Ricardo Merlo, ancora Sottosegretario agli Esteri con delega per gli italiani nel mondo (almeno fino alla chiusura della redazione di questo numero di settembre) ha annunciato con toni enfatici che per la Carta d’Identità elettronica agli italiani all’estero è cominciata una “fase sperimentale’! Una notizia che, con tutta la buona volontà, non riesce a contagiare i destinatari dello stesso entusiasmo di chi l’ha diramata. Dopo anni di attesa e le quotidiane difficoltà di chi circola in Europa con un documento di viaggio e d’identità che fa storcere il naso alle autorità estere, l’annuncio di un “esperimento” non suscita certo salti di gioia. Esperimento, infatti, significa fare una prova su qualcosa con esito incerto. Ricardo Merlo: “La sperimentazione partirà a settembre in tre sedi consolari: Vienna, Atene e Nizza.

La carta verrà prodotta in Italia e mandata direttamente all’indirizzo del connazionale. Si tratta di un altro punto a favore del nostro governo quando si parla degli italiani nel mondo. Continuiamo a lavorare senza pause per migliorare la qualità della vita dei nostri connazionali, dalle Americhe all’Australia passando per l’Europa”. La prima domanda che sorge spontanea è: in cosa consiste l’esperimento? La carta d’identità elettronica contiene i dati biometrici dell’intestatario. Come per i passaporti, il richiedente deve rendere la propria impronta digitale e fornire una foto elettronicamente memorizzata. Come i passaporti, appunto. Tutti i consolati italiani nel mondo hanno già a disposizione i macchinari per il prelievo dei dati biometrici. La carta elettronica contiene anche il codice fiscale. I consolati sono da anni in grado di attribuire un codice fiscale d’ufficio a ogni cittadino, sin dalla nascita. Insomma, i consolati sono già attrezzati per il prelievo dei dati necessari alla stampa della carta elettronica. Si tratta solo di trasmettere questi dati ai singoli comuni che, come dice El Senador Ricardo Merlo, emetteranno la Carta al cittadino iscritto alla propria AIRE.

Insomma, l’amministrazione si trova evidentemente davanti ad ostacoli tecnici che vanno superati da tecnici. Possibile che la Farnesina non abbia avuto già da anni (e da anni si parla della Carta elettronica all’estero) a disposizione uno staff d’informatici in grado di organizzare la trasmissione telematica di dati dall’estero all’Italia? Merlo dice “ Si tratta di un altro punto a favore del nostro Governo”. Ma quale punto? Quello della lentezza e dell’annuncio enfatico di una “fase di sperimentazione” dopo anni di attesa e con esito incerto? “Continuiamo a lavorare senza pause per migliorare la qualità della vita dei nostri connazionali, dalle Americhe all’Australia passando per l’Europa”. Ed ecco Ricardo Merlo ricordarsi di passare per l’Europa prima di andare nella sua amata America Latina e che vuole “senza pause” migliorare la qualità della nostra vita di italiani all’estero. Insomma, siamo tutti d’accordo che la richiesta di un documento d’identità valido e moderno, profumatamente pagato dal cittadino, poco ha che vedere con il miglioramento della qualità di vita. Il rilascio della carta d’identità elettronica all’estero rientra piuttosto nella normalità della vita civile. È come dire che è migliorata la vita del cittadino perché lo Stato gli fa uscire l’acqua dal rubinetto di casa. Roba da terzo mondo!

È inevitabile che l’annuncio entusiasta che entro il 2020 (esperimento permettendo) si potrà finalmente ricevere all’estero una banale carta d’identità di ultimo tipo, suscita perplessità. Ci meraviglia che a nessuno dei responsabili, sia politici come il senatore Merlo, sia amministrativi come Vignali (Direttore Generale alla Farnesina per gli italiani all’estero) venga in animo di chiedere scusa ai cittadini per il tempo perduto e per quello ancora richiesto. Nemmeno un tentativo di giustificazione che indichi difficoltà tecniche o di altra natura oggettiva. No. Merlo pretende, invece, dagli italiani all’estero di essere contenti perché, prima o poi, ci darà la carta elettronica! Ma non ci meravigliamo. In quattro ore di dibattito al Senato per la crisi di governo nemmeno un politico ha fatto cenno ai sei milioni d’italiani all’estero. Nemmeno un politico ha ricordato che il barometro dell’economia del Paese, da tutti citato, punta la lancetta sulla nuova emigrazione! Emigrazione di massa significa recessione e condizioni di vita insostenibili. Questi parlano poi, battendosi i pugni sul petto, della barchetta con poche dozzine di migranti a bordo davanti a Lampedusa e chiudono gli occhi davanti a centinaia di migliaia d’italiani che hanno abbandonato il Paese negli ultimi 20-30 mesi.

Che facciano pure la loro fase sperimentale per la nostra carta elettronica, ma non chiedano a noi di essere entusiasti dei loro esperimenti. È una mancanza di rispetto che gli italiani all’’estero non meritano. Nel frattempo risalgono alla mente i cartelli, già arrugginiti dal tempo, sull’Autostrada del Sole negli anni ottanta davanti a interminabili cantieri, con la scritta “Stiamo lavorando per voi!”. Qualcuno con la bomboletta aggiunse: “Si! Ma quando cacchio finite?”.

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