Ma un Consolato italiano che cos’è, a cosa serve e che ci sta a fare?

È stato Tommaso Conte, Coordinatore dell’Intercomites Germania, a formulare il problema dell’assenza dei Consolati, proponendo all’Ambasciatore d’Italia a Berlino Luigi Mattiolo una comune riflessione sugli obiettivi, sulle priorità e, di conseguenza, sull’organizzazione dei consolati italiani in Germania.

A maggio dello scorso anno, l’Intercomites riassumeva gli umori, le insoddisfazioni e le infinite discussioni sui servizi consolari, asserendo che è inutile discutere “se prima non ci mettiamo d’accordo su quello che un Consolato è e, soprattutto, su quello che dovrebbe essere”.

L’Intercomites si poneva la questione con numeri alla mano e con giustificata preoccupazione: “Nel 2010 la rete consolare contava 255 impiegati su una popolazione di 652.127 persone; avevamo cioè per ogni impiegato 2.557 connazionali. Alla fine del 2018 avevamo 186 impiegati su una popolazione di 800.689 persone, cioè un impiegato per 4.338 connazionali”.

Tommaso Conte affermava altresì: “Si è evidenziata la grossa differenza di visione globale che abbiamo Noi di come debba essere un “Consolato” rispetto a quella che ne ha l’Amministrazione”. Il “Tavolo di Lavoro” istituito tra Intercomites e Ambasciata era dichiarato sciolto nella primavera dello scorso anno, proprio al momento in cui Conte e compagni affermavano che i consolati devono essere intesi come uffici amministrativi dedicati con tutte le risorse all’erogazione dei servizi alla gente, mentre i dirigenti continuerebbero a concepirli come “Rappresentanze diplomatiche” vecchio stampo. Conte si chiedeva e chiedeva alla nostra Ambasciata, che svolge peraltro il compito di coordinamento dei servizi consolari,: “Diplomazia nel cuore dell’Europa? Consolati che si occupano di cultura e commercio?”. Secondo l’Intercomites, Cultura e Commercio sarebbero satelliti che ruotano su orbite proprie e lontane dai consolati. Cultura e Commercio assorbirebbero, però, in misura inaccettabile, energie sottratte ai bisogni dei connazionali per soddisfare in realtà il desiderio di visibilità di diplomatici rampanti. Conte: “Altrettanto dicasi per gli Uffici Culturali dei consolati o per gli stessi Istituti di Cultura, che con gran fatica fanno i loro programmi, in genere limitandosi a dare il patrocinio ad altri organizzatori, anche perché non hanno i fondi sufficienti per poter da soli concepire e realizzare attività culturali. Noi, rappresentanti della collettività, chiediamo -vista anche la cronica mancanza di personale- di dedicare tutte le forze possibili ai servizi amministrativi. Tutti i dipendenti dell’Amministrazione, che in Germania sono addetti agli uffici culturali o agli stessi Istituti di Cultura (salvaguardando per motivi di prestigio quello di Berlino poiché c’è anche l’Ambasciata), dovrebbero concentrare le loro forze per rispondere alle richieste di servizi consolari”.

Alle preoccupazioni dell’Intercomites Germania si aggiungono quelle del Sindacato. In una nota stampa diramata il mese scorso, si apprende che la Confsal/Unsa, in merito alla legge di Stabilità 2020, ritiene che: ”L’unica cosa stabile è la disattenzione verso i lavoratori sulla Rete Estera”. Il Sindacato al MAECI: ”La Confsal/Unsa Comparto Esteri apprende con delusione e profondo rammarico che la Legge di Stabilità 2020 non prevede fondi destinati agli adeguamenti salariali e al miglioramento delle condizioni di lavoro del personale di ruolo e a contratto in servizio all’estero sulla rete consolare. La parola d’ordine è “Cultura”, Cultura a fior di quattrini a conferma che eravamo, siamo e forse resteremo per sempre il Paese delle “belle figure”. Sarebbe bello però fare bella figura anche sul fronte dell’erogazione dei servizi consolari a favore di una comunità italiana che all’estero cresce quotidianamente. La diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero è sacrosanta eppure qualcuno se ne dovrà pur prendere cura in condizioni di lavoro e livelli salariali dignitosi al servizio di un Paese che della cultura, e quindi della civiltà, ha fatto il suo vessillo. Nel frattempo, è inevitabile l’impressione che la visibilità delle azioni culturali all’estero, a vantaggio dell’immagine dell’uno o l’altro funzionario affascinato dai palcoscenici, stia prendendo il sopravvento sulla reale missione consolare e diplomatica che è fatta in prima linea di servizio e tutela delle nostre comunità. Servizio e tutela svolto dal personale che quotidianamente si trova a faccia a faccia con gli utenti per pratiche d’ufficio che lo Stato, e solo lo Stato, può assolvere, e non certo accomodati al teatro e nelle sale del cinematografo.

