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Dalla Sicilia alla Germania: La bellezza archetipica della musica di Gaetano Siino

Chi è Gaetano Siino?

Sono nato nel 1965 a Stuttgart da genitori siciliani emigrati. All’età di 7 anni sono tornato con la famiglia in Sicilia dove ho cominciato quasi subito a prendere lezioni di chitarra. In quell’epoca Bisacquino, un piccolo paese dell’entroterra siciliano, era ricco di tradizioni non solo religiose ma anche musicali. Allora si suonavano ancora le serenate e si ballava tutta la notte a carnevale al suono di strumenti “veri”. È così che ho cominciato: accompagnando alla chitarra il mio maestro che suonava il violino. Più tardi, all’età di 14 anni, mi trasferii a Palermo dove ho compiuto gli studi di chitarra e di composizione, rispettivamente al conservatorio di Trapani e di Palermo. Ho preso parte a diverse produzioni musicali in qualità di chitarrista e compositore, ho intrapreso un’attività concertistica da solista ma anche in diverse formazioni prediligendo la musica classica e folkloristica. Ho scritto musica per il teatro e prodotto 3 DVD di cui l’ultimo è un film. La mia produzione discografica si avvale di 14 CD da me pubblicati, in produzione privata ma anche attraverso etichette discografiche, e di 7 CD contenenti musiche mie e di autori diversi.

Può raccontarci della sua esperienza come chitarrista e compositore e come sei arrivato a vivere in Germania? Cosa l’ha ispirato a iniziare la sua carriera musicale?

La mia è l’esperienza di chi vive la musica e di musica giorno dopo giorno. La musica è quello che il musicista vive non solo quando suona, ma anche quando dorme. La musica c’è sempre a prescindere da quello che fai. La musica prima la si vive e poi la si può anche suonare o scrivere o insegnare. Il musicista si “fa” musica, o meglio, “diviene” musica quando perde il suo ego. È allora che si fa spazio per la musica che fluisce come attraverso uno strumento. Il compositore è il primo strumento seguito poi dall’esecutore ed infine dallo strumento musicale. Il musicista serve la musica. Il compositore si “apre” a quella che comunemente chiamiamo ispirazione per darle corpo attraverso la scrittura; l’esecutore dà corpo alla musica attraverso i suoni. Entrambi servono lo stesso scopo: manifestare una qualità della bellezza. La scelta di vivere in Germania è stata dettata dal cuore. Un anelito inconscio mi spingeva in questa direzione. Io ho solo colto un’opportunità. Ciò che mi ha ispirato ad iniziare la mia carriera musicale è stato vivere a stretto contatto per sei anni col mio primo maestro. Lui, un semplice barbiere appassionato e stregato dal violino e dalla musica, la viveva quotidianamente con un amore ed una passione indescrivibili a parole. Con lui ho cominciato a vivere la musica; ciò che è venuto dopo è stato una diretta conseguenza.

Nella foto: Gaetano Siino. Foto di ©GaeMarcus Freiburg vert.jpg

Ha menzionato che la sua carriera artistica ha avuto un notevole incremento dopo il trasferimento in Germania. Può condividere alcune delle sfide e delle opportunità che ha affrontato nel promuovere la sua musica in un nuovo ambiente culturale?

In Sicilia, dove ho vissuto gran parte della mia vita, non esiste un mercato della musica. In Germania si. Il musicista in Germania viene riconosciuto come un professionista e come tale viene pagato. Di conseguenza, il fare musica produce anche denaro. Questa diretto rapporto è quello che chiamiamo “mercato della musica”. Con tali premesse, lo sviluppo di un’attività artistica è favorito non solo dalle condizioni ma anche dallo stato. In Germania la Künstlersozialkasse è una realtà operativa ed efficiente. La sfida era quella di riuscire ad affermarsi partendo da sé stessi; senza appoggi o conoscenze. La convinzione di poterci riuscire e la certezza della bontà e qualità del prodotto offerto nonché delle proprie qualità artistiche sono state fondamentali. Non ultimo l’entusiasmo misto ad una buona dose di ottimismo. La musica, come linguaggio universale non-dialettico, ha fatto il resto. Si può risultare convincenti se si è profondamente convinti di ciò che si propone.

