In Italia risiedono poco più di cinque milioni di stranieri. Un dato, secondo il Rapporto Immigrazione di Caritas Italiana e Fondazione Migrantes, presentato in ottobre a Roma, in lieve aumento rispetto all’anno precedente. La maggioranza degli stranieri è di origine rumena seguita da marocchini e albanesi. Secondo i dati i nuovi nati stranieri dal 2012 al 2021 sono diminuiti del 28,7%, passando da quasi 80 mila a meno di 57 mila: è ormai da un decennio che il numero di nuovi nati stranieri diminuisce costantemente e sempre più (-5% negli ultimi due anni). Il totale degli alunni nelle scuole con cittadinanza non italiana nell’anno scolastico 2021/2022, è stata di 872.360, e la percentuale dei nati in Italia cresce sempre più fino ad arrivare al 65,6%, con punte ancora più alte per alcune nazionalità, come la cinese (88%), la marocchina e la filippina (entrambe oltre il 75%): una realtà ancora non intercettata dalla legislazione sull’acquisizione di cittadinanza, spiegano i ricercatori che evidenziano anche un aumento degli ingressi di minori in carcere, sia italiani sia stranieri: segno – sottolineano – di dinamiche di disagio giovanile, che si esprimono anche nel fenomeno delle bande giovanili.

“La conoscenza dei molteplici aspetti dell’immigrazione – senza trascurare le ragioni che portano a lasciare la propria casa e il proprio Paese – risulta utile per comprenderne la reale portata e il ‘volto’, anche in relazione al rapporto tra le persone che arrivano e la società che accoglie”, scrive in apertura del volume mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana sottolineando che “accoglienza e integrazione richiedono la reciproca disponibilità a un ‘incontro’ che vada nel rispetto di entrambe le parti. Il percorso in questo senso appare carico di interrogativi, persino di tensioni: per tale ragione risulta ‘necessario – come si legge nel Rapporto – un cambiamento della narrazione, per superare quella dell’emergenza’”.

“Dietro i numeri – ha spiegato Baturi nel suo intervento – ci sono tantissimi italiani che si mettono a disposizione e aiutano gli immigrati. Il problema è saper orientare questa disponibilità in un progetto politico lungimirante, capace di pensare ad un futuro insieme, che sia una opportunità di crescita per tutti”. “Promuovere significa permettere all’identità di ciascuno di esprimersi compiutamente. I livelli di istruzione, di partecipazione al lavoro e di reddito, dicono che l’accoglienza non è ancora completa se non implica una vera promozione delle persone e delle famiglie”, precisa, rispondendo a margine alle domande dei giornalisti. Il Rapporto, giunto alla 32° edizione, segnala “la fatica delle migrazioni nel nostro Paese: una fatica per accogliere gli arrivi, per valorizzare le competenze, per tutelare i più deboli e i minori, per avviare processi di inclusione e integrazione nella scuola, sul lavoro, nella vita sociale, politica e culturale”, ha detto concludendo i lavori della presentazione, mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Presidente della Fondazione Migrantes. I dati del Rapporto evidenziano “in maniera chiara questa fatica: i permessi di soggiorno più numerosi sono per ricongiungimenti familiari, per protezione temporanea, per la regolarizzazione e non per lavoro e studio; la natalità nelle famiglie migranti è in calo; molte nazionalità – ha aggiunto mons. Perego – stanno partendo (Albanesi, cinesi, polacchi…) più che arrivare; la disoccupazione maggiore degli immigrati, soprattutto delle donne, la irregolarità crescente per la mancanza di incontro tra domanda e offerta di lavoro, la maggiore insicurezza dei migranti, soprattutto sul lavoro, ma anche nella vita sociale, l’incapacità di governare le migrazione, con tre decreti in un anno centrati solo sulla sicurezza. A questo si aggiungono le discriminazioni sociali e istituzionali (accesso alla casa, alla salute) e pregiudizi costanti sulla criminalità dei migranti (che è uguale da 20 anni nel nostro Paese) o sul costo delle loro prestazioni sanitarie, che in realtà sono il 6,5% del totale e sono ampiamente pagate dalle tasse che pagano, con un saldo positivo di quasi 2 miliardi di euro”.