Nella foto: Guerra e pace. Foto di ©Gerd Altmann su Pixabay

Gaza: la prima vittima del conflitto è la Pace intesa come obiettivo di strategia politica

Pasquale Marino: “In guerra ci saranno anche i buoni e i cattivi, ma le cattiverie le fanno tutti”.

Mentre la guerra in Ucraina occupa ormai solo pochi minuti dei nostri telegiornali, come una malattia cronica alla quale ci si abitua, ecco le immagini del nuovo conflitto.

Bombe su Israele e poi ragazzi che ballano e che si trovano davanti, all’improvviso, altri ragazzi che li uccidono senza pietà.

Israeliani che dormono in casa, sono assaliti con odio selvaggio.

Nessuna distinzione tra donne, vecchi e bambini. Ebreo? Allora muori!

Chi sopravvive è caricato su mezzi di trasporto come un animale da macello. Destinazione Gaza, per eventuale utilizzo come merce di scambio.

Merce di scambio. Esseri umani ancora una volta deportati e ora degradati a merce di scambio.

E tutti noi a guardare, paralizzati dalle prime terribili immagini.

Superata la prima scossa con l’orrore dei corpi di bambini accoltellati, sparati, fatti a pezzi da bombe a mano, il primo istinto è stato quello di schierarsi al fianco delle vittime.

Non era però ancora chiaro verso chi indirizzare il proprio odio, la propria antipatia, il proprio sdegno.

Israele da una parte è chiaro e dall’altra parte? Hamas? Al Fatah? Ezbollah? I palestinesi in generale o addirittura tutti i musulmani in blocco totale? Insomma, tutti a chiedersi: dov’è il nemico, come si chiama, dove abita, dove è possibile colpirlo? Salta fuori un primo nome: Hamas. I senza onore che hanno ucciso gente disarmata, sono uomini di Hamas.

Ragazzi di vent’anni, che hanno ucciso altri ragazzini di vent’anni che ballavano all’aperto.

Solo nella seconda parte del dramma, qualche ora dopo, sono entrati in ballo i potenti.

Capi di governo, ministri della difesa, generali. La prima reazione: ci vendicheremo! Ogni uomo di Hamas, è un uomo morto! Questa la prima dichiarazione del Capo del Governo israeliano.

Sono partiti i bombardieri, i missili, e ogni metro quadrato di spazio, dove si presumeva quel nemico, nel frattempo, mescolato tra la folla, è stato ridotto in macerie. A Gaza, i palazzi crollano, sangue e morte, migliaia di vittime.

Altre immagini ci arrivano in salotto prima della cena. Altri bambini assassinati, in questo caso soffocati sotto le macerie di edifici colpiti dai bombardieri israeliani. Questa volta sono bambini palestinesi.

I sopravvissuti sono in fuga, senza acqua, senza luce.

Ora la questione si fa difficile. Dove sono i buoni, dove sono i cattivi? Pietà per i morti innocenti da una parte, pietà per i morti innocenti dall’altra parte.

Il primo istinto è stato quello di uscire di casa, andare per strada e gridare Evviva Israele!! Poi tutti in strada a gridare “Evviva i palestinesi!”. Qualcuno ha gridato “Evviva Hamas!”, (e la polizia lo ha arrestato). Ma un grido è mancato e manca dolorosamente, ed è l’unico che, invece, avrebbe ora più che mai ragione di essere gridato a squarciagola: “Evviva la Pace!”.

La Pace sì, quella con la P maiuscola, quella intesa come filosofia di vita, come “Weltanschaung”, come base e guida e obiettivo di un’azione politica.

La Pace voluta con lucidità strategica, perseguita con forza, difesa senza compromessi, senza piagnistei e inutile pathos.

La Pace messa al vertice dei valori umani, come il benessere materiale, la salvaguardia dell’ambiente, come fondamento della società civile.

