ITALIA – L’autonomia differenziata si fa, a insaputa dei cittadini – Parte seconda

Che cos’è l’autonomia differenziata e che cosa significherà per il futuro dell’Italia e dei suoi cittadini? Proseguiamo con questa seconda parte il tema affrontato nel numero di febbraio 2022 (anche online su www.corritalia.de) andando a vedere in particolare quali sono state le tappe che hanno gettato le basi per realizzare le autonomie regionali differenziate. Innanzitutto la riforma del titolo V della Costituzione (2001) ha di fatto aperto la strada per l’autonomia differenziata delle regioni italiane, offrendo il quadro giuridico. In seguito ci sono stati i referendum consultivi di Veneto e Lombardia del 2017. Infine i governi che si sono succeduti dal 2018 a oggi, coalizioni molto diverse fra loro, hanno portato e stanno portando avanti l’autonomia differenziata, in maniera poco trasparente.

Il rischio è andare verso un Paese che non garantisca più l’uguaglianza di tutti i suoi cittadini. Il Comitato nazionale NoAd per il ritiro di ogni autonomia differenziata, per l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti lancia l’allarme ed è impegnato in una campagna di informazione dei cittadini (blog: per il ritiro di qualunque autonomia differenziata). Lo scorso 18 dicembre si è svolta a Roma una giornata di mobilitazione per l’unità della Repubblica e contro ogni autonomia differenziata (vedi foto).

Riprendiamo l’intervista con Marina Boscaino, portavoce del Comitato nazionale NoAd. Che cosa ha portato la riforma del titolo V? E perché è stato un autogoal della sinistra?

L’articolazione politica post Partito Comunista (DS) era allora atterrita dall’idea che la Lega stesse cavalcando delle idee secessioniste e pensò di mettere mano a questo titolo della Costituzione, il quinto, quello deputato a determinare i principi che regolano gli enti locali, le regioni, le province, le città, i comuni, le città metropolitane. Quella riforma fu scritta in quattro e quattr’otto e il grande costituzionalista Gianni Ferrara la definì un capolavoro di insipienza giuridica e costituzionale.

C’è inoltre una enorme differenza di stile, di comprensibilità ed efficacia del lessico rispetto alla Costituzione del ’48. Allora la Costituzione venne sottoposta a una revisione linguistica che la rende limpida dal punto di vista della comprensibilità. L’articolo secondo per esempio, quello sulla scuola, inizia così: “La scuola è uguale per tutti”, è una pronuncia meravigliosa e meravigliosamente semplice che fa capire che la scuola italiana è inclusiva.

Allora la riforma del Titolo V della Costituzione ha offerto il quadro giuridico di fondo. Nel 2017 ci sono stati poi i referendum consultivi di Veneto e Lombardia. Di che cosa si è trattato?

Hanno bandito un referendum consultivo che recitava così: “Vuoi che alla Regione Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”. Una domanda del genere, fuori contesto, è come chiedere “vuoi più libertà?”. Certo che voglio più libertà, la risposta è ovvia. Chiedere quindi più autonomia, senza contesto, senza limiti, fa leva sulla pancia delle persone e difatti in Veneto il referendum è stato un vero e proprio plebiscito. Mentre in Lombardia non c’è stato questo stesso successo.

Il testo del quesito lombardo è più articolato e sottolinea l’unità nazionale: “Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale (…)”. Che cosa successo poi? Nel marzo 2018 ci furono le elezioni politiche.

Nel febbraio 2018, poco prima del voto, quando le Camere erano già sciolte da tre mesi e il governo non doveva occuparsi di altro se non del disbrigo degli affari correnti, come dice la Costituzione, il governo Gentiloni stipulò con tre regioni, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna delle preintese, cioè l’inizio del processo di autonomia differenziata. Queste preintese erano già diverse fra loro perché il Veneto chiese tutte e 23 le materie, la Lombardia 20 e 16.

