C’è un attacco senza precedenti alla natura umana, una sfida tale che richiede urgentemente una formazione sistematica dei laici alla Dottrina sociale della Chiesa. Non era mai capitato che la stessa natura umana fosse messa in pericolo in modo istituzionalizzato da parte di molte forze alleate tra loro. La minaccia, in questo nostro tempo, non riguarda più questo o quell’aspetto della giustizia sociale, ma la possibilità stessa che la famiglia, la procreazione naturale e, come ripetiamo, la stessa natura umana, possano essere salvaguardate anche in futuro.

Si può dire quindi che le nostre convinzione siano determinate dall’urgenza e dalla gravità delle sfide che ci attendono. Bisogna riconoscere che una pianificazione dell’insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa condotta dal centro – come era in fondo accaduto con “Evangelizzare il sociale” – non sia praticabile, per una serie di motivi sia sociologici sia legati a certi filoni dello sviluppo teologico. Inoltre si assiste all’emergere di un nuovo ruolo dei laici che spesso si assumono in toto la responsabilità di rendere fattivamente presente la Dottrina sociale della Chiesa nelle emergenze: pensiamo all’impegno per la vita o per la famiglia portato avanti da gruppi di laici autonomamente. Crediamo quindi che la via da seguire sia di alimentare la nascita e lo sviluppo di “piccole comunità creative” che dal basso si riapproprino del patrimonio della Dottrina sociale della Chiesa, compreso nella sua organicità, non frammentato, non appiattito sull’orizzontale, inteso e vissuto in modo alto e consapevole.

La Dottrina sociale della Chiesa, infatti, bisogna ricordare che è “teologia” (e non primariamente antropologia, sociologia o prassi). Inoltre essa si inserisce nella tradizione della Chiesa in quanto è parte essenziale della sua missione. Come tale, la Dottrina sociale porta con sé tutto il bagaglio della dottrina della fede rivelata, il suo punto di vista non è “l’etica della situazione” ma la fede apostolica. La dogmatica cattolica fa quindi da sfondo e sostanza alla Dottrina sociale della Chiesa.

I documenti sociali del magistero non hanno nessun dubbio che la Dottrina sociale della Chiesa sia “per la pratica”. Ma pensano che la pratica debba essere illuminata dalla dottrina e non viceversa, dato che non può essere un puro (e cieco) fare. E pensano anche che la dottrina non debba essere intesa come astratta o teorica, come una premessa di un sillogismo oppure un assioma di geometria. Chi critica la dottrina spesso compie questo errore. Non solo la pratica è vita, ma anche la dottrina è vita, anzi lo è in massimo grado al punto che la stessa pratica prende vita da essa, dalla dottrina. La dottrina permette di vedere la concretezza della realtà meglio delle stesse scienze sociali. Fu la dottrina a permettere a Leone XIII di gettare un profondo sguardo sulla realtà sociale del suo tempo e non le indagini sociologiche.

Fu la dottrina a permettere a San Giovanni Paolo II di vedere a fondo i cambiamenti legati al crollo del muro di Berlino e non le analisi dei politologi del tempo. La dottrina ci dice la realtà, la realtà soprannaturale che Dio ci ha provvidenzialmente rivelato e, per riflesso, la realtà naturale che proprio da quella viene illuminata. Gesù Cristo è la Dottrina della Chiesa. Egli, che è la Verità, ci ha dato delle verità e ci ha indicato dei doveri, non come dei gioghi insopportabili, ma come espressioni del suo progetto d’amore. E ci ha dato anche l’aiuto spirituale per sopportarli e viverli. La Dottrina è viva e vivificante.

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