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Cambiare sì, ma come?

Indubbiamente sì! Dopo le “figuracce” del Segretario Generale dell’ONU in visita a Mosca e Kiev, qualcosa non funziona. Non è possibile ascoltare dalla voce del rappresentante di 185 paesi del mondo che la guerra Russia-Ucraina (?) o USA-Russia (?) finirà quando lo deciderà Putin; e poi arrivato a Kiev, sarà lui ad essere bombardato. Si tratta di ridefinire il senso e le funzioni dell’Onu come quelle dell’Unione Europea, di trasmettere all’opinione pubblica il messaggio che le Nazioni Unite servono ancora, e più che mai, alla stabilità del mondo, così come l’Unione Europea in questa parte di mondo. L’ONU per servire la causa della pace nell’attuale contesto geopolitico si trova ad agire in uno spazio internazionale molto più complicato.

Non solo ci sono più Stati (ne sono nati più di trenta dopo la fine dell’impero sovietico), ma fra gli attori della scena mondiale bisogna oggi contare altri soggetti, spesso più potenti di molti Stati nazionali. Oggi abbiamo un’organizzazione privata come “Greenpeace” che contribuisce a dettare l’agenda della politica internazionale, ad esempio attaccando i test nucleari francesi. Abbiamo l’ex presidente Carter che con la sua Fondazione fa diplomazia – la “people’s diplomacy” – ed è capace di stabilire una tregua di quattro mesi in Jugoslavia, lì dove avevano fallito negoziatori dell’Onu e dell’Unione Europea. Abbiamo la Comunità di Sant’Egidio che produce l’accordo di pace in Mozambico. E l’elenco potrebbe continuare a lungo. Per non dire che l’Oms si prepara a prendere in carico tutte le situazioni sanitarie del mondo, così da poter governare al di sopra dell’ONU e degli stessi stati, verso quindi una copertura sanitaria universale. Gli attori della scena mondiale si sono moltiplicati e sono sempre eterogenei. Ma – ecco un punto spesso sottovalutato – anche l’Onu è strutturalmente eterogenea, e dunque potenzialmente ben attrezzata per far fronte a uno scenario così complesso.

In realtà l’Organizzazione delle Nazioni Unite come attore geopolitico ha due teste e quindi due ruoli: uno di istituzione intergovernativa e uno di istituzione non-intergovernativa. Una è rappresentata dal Consiglio di sicurezza e, in un certo modo, dall’Assemblea generale: è l’Onu come somma dei suoi Stati membri. L’altra testa, che nella presente realtà potrebbe diventare sempre più utile, è rappresentata dal Segretario Generale. Non intendiamo la persona, ma l’istituzione. Se l’Onu fosse solo la somma dei suoi membri non sarebbe altro che un moderno Congresso di Vienna. Solo separando le funzioni del Segretario Generale da quelle del Consiglio di Sicurezza l’Onu può essere qualcosa di più della somma dei suoi Stati membri, può evitare di ridursi a una sorta di parlamento mondiale senza potere effettivo oppure ad un Congresso di Vienna moderno dove i piccoli e i medi non contano proprio nulla. Però una strategia di questo genere richiede molto coraggio e molta immaginazione.

Distinguere e valorizzare i ruoli del Consiglio di Sicurezza e del Segretario Generale come separati e complementari è imperativo per la missione di pace dell’Onu nel nuovo contesto mondiale. In particolare, al Consiglio di Sicurezza deve essere riservato il compito di tracciare le “linee rosse” del buon comportamento internazionale e di farlo rispettare se necessario con la forza. Il Segretario Generale deve essere invece svincolato dall’uso della forza (strumento di Stato) e usare strumenti che il Consiglio di Sicurezza e gli Stati non possono o non vogliono usare per concentrarsi in una strategia di diplomazia preventiva. Lì dove la mediazione fra Stati non funziona o non esiste, può servire un’istituzione anomala come quella del Segretario Generale. Ma essere sopra le parti non significa non prendere posizione. L’imparzialità dell’Onu fa parte della guerra fredda. L’imparzialità non può essere teorica.

