Si è spento all’età di 99 anni mons. Luigi Bettazzi (Treviso, 26.11.1923; Albano d’Ivrea, 16 luglio 2023) vescovo emerito di Ivrea. Aveva partecipato a tre sessioni del Concilio Vaticano II (ormai si contano sulle dita di una mano i partecipanti al Vaticano II ancora in vita). Ha vissuto il Vaticano II e lo ha vissuto anche dopo nella sua vita: partecipò insieme ad alcune decine di padri conciliari al Patto delle Catacombe (Catacombe di Domitilla nel novembre del 1965, poco prima della chiusura del Vaticano II), aderendo all’appello per una Chiesa serva e povera (papa Giovanii XXIII), abbracciando il modello di vita e di spiritualità dell’eremita Charles de Foucauld. È stato presidente, italiano prima e internazionale poi, del movimento pacifista cattolico Pax Christi (1968). Il suo impegno per la non violenza e l’educazione alla pace gli valse il riconoscimento internazionale dell’Unesco. Bettazzi si è distinto in diverse occasioni per la pratica di dialogo aperto e fruttuoso con la società civile: si pensi per esempio allo scambio epistolare (1976) con Enrico Berlinguer, allora segretario del Partito comunista, su laicità e giustizia, un dialogo fra parti contrapposte su temi comuni di giustizia sociale. E poi ancora Bettazzi nel ’78 si offrì invano come prigioniero insieme a due altri vescovi (Alberto Ablondi e Clemente Riva) per la liberazione di Aldo Moro, (segretario della Democrazia Cristiana, docente universitario di diritto, artefice insieme al Berlinguer del “compromesso storico”) e sequestrato dalle Brigate Rosse per essere poi barbaramente ucciso. È nota poi anche la lettera che scrisse a Carlo De Benedetti che stava licenziando migliaia di lavoratori dell’Olivetti. Nel 1992 poi, durante la guerra nei Balcani, partecipò con don Tonino Bello alla marcia pacifista a Sarajevo. Negli anni ’10 si espresse a favore delle unioni civili e per un riconoscimento della dignità della relazione omosessuale: “L’omosessualità: la questione del sesso va studiata, emancipandosi dai neoplatonici che facevano coincidere sesso e decadenza dello spirito. Perché non espressione dello spirito umano?” (La Stampa, 7 aprile 2015). Il suo impegno da uomo di Chiesa, ma prima ancora da cattolico, per una società più giusta, è per noi cristiani, donne e uomini, un’eredità da riconoscere, accogliere e portare avanti.
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