Il 17 ottobre scorso, infatti, si è verificata la drammatica esplosione negli stabilimenti del colosso chimico BASF, nella quale, 4 persone hanno perso la vita (una delle quali, ancora un vigile del fuoco, non c’è la fatta a lottare contro le ferite riportate e dopo 12 giorni di agonia si è arreso anche egli al tragico fato) e trenta sono rimaste ferite.
Grande è stata la preoccupazione dei danni che le sostanze fuoriuscite avrebbero potuto recare all’ambiente. Le autorità competenti avevano infatti invitato le persone a non uscire di casa e a chiudere porte e finestre. Purtroppo nessuno ha pensato di andare in giro ad avvisare la popolazione che in quel momento non stava ascoltando la radio o vedendo la televisione, Infatti sono seguite forti polemiche. Fortunatamente, non sono stati registrati elementi tossici elevati che avrebbero potuto mettere in pericolo la salute della popolazione.
Le misurazioni effettuate hanno mostrato che il valore più alto delle sostanze tossiche, si è registrato nei pressi del luogo del disastro, ma comunque sempre al di sotto dei valori consentiti.
Le prime indiscrezioni – trapelate da parte dei numerosi connazionali che lavorano proprio alla BASF – facevano intendere sin da subito che le responsabilità potevano essere attribuite ad un errore umano: parlavano di un operaio di una ditta esterna addetta alla manutenzione, che probabilmente avrebbe tagliato con una smerigliatrice un tubo sbagliato o non correttamente svuotato e pulito.
Questa tesi è sostenuta anche dalla magistratura inquirente. Infatti, il procuratore capo Hubert Strober ha affermato che "sul posto è stata rinvenuta una smerigliatrice angolare” ma ha aggiunto anche, che “forse non sono stati rispettati fino in fondo tutti i canoni di sicurezza. Data l’elevata pericolosità, prima di effettuare lavori di manutenzione sulla linea di tubi interessata, la messa in sicurezza sarebbe dovuta essere assoluta.
Questo avrebbe potuto richiedere fino a un paio di giorni di tempo, per prosciugare tutto il liquido presente nei tubi e per pulire attentamente la parte su cui si doveva intervenire.
Maggiori informazioni potrebbero essere date da un operaio che stava effettuando i lavori sul posto, ma che al momento, – dato le gravi condizione di salute – non può essere interrogato”.
A tanti, che si soffermano a riflettere sugli eventuali bassi canoni i sicurezza adottati, la già programmata pubblicazione del bilancio societario – che vede i ricavi del colosso chimico in calo di un quinto rispetto allo stesso periodo dello scorso anno – pare quasi come una giustificazione…
Il Parlamento della Renania-Palatinato ha istituito una commissione d’inchiesta per luce sull’incidente e stabilire eventuali responsabilità, convocando i vertici della BASF.
Ma le preoccupazioni per la popolazione di Ludwigshafen, non finiscono qui, e non si chiamano solo BASF. Infatti, erano da poco passate le 15:00 di martedí 25 ottobre quando la radio ha annunciato una fuoriuscita di ammoniaca nei pressi del Palaghiaccio.
La zona interessata è stata immediatamente chiusa al traffico, e gli abitanti sono stati ancora una volta invitati a chiudere le finestre e a tenersi a debita distanza dai luoghi dell’incidente – tracce importanti di ammoniaca nell’aria, sono state riscontrate fino al pomeriggio successivo -.
Considerando che l’impianto sportivo è sito in una zona ad elevata popolosità della città, il grado di pericolosità e di ansia si sono amplificati.
L’impianto di raffreddamento della pista ghiacciata, da dove pare sia fuoriuscita l’ammoniaca, è stato messo in discussione e ora è oggetto d’indagine da parte della polizia e dell’ispettorato del lavoro.
A questo punto, la stagione agonistica è evidentemente a rischio – mancano appena due settimane all’inizio – se non verranno accertate e risolte le cause del guasto, è impensabile che il palaghiaccio possa riaprire le sue porte.