La Pace, che in ogni programma di partito dovrebbe stare al primo posto, prima ancora della promessa di abbassare le tasse per tutti.

Pensieri di poveri sognatori? Mica tanto.

Poco prima dell’attacco terroristico di Hamas, la società civile progressista israeliana era già per le strade in una protesta di massa contro il governo Netaniahu privo di prospettive di pace per la soluzione del conflitto israelo-palestinese. Un Governo cioè che aveva già cancellato il concetto di “Pace” dal proprio programma di azione.

Da parte palestinese, nel frattempo, si è consolidato il partito di Hamas, che a sua volta ha scritto sulla sua bandiera la fine di Israele.

Un nemico della pace vicino di casa di un nemico della pace. Cosa ne poteva venire fuori se non un bagno di sangue.

E dalle parti nostre? La Pace emarginata nel frattempo a concetto per signore anziane che recitano il rosario mezze addormentate?

No! La Pace può essere un progetto politico. Lo dimostra la storia.

Nel 1946 il movimento pacifista di Gandhi porta alla liberazione dell’India dal colonialismo inglese dopo decenni di lotta e senza mai sparare un colpo sul nemico.

Stati Uniti, 15 ottobre 1969. Maree di persone scendono in piazza per protestare contro la guerra in Vietnam. Le consueguenze? Una svolta alla società americana con l’inizio di un nuovo movimento pacifista mondiale.

Germania, anni settanta, dalla “Friedensbewegung” nasce il partito dei “Verdi” (colpito poi da una preoccupante amnesia sulle proprie origini), oggi al Governo tedesco con la SPD e FDP.

Berlino Ovest, fine anni ottanta. La stessa “Friedensbewegung” diventa il motore della “pacifica” insurrezione popolare contro il regime della Germania comunista.

Roma. Silvio Berlusconi porta in politica un suo concetto ”non interventista” e indebolisce così la sua posizione all’interno dell’UE con una posizione pacifista nei conflitti internazionali contro la Libia e ultimamente contro l’armamento dell’Ucraina.

Politica quotidiana è anche l’appello alla nostra Costituzione di Giuseppe Conte del “Movimento 5 Stelle”, il quale definisce la sua opposizione anche con una tesi “pacifista” contro l’intromissione attiva e armata in conflitti internazionali. La Pace è e può essere pertanto obiettivo politico. Una strategia come le altre. La guerra, nel frattempo, resta un’illusione. Solo una sanguinosa illusione.

Mentre da un lato, la Pace non è solo il contrario della guerra, la guerra resta l’unica situazione che mette l’uomo nel giusto, quanto l’uomo nel torto, sul piano di una bestia, senza offesa per le bestie.

La Pace tenta di superare la contrapposizione tra torto e ragione poiché la prima a morire in guerra è proprio la ragione e subito dopo tutto il senso di umanità.

Lo ha dichiarato Gesù di Nazareth: ”Vi lascio la Pace, vi do la mia Pace”. Che significa? Significa che la Pace è intesa come bene da lasciare in eredità, un bene prezioso. Non fare all’altro ciò che non vorresti venisse fatto a te. Per dirla con le parole di John Lennon: ”Give peace a chance”.

E mentre cerchiamo di capire questo ennesimo conflitto, questa ennesima guerra con tutte le ragioni e i torti, dovrebbe essere chiaro a tutti che il frutto colto da una guerra vinta è sempre un frutto amaro.

Quello che sconfisse Napoleone una volta e per tutte, il Duca di Wellington, affermò amareggiato che “Nulla, tranne una battaglia perduta, può essere così malinconico come una battaglia vinta”.

Qualcuno è veramente convinto che una vittoria israeliana serva a qualcosa? Appena ripreso il fiato, si spareranno addosso tranquillamente per i prossimi cinquant’anni. Se nessuno, seriamente, è disposto a rinunce e sacrifici per la Pace, tutto questo sangue sarà ancora una volta sangue innocente. Innocente e inutile.