La Confsal/Unsa Esteri ricorda che in altri Paesi europei la diffusione della lingua e cultura è organizzata con scarsi sovvenzionamenti statali, basandosi sullo sponsoring, sul sostegno dell’iniziativa privata e sull’intelligenza degli organizzatori. Basti prendere ad esempio gli Istituti Goethe e gli Istituti Cervantes”.

Il Sindacato e i rappresentanti eletti della collettività parlano quindi di funzionari amanti del palcoscenico e quindi distratti dalla necessità di migliorare i servizi consolari.

Si tratta solo di polemica sindacale o delle solite lamentele dei connazionali per bocca dei Comites e Intercomites?

Se guardiamo meglio, scopriamo che una certa tendenza è oggettivamente palpabile. È, infatti, inevitabile vedere come i nostri consoli subiscano il fascino della “cultura”, quale occasione per soddisfare un non più latente desiderio di visibilità.

Si pone la domanda: visibilità ma a che costo?

Il Console Generale a Monaco di Baviera rispondeva così alla domanda del nostro giornale:

Ha idee o progetti che vorrà realizzare durante il suo mandato? “Cultura, cultura, cultura. La Baviera è un mercato importantissimo per le nostre imprese e un partner strategico per l’Italia intera. È attraverso la cultura che possiamo approfondire questa partnership ed esplorare nuove opportunità di collaborazione. La mia esperienza pregressa mi dice, poi, che l’organizzazione di eventi culturali importanti aiuta moltissimo anche nei rapporti politici perché facilita la comprensione reciproca.

Aspettatevi, quindi che mi faccia promotore di iniziative culturali, sempre di concerto con l’Ambasciata a Berlino e in collaborazione con il nostro ottimo Istituto Italiano di Cultura. Potremo fare grandi cose per l’immagine dell’Italia e per lo sviluppo degli scambi commerciali. Sono sicuro che alle nostre imprese interessi averci come partner”.

Grandi cose per l’immagine dell’Italia?

Ed eccoci in pieno contrasto con la visione che hanno Tommaso Conte e il Sindacato Confsal/Unsa Esteri sull’impiego delle risorse consolari.

Sono recenti le critiche nei confronti del Console Generale a Colonia, quando si esibisce pubblicamente come chitarrista e cantante mentre a Francoforte ti capita di dover decidere se nella stessa serata vai ad ascoltare la testimonianza di Fiammetta Borsellino, figlia del Giudice Paolo Borsellino, invitata da un’associazione culturale, o vai ad assaggiare del vino (a pagamento) su invito dell’ufficio culturale del Consolato.

Sorrisi e canzoni, tarallucci e vino, un bel film di Fantozzi sotto l’egida del Consolato mentre per avere una carta d’identità o un appuntamento per un passaporto i tempi di attesa di oltre tre mesi sono ormai una normalità?

Eppure, se interpellati, questi consoli dichiarano tutti di avere poco personale a disposizione.

Sorge spontanea la domanda: con quale personale vogliono realizzare i loro sogni di cultura?

E il dubbio diventa realtà. Con il personale che hanno ora a disposizione e che nel frattempo non potrà concentrarsi su quello che ci serve di più e cioè sui servizi di cui abbiamo bisogno tutti i giorni. La cultura, ed è risaputo, è bella. È difficile però apprezzare il bello quando manca il necessario.

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