L’Onu non può essere imparziale vis-à-vis di chi viola la sua carta costituzionale. Al Segretario Generale spetta, proprio perché diverso dalle grandi potenze, il compito primario di definire il “nuovo nemico”, quello del dopo-guerra fredda. Il nemico dell’Onu è l’intolleranza e il Segretario Generale deriva la sua autorità proprio dalla coerenza con cui la denuncia e la combatte, anche a costo di non essere imparziale. Anzi, la parzialità del Segretario Generale è decisiva per conquistare la credibilità necessaria a combattere gli avversari della tolleranza – cioè della pace. Questa posizione di principio ha delle specifiche conseguenze geopolitiche, ed ecco perché l’Onu fondamentalmente svolge quattro funzioni. Mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Sviluppare relazioni, amichevoli, fra le nazioni. Cooperare nella risoluzione di problemi internazionali e nella difesa dei diritti umani. Armonizzarsi e accordarsi sulle diverse iniziative nazionali. Agli interrogativi più frequenti su cosa può fare l’ONU in questo momento storico, ci prova a rispondere anche l’ONU stessa, nel suo sito istituzionale. Tra i quesiti più discussi c’è sicuramente anche il seguente: è possibile revocare l’appartenenza di un Paese all’Onu? L’articolo 6 della Carta recita: Un membro delle Nazioni Unite che abbia persistentemente violato i principi contenuti nella presente Carta può essere espulso dall’Organizzazione, dall’Assemblea Generale su raccomandazione del Consiglio di Sicurezza. Questo non è mai successo nella storia delle Nazioni Unite. Ed è qui che la storia potrebbe cambiare, con la recente espulsione della Russia dal Consiglio dei diritti umani. Un disonore toccato finora solo alla Libia di Gheddafi. Inoltre, bisogna anche dire che al di là di ogni scelta “politica” ciò che gioca in questo periodo bellico sono le notizie che si susseguono, che sono quasi monotone con Zelensky sempre benedetto e il solito Putin aggressore assassino. Lo è sicuramente stato, purtroppo, ma intanto l’Europa corre verso il suicidio economico e politico con scelte che vengono solo osannate e con quasi nessuno che suggerisca altre soluzioni più negoziate.

Ci chiediamo dunque dove sia il buonsenso, la logica, la volontà di capire meglio le cose uscendo dalle ricostruzioni a senso unico. Esempi? Se la Russia minaccia il blocco del gas allora Putin è un criminale, se lo fa l’Ucraina nessuno si scandalizza, mentre a Kiev vanno e vengono capi di stato, leader politici, attori, cantanti (ma non era assediata?) in cerca di pubblicità. Solo spulciando tra le note si scoprono notizie potenzialmente sorprendenti. Per esempio, che chi esce vivo dai sotterranei dell’acciaieria di Mariupol corre in Russia e non in Ucraina e solo dopo giorni si scopre che a trattenere i civili come ostaggi non erano i russi, ma il battaglione Azov. Oppure che Zelensky si è vantato (dati di metà maggio) che gli ucraini avrebbero già ucciso oltre 26.000 russi (però… sono cifre da generale Cadorna!), distruggendo 1170 carri armati, 2808 mezzi corazzati, 519 sistemi d’artiglieria, 185 lanciarazzi multipli, 87 sistemi di difesa antiaerea. Le forze russe avrebbero perso anche 199 aerei, 158 elicotteri, 1980 autoveicoli, 12 unità navali e 380 droni… E questa sarebbe una “guerra difensiva”, quella che il nostro parlamento ha quasi unanimemente autorizzato e gli Usa e la Nato (Italia compresa) adeguatamente armato e finanziato?

Chiediamoci, cara Europa, se Zelensky racconti balle propagandistiche o dica la verità. Visto che la star ucraina non può mentire per definizione (media e “Porta a Porta” dixit!), se fossero numeri veri noi italiani ed europei siamo così stupidi da armare ulteriormente gli ucraini e poi dire che siamo per la pace? Ma ci rendiamo conto che stiamo contribuendo ad una escalation pericolosissima della guerra mentre economicamente stiamo andando in pezzi, l’euro si svaluta sul dollaro e cresce l’inflazione? Va bene che siamo indebitati fino al collo e che Mario Draghi per sopravvivere ha bisogno dei fondi europei del Pnrr (spendendoli come? Grande mistero!) e che quindi deve sostanzialmente “obbedire” ad Europa ed Usa, ma non esageriamo. Ungheria, Svolacchia, Bulgaria dicono “no” a Bruxelles sul blocco del petrolio russo, se anche l’Italia cominciasse a puntare i piedi (come sta facendo la Germania) forse si muoverebbe qualcosa verso una apertura delle trattative di pace cui anche l’Italia sta volutamente chiudendo la porta. Per esempio: se la maggioranza di ucraini filorussi in Crimea e Donbass volesse autonomia da Kiev in alcune zone orientali del paese è legittimo o antidemocratico dire loro di no?

Chi conosce la storia sa la complessità delle situazioni. Per questo bisogna trovare dei compromessi ed ha ragione Macron quando sostiene che Putin non va umiliato o non tratterà mai, perché dietro di lui il popolo russo purtroppo è compatto. Bisogna parlarsi e lavorare su garanzie reciproche, ma quando sei tu a sparare (o a pagare per farlo) come fanno l’Italia e l’Europa, come fai ad essere “super partes”?

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