Dove si possono leggere queste preintese che riguardano milioni di italiani e il futuro dell’Italia?

Questi testi non sono mai stati pubblicati, fino a quando lo ha fatto il Roars mesi fa. (www.Roars.it, Return on Academic Research and School, il sito di informazione sui temi delle politiche di ricerca universitaria in Italia, n.d.r.). Noi cittadini siamo venuti a sapere che cosa chiedevano queste regioni non per un atto dovuto di informazione e ad oggi la procedura non è mai stata di dominio pubblico. Non sappiamo per esempio che cosa succederà nell’immediato futuro però sappiamo che il governo Draghi questa volta, ripercorrendo quello che precedentemente avevano già fatto, il governo giallo verde e il governo giallo rosa, ha collegato alla legge di bilancio un dispositivo che praticamente dà il via all’autonomia differenziata, cioè la richiesta di intese definitive tra le regioni dello Stato. Ma il testo non esiste sappiamo solamente che è stato collegato un titolo. Ora quindi tutto questo oltre che del paradossale e del grottesco, ha sicuramente dell’anti democratico e quindi credo che tutti noi italiani ci dovremmo molto preoccupare. Il ministro Gelmini e il pres. della regione Veneto Zaia affermano che la legge sarà in Parlamento in marzo; ma il testo è top secret…

E voi del Comitato nazionale NoAD siete molto preoccupati e fate campagne di informazione per i cittadini italiani. Chi fa parte di questo comitato nazionale?

Il nome completo è comitato per il ritiro di ogni autonomia differenziata, l’unità, la Repubblica, l’uguaglianza dei diritti. È un titolo molto lungo, però significativo, perché il suo primo elemento che balza all’occhio è che, se dovesse passare l’autonomia differenziata, l’unità della Repubblica, ovvero, la garanzia di diritti uguali per tutti i cittadini, indipendentemente da dove uno sia nato e ovunque risieda, verrebbe definitivamente annullata aumentando le diseguaglianze che nel nostro Paese sono già enormi.

Il comitato si è costituito nel 2019 in maniera definitiva, mentre nel 2018 eravamo solo un tavolo scuola. Questo perché le notizie trapelavano in maniera latente, in maniera nascosta e quindi inizialmente avevamo inteso che fosse un problema esclusivamente dell’istruzione. Del Comitato NoAd fa parte una platea di 110 soggetti, diciamo dell’Italia democratica, dell’Italia che crede alla Costituzione, dai partiti ai sindacati, ma soprattutto al mondo delle associazioni e dei coordinamenti. Svolgiamo un lavoro di mobilitazione, ma soprattutto di alfabetizzazione su questo tema che viene occultato dai giornali.

Se l’autonomia differenziata sposta l’assetto repubblicano da unitario a federale, verrebbero contemplati i principi di sussidiarietà e di solidarietà, come in Germania?

Il problema è un po’ complesso e la risposta è no. Spiego perché. Nella nostra Costituzione i nostri primi 12 articoli sono intoccabili, inamovibili, sono proprio il pilastro dei principi che poi danno vita a tutto il resto del corpo della Costituzione, infatti si chiamano principi fondamentali. C’è l’articolo tre sulla uguaglianza: tutti i cittadini sono uguali alla legge e che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Ora le regioni che chiedono l’autonomia differenziata, richiedono anche il trattenimento del proprio gettito fiscale contravvenendo al principio di sussidiarietà che è stabilito dalla Costituzione proprio per sanare le sperequazioni enormi che ci sono nel nostro territorio. Recentemente Zaia ha proposto di destinare al Sud l’eventuale extra gettito che dovesse risultare dalla concretizzazione dell’Ad dimenticando che la Costituzione prevede all’art. 2 la solidarietà economica. Rimane la questione dei Lep, i livelli essenziali di prestazione.

…Continua nel mese di aprile.

Lascia una risposta

Please enter your comment!
Please enter your name here