Parliamo del suo prossimo doppio CD “Motus”. Cosa possiamo aspettarci da questo album in termini di stile e contenuto? Quali sono le sue fonti di ispirazione per questo lavoro?

Un elogio al movimento, ai ritmi delle stagioni, allo scorrere della vita, all’impulso che ci muove e ci commuove. Motus è espressione di quell’energia primordiale che genera le cose, le accresce, le distrugge, le rigenera. Il progetto “Motus” si realizza in un doppio CD che contiene musica meditativa, lenta, dal ritmo calmo (CD bianco) e musica energica, veloce dal ritmo incalzante (CD nero). Attraverso la musica lo scorrere del tempo e del ritmo diventa sostanza: musica per un tempo fuori dal tempo. Per esprimere tutto ciò ho usato differenti chitarre: classica, acustica, baritono, 12 corde, basso elettrico, silent. In più altri strumenti vari, in parte suonati da me, ma anche con l’apporto di musicisti che hanno preso parte al progetto. Ogni CD contiene 12 pezzi tutti miei per un lavoro complessivo che é durato 19 mesi.

La sua musica incorpora elementi della cultura italiana. In che modo cerca di trasmettere questa “italianità” attraverso la sua musica e le sue performance?

L’italiano ha in Germania un grosso vantaggio: la “mediterraneità”, la “solarità”. Queste qualità mancano ai tedeschi che molto volentieri accolgono questi impulsi quando è un italiano a farsene portavoce. Il sole, il calore, la spontaneità, la capacità di improvvisare sono caratteristiche\qualità prettamente italiane e sono queste a risultare alla fine vincenti. Nei miei concerti parlo anche dei miei pezzi, li faccio rivivere non solo attraverso le note ma anche con le parole. Inoltre, la capacità di suonare lo strumento con diverse tecniche, nonché la grande varietà stilistica mi consentono di offrire un panorama sonoro, un viaggio musicale verso la propria interiorità (così come per “Zwischen Erde und Himmel”, il mio precedente album) oppure una singolare alternanza tra la musica lenta, meditativa e quella energica-ritmica (come nel caso di “Motus”). La mia “italianità” si sposa molto bene con il mio lato tedesco. È un po’ quello che dico spesso ai miei allievi: siate “tedeschi”, disciplinati, precisi quando vi esercitate, ma siate “italiani” creativi, fuori dalle regole quando fate musica.

Ci può raccontare un momento significativo o un ricordo particolare legato a uno dei suoi concerti o produzioni musicali?

Un giorno, in Sicilia di fronte ad un lago, mi ritrovai ad osservare il cielo specchiarsi sull’acqua. Il riflesso era così chiaro che sembrava più reale del cielo stesso; così pensai: quante volte nella mia vita ho chiamato realtà ciò che invece era un riflesso? O forse è tutta la realtà un mero riflesso di una verità che va cercata oltre l’apparenza? E, dove cercare, dove guardare? Nel caso del lago la risposta era ovvia: in alto. Questo fatto mi ha ispirato un brano che ho intitolato appunto: Riflessi. Diversi anni fa fui candidato ad un concorso per il posto di: docente di conservatorio statale. Delle tre prove previste, superai bene le prime due (scritta ed orale), la terza (quella pratica) non mi riuscii di superarla, eppure avevo suonato bene… Ero solito usare un pezzo di mutanda vecchia (quelle bianche a costine) per asciugare e pulire bene le dita dopo il consueto trattamento delle unghie prima di una importante performance musicale. Quella particolare fibra di cotone mista alla trama del tessuto risultava perfetta allo scopo. Purtroppo la mutanda risultò ben visibile non appena aprii la custodia della mia chitarra. Ho sempre avuto la sensazione che fu la fatidica mutanda a dare una pessima impressione di me alla commissione esaminatrice ed a determinare l’esito negativo dell’esame. Mutandis mutande…..

