Foto di ©Shima Abedinzade su Pixabay

Da settimane le donne iraniane protestano contro il regime iraniano che reagisce violentemente

Le manifestazioni di massa in Iran sono state scatenate dalla morte della 22enne curda iraniana Jîna Mahsa Amini (Emînî). È entrata in coma sotto custodia della polizia poche ore dopo essere stata arrestata dalla cosiddetta polizia morale di Teheran. È stata accusata di non aver coperto adeguatamente i capelli con il velo. Amini è morta tre giorni dopo il suo arresto. Da allora, le proteste sono diventate più grandi e più violente. La giovane generazione, in particolare, si sta ribellando al regime e sta lanciando azioni rivoluzionarie nelle strade e online. Le donne e anche gli uomini del paese per protesta si tagliano i capelli. Togliersi il velo in pubblico è diventato anche un simbolo di resistenza, perché in Iran è un reato penale.

Degli eventi in Iran ne parliamo con il giornalista iraniano Nasim Amir*, nato a Teheran e che vive in Germania da ben 32 anni.

Vuole dare un giudizio complessivo degli avvenimenti attuali in Iran?

La situazione iraniana è molto complessa e non è facile per chi non conosce la cultura e la storia del paese, almeno degli ultimi 100 anni, in specifico la storia dell’Iran dopo la rivoluzione del 1979, comprendere che cosa stia succedendo. Con la caduta del regime dello scià, già dalle prime ore e dai primi giorni della rivoluzione cominciò la repressione contro tutti quelli che in qualche modo avevano lavorato con il regime precedente, sia civili sia militari. Ci furono processi senza una difesa, senza guardare alla legge costituzionale, senza prendere atto dei diritti civili. Quei processi duravano da un tempo di cinque minuti fino a diverse ore con lo scopo di avere verdetti di pena di morte che venivano subito eseguiti, già decisi dagli ayatollah, specialmente dall’ayatollah Khomeini. Da quel momento cominciò una repressione istituzionale contro coloro che combattevano per la libertà, con una scia di sangue e di morte che tutt’ora continua. Per dare un’idea di come e quando è cominciata la repressione faccio una lista degli eventi più importanti della storia recente iraniana. Poco dopo il cosiddetto “referendum sul sistema politico”, ebbe inizio la guerra contro i curdi, turkmeni, contro gli arabi del sud. La questione del velo fu imposta dagli ayatollah, quelli che avevano preso gli ostaggi americani. La guerra contro l’invasione irachena che poi è continuata per 8 anni, scatenò la sistematica eliminazione dei prigionieri politici tra il 1981 fino al 1987 e nel 1988 quando furono uccisi migliaia di prigionieri politici (si stima tra i 20 a i 30 mila) su ordine diretto dall’ayatollah Khomeini. Lui nominò e formò una commissione di 4 persone, di cui faceva parte l’attuale presidente iraniano Raissi, che dovevano risolvere il problema dei prigionieri politici. Seguirono le proteste negli anni 1992-96, nel 1999 ci furono le proteste degli studenti ed intellettuali contro le chiusure dei giornali, poi la questione atomica cominciata nel 2003 che ancora fino ad oggi non si è risolta; nel 2009 il movimento verde contro i brogli elettorali, nel 2018 le proteste per l’aumento dei prezzi di carburante, nel 2020 le proteste dopo l’abbattimento del Volo PS752 della compagnia aerea ucraina con 176 morti. Nel 2021 in diverse città ci furono delle proteste contro la mala gestione delle risorse idriche e nel 2022 dopo la morte di Mahsa Jina Amini. La società iraniana è molto giovane più del 60 percento degli iraniani sono al di sotto dei 30 anni: è una società giovane, viva, dinamica ed attiva che non trova lo spazio per svilupparsi in modo giusto; basandosi sulla libertà, la democrazia e sui diritti umani.

Quindi la morte di Amini è stata la scintilla di un dissenso che cercava sfogo?

Sì, la morte di Mahsa Jina Amini è stata la scintilla che ha fatto esplodere le proteste e a far tremare le fondamenta e le mura della dittatura degli ayatollah. Da anni si sentono sempre le stesse cose e la gente è stanca dalle promesse di apertura, di più libertà, di più diritti dei cittadini fatte dal regime e dai loro candidati e mai mantenute. La corruzione raggiunge cifre astronomiche, si parla di diversi miliardi di dollari, mentre la gente non sa come sopravvivere giorno dopo giorno. È la gente che sta pagando per le politiche e le decisioni errate che hanno come conseguenza il mal funzionamento delle infrastrutture economiche. E dall’altra parte, le sanzioni economiche contro il regime che colpiscono prima di tutto i ceti bassi e anche tutta la società iraniana. La mala gestione delle risorse economiche ha provocato un disastro ecologico dovuto alla corruzione. La disoccupazione è ai livelli più alti degli ultimi 60 anni, l’inflazione supera il 70% rispetto a due anni fa. La mancanza della trasparenza nel settore pubblico, la censura dei mass-media anche su internet, la repressione contro qualsiasi forma di organizzazione non governativa, la repressione nei confronti degli intellettuali, scrittori, giornalisti, attori/attrici, registi, atleti, musicisti, cantanti, ONG e persino anche gli avvocati che difendono i prigionieri politici oppure i manifestanti arrestati, tutto ciò porta la gente a protestare e dire a voce alta “non vogliamo più vivere sotto la dittatura!”

