“La Fabrica che segue è del Magnifico Signor Giorgio Cornaro in Piombino, luogo di Castel Franco…”, annotava Palladio nei suoi Quattro Libri presentando Villa Cornaro. Il Signor Giorgio (1517-1570) era giovane, poco più che trentenne, quando nel 1551 gli commissionò la Villa, e per Palladio fu davvero provvidenziale quel rapporto di stima e di amicizia.

I suoi contatti con la grande famiglia dei Cornaro risalivano a dieci anni prima, quando l’architetto vicentino aveva soggiornato a Padova presso il suo benefattore e mentore Giangiorgio Trissino, proprio nel periodo della massima potenza di Alvise Cornaro, uno dei personaggi padovani più influenti della cultura e del mondo economico del tempo, e proprio negli anni in cui Girolamo Cornaro, padre di Giorgio, era Capitano, cioè comandante militare, di Padova. Girolamo, già Capitano a Candia e Capo del potente Consiglio dei Dieci, era uno dei sei figli del Procuratore Giorgio Cornaro (nonno del Giorgio in questione), fratello di Caterina, regina di Cipro, e fondatore del ramo Cornaro della Regina.

L’incarico di costruzione della Villa assegnato al Palladio sanciva questo rapporto di stima e di amicizia e apriva un’importante connessione tra i mecenati padovani riuniti attorno ad Alvise ed il gruppo dei futuri mecenati che l’architetto avrebbe trovato a Venezia, dove Giorgio Cornaro era tornato a risiedere con la famiglia dopo la parentesi padovana.

Alle proprietà terriere di Piombino Giorgio doveva tenere molto, se, non appena ereditate dal padre Girolamo, morto nel 1551, subito commissionò la costruzione della villa al Palladio, una villa non proprio di campagna, ma situata all’interno della struttura urbana di Piombino (Padova), quasi affacciata alla strada principale, con uno spazio limitato su cui espandersi. Nessun problema per l’architetto, che dimostrò la sua straordinaria capacità di adattarsi al sito ed alle diverse funzioni della costruzione, realizzando un nuovo “esperimento di Villa”.

Nel progetto doveva essere sì una casa di campagna, con un’estensione per quanto breve sulle ali e soprattutto affacciata su giardini, aperta verso il paesaggio, ma anche un palazzo urbano, centrato su una pianta quadrata e sviluppato su due piani, senza collegamenti stretti con ambienti rustici.

La villa – palazzo

Passeggiando lungo la via principale, giunti al centro di Piombino Dese, non si può non fermare il passo e rimanere stupiti di fronte all’inattesa visione della villa, appena annunciata da un breve giardino. Quel pronao, così imperioso nelle sei colonne ed insieme elegante, proiettato in avanti rispetto alle pareti murarie e per di più raddoppiato al piano superiore e coronato dal frontone, comunica subito la volontà dell’architetto di sacralizzare, nella limitatezza dello spazio disponibile, il rango signorile del Cornaro. Ma nello stesso tempo le ali, più corte, basse e lievemente arretrate, fanno subito cogliere la fusione armoniosa del corpo dominicale, di rappresentanza, con la parte abitativa, riservata ai servizi (cucina, cantine, granai, stanze per la servitù). Una fusione sottolineata dallo zoccolo e dalla cornice marcapiano che avvolgono tutta la costruzione ed agganciano le ali al corpo centrale.

Però l’originalità della soluzione architettonica, in parte sperimentata in quegli stessi anni dal Palladio anche a Villa Pisani di Montagnana (PD) ed a Villa Pojana di Pojana Maggiore (VI), si coglie ancor più nella disposizione degli interni: chi entra in Villa, infatti, passa dalla luce trasparente della loggia anteriore alla penombra di uno stretto vestibolo, per aprirsi tutto ad un tratto alla piena luminosità del salone centrale e quindi alla luce ancor più vivida della loggia posteriore, aperta sul giardino e sulla campagna.

È proprio quel salone centrale, di pianta quadrata, solennizzato da quattro colonne libere quasi a rievocare la casa romana antica, il fulcro dell’edificio, attorno al quale si articolano da una parte e dall’altra rispetto all’asse centrale, con rigorosa simmetria, quattro stanze quadrate e rettangolari, con superfici proporzionali le une alle altre. Rapporti e simmetrie che conferiscono agli ambienti una misura di eleganza e di razionalità, particolarmente ricercata dal Palladio.

Il progetto decorativo

“La Sala è posta nella parte più a dentro della casa, acciocché sia lontana dal caldo e dal freddo”, annotava sempre il Palladio, dimostrando sempre la sua grande attenzione per le condizioni abitative dei proprietari. E sappiamo che Giorgio Cornaro soggiornò spesso nella villa di Piombino, dotata di camini in quasi tutte le stanze, con la sua sposa Elena Contarini – Emo, “sia per riposo che per motivi pratici”. Sia a livello di struttura che di decorazione interna gli interventi sulla Villa continuarono nel tempo. La decorazione del salone fu completata dallo scultore Camillo Mariani, alla fine del Cinquecento, con sei statue in stucco poste in nicchia, che rappresentano membri eminenti della famiglia Cornaro (Giorgio il Grande e Giorgio il committente, Caterina e suo marito, Marco il Doge e Marco il Senatore) e contribuiscono a rendere ancora più monumentale quell’ambiente centrale. Le stanze laterali furono decorate di stucchi da Bartolomeo Cabianca nel 1716 e subito dopo affidate da Andrea Cornaro al giovane pittore Mattia Bortoloni, perché le affrescasse, secondo un piano iconografico voluto dallo stesso Cornaro. Il ciclo pittorico realizzato in ben otto stanze riuscì alquanto originale, sia perché i soggetti ed i personaggi sono tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento (alcuni anche poco conosciuti) e non i soliti che rievocavano miti o glorie militari o scene di vita agreste, sia perché il ventenne pittore, alla sua prima grande esperienza, usa una tecnica tutta particolare, caratterizzata da colori tenui, smorzati, contrappuntati da inattese fiammate di vivacità, e da figure allungate, più distinte quelle in primo piano, molto meno quelle sullo sfondo, rese con tratti essenziali. Non mancano, secondo alcuni studiosi, riferimenti più o meno palesi alla neonata Massoneria, affidati a simboli quali i tavoli su cavalletti, i grembiuli, i candelabri a sette braccia, alcuni strumenti di lavoro (compassi, squadre, mazzuoli). Il tutto a rendere ancor più singolare e ricca di fascino la Villa Cornaro di Piombino Dese, importante e riuscito “esperimento” del Palladio, che riuscì mirabilmente a far convivere suggestioni di casa romana, caratteri di villa di campagna e soluzioni architettoniche di palazzo cittadino.

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