Qual è l’importanza per lei di condividere la sua storia e la sua musica con un pubblico più ampio?

Il mio lavoro musicale come chitarrista e compositore si basa su un’idea di base per me fondamentale: esprimere attraverso la musica una qualità specifica della bellezza archetipica. Cerco di realizzare questo attraverso il mio amore per la composizione e la passione con cui suono nei miei concerti. Sperimento giorno per giorno che la mia crescita artistica va di pari passo con lo sviluppo del mio percorso personale nella vita. In questo processo dove sviluppo artistico ed esperienza umana si fondono, mi è dato servire la bellezza. Il musicista è chiamato ad esprimere la bellezza, dandole forma attraverso i suoni. Egli si pone come intermediario tra il mondo delle vibrazioni sottili e quello umano. Quello che comunemente chiamiamo “ispirazione” è l’apertura dell’intelletto intuitivo verso influssi di natura sottile. Con il termine “sottile” intendo tutto ciò che non è percepibile attraverso i normali sensi. Nel processo di “discesa” verso il piano materiale-fisico, l’idea si concretizza assumendo una forma sempre più chiara. In questa “discesa” l’idea si colora assumendo parte delle caratteristiche dell’artista che se ne fa portavoce. Ecco perché é riconoscibile lo stile di un determinato artista. Va detto che, nel processo di concretizzazione dell’idea, nel momento in cui essa prende una forma fisica, la Bellezza archetipica in essa contenuta “muore”. In altre parole, una rosa è destinata ad appassire; una musica che resta sulla carta non ha senso se non c’è chi la suona e chi la ascolta; un dipinto ha bisogno di occhi che lo guardino. Ecco che l’arte non ha senso se non c’è un fruitore. Ed è proprio attraverso il fruitore dell’opera d’arte che la Bellezza archetipica, morta nella forma, risorge. La bellezza insita in ogni essere umano, risponde a quella stessa bellezza nascosta, morta nella forma materiale risvegliandosi. Questo risveglio può essere elevazione, rivelazione, estasi: la bellezza, risorgendo dalle sue ceneri, ritorna alla sua fonte ma…portando con sé l’anima del fruitore. Ecco perché la fruizione di un’opera d’arte può elevare lo spirito o, se vogliamo, accrescere il livello vibratorio del fruitore (posto il valore indiscusso dell’opera d’arte). Ecco spiegato il fine dell’arte e quindi il compito dell’artista.

Come si è sviluppata la sua evoluzione musicale nel corso degli anni, passando da generi folkloristici a sonorità progressive ed elettroniche? Quali sono stati i suoi motivi per esplorare queste direzioni musicali diverse?

L’elemento elettronico mi ha accompagnato sempre nella vita. Mio padre aveva un laboratorio elettronico dove riparava i televisori e tanti altri apparati. Io ci sono cresciuto dentro. Avendo ricevuto una formazione classica-accademica completa ed approfondita (allora il conservatorio era un corso della durata di dieci anni), avevo acquisito capacità più che sufficienti per permettermi la sperimentazione di tecniche chitarristiche innovative, che andassero al di là della comune tecnica chitarristica classica. Ecco che l’abbinamento dell’elettronica risultò per me un passo naturale. Ma, cosa questa importante, l’elettronica viene sempre “piegata” all’espressione musicale, non è mai fine a sé stessa. Comunque aggiungerei che la mia musica oggi si avvale del supporto dell’elettronica ma resta pur sempre chitarristica a 360 gradi. Provare per credere? Ascoltate il mio nuovo, ultimo CD: Motus. È ascoltabile ed acquistabile sulle più importanti piattaforme musicali ma, per averlo direttamente dalle mani del produttore, scrivetemi (l’indirizzo appare di seguito), ve lo invierò molto volentieri per posta. E…..ci metto pure l’autografo.

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