Le donne iraniane sono abbastanza unite nella consapevolezza che il regime è un regime dittatoriale che ha il suo fondamento nel patriarcato?

Le donne iraniane sono le prime che sentono il peso del sistema religioso-fondamentalista che impone la sua visione basata sul patriarcato. La dittatura degli ayatollah cerca di restaurare e mantenere nell’Iran una società medioevale basata sulle leggi del corano. Il potere degli ayatollah si basa sulla repressione contro le donne, patriarcato e disuguaglianza nella società e cerca con tutta la forza di impedire la crescita e lo sviluppo delle donne. Le donne iraniane sono consapevoli, informate e ben istruite su questo e non si lasciano facilmente sottomettere per essere trattate come gente di seconda classe.

Teheran saprà mostrare elasticità, sarà in grado di trovare un modo di dialogo e di ridurre le repressioni?

Io non credo che il regime dimostrerà elasticità nei confronti dei manifestanti e delle loro richieste. Non vedo nessun segnale né la volontà di ridurre le repressioni, di accettare le richieste dei protestanti e cercare di dialogare con essi. Persino nel giorno dei funerali degli uccisi nelle proteste, le forze di sicurezza hanno rubato le bare per portarle in altri cimiteri, hanno impedito e disturbato le cerimonie, hanno attaccato i parenti e la gente che stava lì. Nelle file del governo, nelle forze di sicurezza, nella giustizia e nei discorsi dell’ayatollah Khamenei e dei suoi seguaci non c’è nessuna traccia di distensione e di dialogo. Negli ultimi 26 anni, da quando è stato eletto Khatami, il cosiddetto presidente “riformista” l’ayatollah Khamenei, gli ultraconservatori, i pasdaran e tutte le forze di sicurezza hanno fatto di tutto per impedire che la situazione cambiasse negando la possibilità alla società di aprirsi con più controlli sulle forze armate e i servizi di sicurezza, rispettare le leggi e la costituzione, i diritti del cittadino, la libertà di stampa, la libertà di esprimersi, la libertà di poter protestare e così via.

Tra le richieste dei manifestanti c’è quella della soppressione della polizia morale.

La soppressione della polizia morale è una richiesta che le donne iraniane chiedono ormai da anni. Basta guardare i video sugli arresti effettuati della polizia morale per vedere i metodi aggressivi, brutali e disumani che usa questa polizia. Davanti a questi poliziotti le donne non hanno nessun diritto, la legge e i diritti civili vengono sistematicamente ignorati, e da quando sono iniziate le proteste non si vede più la polizia morale nelle città iraniane.

Qual è l’opinione più diffusa tra le iraniane in Germania sulla questione del velo?

Innanzitutto non mi permetto di parlare in nome delle donne iraniane in Germania, l’unica cosa che posso dire è che ho molti contatti con le donne iraniane ad Amburgo e in Germania. La mia impressione da quello che leggo e che sento, è che la grande maggioranza delle donne iraniane non vuole portare più il velo e sono contro le leggi che lo impongono. Il velo fa parte della libertà delle religioni, è una cosa privata dove nessuna donna deve essere costretta a metterlo, chi ci crede ha la libertà di scelta! La maggior parte delle donne, ma anche degli uomini iraniani, crede nella libertà, nella democrazia e nella separazione tra Stato e religione, e questo è la cosa più importante di tutto ciò che accade in Iran e anche all’estero.

In che modo possiamo sostenere il movimento delle donne nei paesi islamici?

È una bella domanda che viene posta già da qualche settimana sui social e mass-media iraniani. Il primo segnale è arrivato dai paesi confinanti dell’Iran, per primo sono state le donne curde ed afgane a dimostrare solidarietà con le donne iraniane. A dire la verità trovo la manifestazione delle donne afgane a Kabul fantastica. È coraggioso in un paese dittatoriale dove i talebani non lasciano nessun spazio di protesta civile, andare per strada e protestare contro il regime dell’Iran così come anche contro il proprio in Afghanistan, rischiando di essere arrestate o pagare con la vita. È un atto coraggioso che nessuno se l’aspettava. Le donne afgane si trovano in una situazione ancora più difficile delle donne iraniane, nonostante ciò, hanno manifestato! Mi dispiace tantissimo che la società civile dell’Occidente, specialmente quei paesi della Nato che erano presenti, hanno abbandonato la società civile in Afghanistan a combattere da soli contro i talebani. Gli afgani non perdoneranno e non dimenticheranno mai di essere stati lasciati soli! Ritornando alla domanda posta, per sostenere il movimento delle donne iraniane servono innanzitutto atti di solidarietà; tagliarsi i cappelli è un atto di solidarietà, ma non basta più. Abbiamo bisogno di divulgare le notizie ed informazioni delle manifestazioni in Iran, proteste davanti alle rappresentanze diplomatiche iraniane. Espellere gli ambasciatori dell’Iran, sanzionare tutte le persone che fanno parte del regime, sospendere tutte le attività economiche e politiche con l’Iran. Appoggiare una risoluzione per condannare il regime al parlamento europeo e alle nazioni unite, invitare i rappresentati dell’opposizione, associazione delle donne e diritti umani nei parlamenti dei paesi europei per parlare e discutere insieme e trovare le modalità come aiutare il movimento delle donne e le proteste in Iran.

*Nome cambiato dalla redazione

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