Le elezioni europee sono alle porte. Tenendo ben presente il sogno che ha ispirato i fondatori della Comunità europea, i due segretari generali ritengono che sia una buona idea parlare del progetto europeo. La loro convinzione comune è che, per ridare nuova linfa al progetto, quest’ultimo abbia bisogno di un impegno rinnovato da parte di tutti i cristiani responsabili.
P. Daly: Il progetto europeo è stato frutto di un sogno. Dopo l’incubo della guerra, si è fatto largo il sogno di poterla allontanare in modo permanente dal nostro continente, nonché di poter creare una società in cui la gente potesse vivere in pace e libertà. Settanta anni dopo, il sogno dei padri fondatori dell’UE – per lo più cristiani ferventi che lavoravano instancabilmente per tradurre la loro visione in realtà politica e sociale – si è avverato oltre la loro più fervida fantasia. Circa quarant’anni fa anch’io, giovane studente universitario proveniente dall’Irlanda, arrivai a proseguire i miei studi in Belgio, assolutamente ispirato da questo ideale europeo. Oggi, nel 2014, l’UE è alla sua terza generazione: la crisi economica/bancaria sta, ahimè, gettando un’ombra sul progetto europeo.
Jorge Nuño Mayer: È vero. Molti cittadini europei sono colpiti duramente dalla crisi. Dal nostro osservatorio europeo di Caritas Europa vediamo le sofferenze di molti concittadini. Oggi, in Spagna, mio paese natale, il 50% dei giovani è senza lavoro. C’è più disuguaglianza e povertà all’interno dell’Europa. Al tempo stesso, innumerevoli poveri bussano alle porte del nostro continente e cercano di varcare le nostre frontiere. Un quinto della popolazione mondiale ha fame. Eppure, per chi è al potere, solo l’economia conta. PIL e crescita non sono tutto! Esseri umani e società vengono delusi. E le previsioni economiche indicano che milioni di persone non troveranno un lavoro nei decenni a venire. Esiste un vero stato di emergenza nell’UE: i poveri non possono aspettare!
P. Daly: Questa terribile situazione è dovuta al fatto che siamo andati troppo lontani con l’integrazione europea o che non siamo andati abbastanza lontani? Forse ci siamo spinti troppo lontano dal piano iniziale dei padri fondatori. Robert Schuman, Alcide de Gasperi e Konrad Adenauer avevano in mente un progetto incentrato sui concetti di pace e solidarietà. Un progetto radicato nei valori cristiani. Abbiamo fatto un inventario puntuale di questi valori nella relazione COMECE Un’Europa dei valori (2007). La riconciliazione era un elemento imprescindibile in quegli albori. Oggi, la crescita del populismo in varie parti d’Europa mostra che la riconciliazione non può mai essere data per scontata. La nostra generazione, e le prossime generazioni di cristiani, devono lavorare duramente e testimoniare i nostri fondamentali valori evangelici, in tutto il continente, a cominciare dalle nostre parrocchie.
Jorge Nuño Mayer: Assolutamente! Se noi cristiani, animati dal nostro attaccamento a quei valori cristiani fondamentali (e non solo la domenica!), potessimo assumere maggiore responsabilità nella società sul piano europeo e far sentire la nostra voce a livello politico, economico e finanziario, come facciamo all’interno dei circoli ecclesiali e nelle nostre famiglie (la Chiesa domestica San Giovanni Paolo II), potremmo dare un volto nuovo all’Europa: un volto più umano. Dobbiamo riportare la persona umana al centro dell’economia e delle politiche europee. Il mondo economico e la crescita devono essere al servizio di questa missione. L’obiettivo ultimo di ogni decisione deve essere al servizio di ogni persona e del popolo nel suo insieme.
P. Daly: Giusto. La povertà è, di fatto, uno dei tanti attacchi alla dignità umana. La vita umana deve essere protetta dal momento del concepimento a quello della morte naturale. Non si tratta solo di un diritto passivo, qualcosa di tollerato. Ogni essere umano, cittadino europeo o migrante, deve avere la possibilità di realizzare il proprio sviluppo integrale. Abbiamo il diritto di forgiare le nostre vite! Istruzione, salute, lavoro (e non solo occupazione), cultura sono dimensioni essenziali del nostro sviluppo personale che, con un rigoroso rispetto del principio di sussidiarietà, otterranno il rispetto che meritano nell’UE e nei suoi Stati membri.
