità». La condanna prevede per la Germania il dovere di versare un indennizzo di 50 mila euro a favore di Mirella Lotti, figlia (oggi 88enne) di Giuliano Lotti, una delle 12 vittime della strage di Pratale. Ai due nipoti del partigiano Egidio Gimignani, vittima di torture e ucciso per rappresaglia per la morte di un soldato tedesco il 20 giugno del 1944, dovranno essere pagati a mo’ di risarcimento 25mila euro a testa.

La sentenza del Tribunale di Firenze, intervenendo su singoli episodi delle tante violenze che Werhrmacht e SS causarono nel periodo della loro occupazione, ha segnato una pagina di giustizia. A dire il vero si tratta di un risarcimento tardivo e certamente insufficiente a compensare i discendenti delle vittime per la perdita subita. Ma almeno nell’orizzonte simbolico della storia relativa ai rapporti tra Italia e Germania può essere visto come un fatto simbolico significativo, un elemento di chiarezza e di distensione. Ma lo Stato tedesco pagherà le cifre fissate dal Tribunale di Firenze? Sicuramente no, visti i precedenti e vista l’ottusità dei tedeschi di rifiutare ogni risarcimento.

Purtroppo, la storia delle stragi nazifasciste compiute in territorio italiano negli anni 1943-44 è segnata dall’impunità. Subito dopo la fine della guerra, gli angloamericani istituirono una sessantina di processi, ma i 900 fascicoli che documentavano le pratiche furono ritrovati solo nel 1994 nella cancelleria della Corte militare di Roma. Il cosiddetto «armadio della vergogna» che li custodiva è rimasto per mezzo secolo posizionato con le ante rivolte verso il muro, chiuso con una catena. Evidentemente non si volevano ostacolare i rapporti tra i due stati ripescando antiche vicende belliche. Eppure, dopo quell’incredibili e vergognoso scandalo, i processi sono ripresi e alcuni si sono anche conclusi con condanna, ma su 60 condannati all’ergastolo solo tre hanno scontato la pena.

Qual è il problema? Che la Germania non ha mai concesso l’estradizione in Italia dei criminali nazisti, i quali perciò hanno potuto continuare a vivere nei loro paesi, circondati da affetti famigliari fino a morire da cittadini liberi. E soprattutto la Germania non ha mai voluto pagare un centesimo delle somme di risarcimento richieste appellandosi a un accordo del 1962 in base al quale la Germania veniva dichiarata indenne da pretese risarcitorie da parte delle vittime. Bastò versare, allora, una somma forfettaria di 40 milioni di marchi dell’epoca, e la Germania si è garantita l’impunità perpetua.

Tuttavia, i parenti delle vittime non hanno mai accettato l’impunità tedesca. E nel 2014 la Corte Costituzionale ha dato loro ragione stabilendo che l’immunità per uno Stato non può valere per crimini di guerra e contro l’umanità. Così negli ultimi nove anni le cause civili contro la Germania si sono moltiplicate, ma sempre senza mai ottenere effetti concreti: anche se condannata a pagare, la Germania non ha mai pagato. E quando il tribunale di Roma ha provato a pignorare la sede del Goethe Institut di Roma, Berlino si è rivolta alla Corte dell’Unione Europea.

Una storia amarissima, ma c’è un ultimo capitolo che apre spiragli di luce. Nel 2022 il governo Draghi ha istituito un fondo speciale, pari a 61 milioni di euro, finanziato con i fondi del Pnrr, destinato a pagare i risarcimenti alle vittime che la Germania si rifiuta di pagare. In pratica si è deciso che sarà l’Italia a fare quello che la Germania rifiuta, ovvero risarcire i discendenti delle vittime che hanno ottenuto da un tribunale una sentenza di risarcimento per danni subiti dalle forze armate del Terzo Reich tra il primo settembre 1939 e l’8 maggio del 1945. Il fondo è stato recepito dal governo Meloni e recentemente anche confermato dalla Corte Costituzionale. Forse finalmente i parenti delle vittime avranno quel po’ di giustizia che meritano e che reclamano invano da decenni.