Jorge Nuño Mayer: Assolutamente! L’UE deve impegnarsi a perseguire e difendere il bene comune, facendo partecipare il più possibile i cittadini europei alla realizzazione della comunità unica di valori che è l’UE. Il bene comune della mia comunità parrocchiale è legato al bene comune più ampio di tutti gli Europei. Se una decisione crea più povertà o sofferenza in qualsiasi parte del mondo, è una cattiva decisione. Montesquieu aveva usato parole giuste: “Se conoscessi qualcosa di utile alla mia patria, ma dannoso all’Europa, oppure di utile all’Europa e pregiudizievole per il genere umano, lo considererei un delitto.”
P. Daly: Di fatto, siamo membri di un’unica famiglia umana, tutti fratelli e sorelle. E condividiamo la responsabilità della gestione del creato. Il cambiamento climatico è un tema fondamentale per noi cristiani; una politica UE armonizzata, condivisa e sostenuta da tutti, ci permetterà di agire con efficacia ed evitare un potenziale disastro. Nel 2008 la COMECE ha pubblicato una relazione su clima e stile di vita cristiano. Il messaggio è stato quello di dover aspirare a vivere in modo più semplice.
Jorge Nuño Mayer: Esattamente. A lungo termine, la sobrietà e il vivere con semplicità rappresentano l’unica via giusta e realistica da percorrere. Dovremmo parlare delle cose tra di noi: in famiglia, con i vicini, sul lavoro. Dovremmo vigilare per far sì che i nostri principi costituiscano la base delle nostre decisioni politiche ed economiche. Le nostre società devono essere più compassionevoli. Non possiamo chiudere gli occhi sulle sofferenze altrui, che si tratti di poveri, disoccupati o senza dimora. Dovremmo porgere una mano di accoglienza da far stringere agli stranieri che vivono in miseria: non solo a migranti o profughi, ma anche a vicini, insediati da tempo, che si trovano in difficoltà a causa della crisi. Qualcosa di semplice, come dare ad altri un po’ del proprio tempo al giorno, può fare una grande differenza, anche se non può trasformare una vita.
P. Daly: La ricerca di un’identità europea che corrisponda ai nostri sogni alza l’asticella per ogni Cristiano. Dobbiamo essere aperti allo straniero, a ciò che ci appare inizialmente alieno, e al tempo stesso impegnare nuovamente le nostre radici cristiane. Dobbiamo rimanere aperti al dialogo come lo fu Gesù sulla terra durante il suo pubblico ministero. Papa Francesco ci invita a sviluppare una nuova attitudine: “L’altro ha sempre qualcosa da darmi, se sappiamo avvicinarci a lui con atteggiamento aperto e disponibile, senza pregiudizio. Questo atteggiamento aperto e disponibile, senza pregiudizi, io lo definirei come umiltà sociale, che è ciò che favorisce il dialogo.”
Jorge Nuño Mayer: È esattamente questo lo spirito che era all’origine del progetto europeo e dell’iniziativa per l’integrazione lanciata nel 1950. Uno spirito che ci permetterà di liberarci del nostro stile di vita individualistico, spesso incentrato sul consumo, e di aprirci allo straniero. Io sono il custode di mio fratello. Devo promuovere attivamente il benessere del mio vicino. L’idea del vicino deve essere compresa diversamente in una società pluralistica, multiculturale. Come ci era stato ricordato da San Giovanni Paolo II: “Europa significa apertura.”
Fr. Patrick H. Daly & Jorge Nuño Mayer: Ci rivolgiamo a tutti i cristiani che hanno una responsabilità politica, sociale o economica per rivitalizzare il sogno europeo. Se si impegnano sui valori che abbiamo al centro del progetto europeo e dell’insegnamento sociale della Chiesa, i cristiani contribuiranno a realizzare un mondo migliore. C’è un sogno europeo che continua: tocca a noi trasformarlo in realtà!