Nel 2015 all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) risultarono iscritti più di 107.529 connazionali, 6.232 in più rispetto all’anno precedente. A lasciare l’Italia erano stati soprattutto i giovani, prevalentemente di sesso maschile, tra i 18 e i 34 anni, come rilevato dal rapporto Italiani nel mondo 2016, presentato a Roma dalla Fondazione Migrantes. Laureati che dovrebbero rappresentare l’investimento per il futuro del Paese, ma che se ne vanno a causa della crisi che comporta una notevole mancanza di offerta di lavoro. Un patrimonio culturale, rappresentato dalla personale energia e preparazione, purtroppo sfruttato da altri Paesi.
L’espatrio in 10 anni è aumentato del 54,9%, passando dai 3 milioni agli oltre 4,8 milioni attuali, 13.807 dei quali minorenni. Le Regioni con più partenze sono Lombardia e Veneto, cioè quelle con il maggior numero di laureati. A dimostrazione che l’Italia sta vivendo l’emorragia dei suoi migliori individui. Ovvio che, il nostro Paese abbia “una storia antica di emigrazione. Una storia di sofferenze e di speranze. Una storia di riscatto sociale, di straordinarie affermazioni personali e collettive”, come affermato dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Il quale ha messo in evidenza quanto siano cambiate le categorie sociali e l’età di chi espatria a causa dell’impoverimento del Paese. Certo, portano all’estero quell’immensa ricchezza culturale che gli italiani hanno seminato nel mondo, ma, prosegue il Presidente “devono poter tornare a lavorare in Italia, se lo desiderano, e riportare nella nostra società le conoscenze e le professionalità maturate” all’estero.
Altrimenti si effettua quella “emorragia di talento e competenza” rilevata anche dalla Fondazione Migrantes (Ufficio della Conferenza Episcopale Italiana) che considera “una risorsa la mobilità, purché non sia a senso unico”, altrimenti “diventa dannosa quando non è corrisposta da una forza di attrazione che spinge al rientro”. La Migrantes rileva anche che la Germania è stata, nel 2015, la meta preferita di 16.568 italiani espatriati; 16.503 hanno scelto il Regno Unito, 11.441 la Svizzera e 10.728 la Francia. Pochi coloro che hanno scelto l’America settentrionale e meridionale.
Un espatrio di italiani che contrasta con l’accoglienza di 3.931.133 immigrati, 131.721 dei quali solo nel 2016. Il che comporta non soltanto un esborso statale notevolissimo e, di conseguenza, l’aumento delle tasse, altra causa per la quale i nostri cittadini emigrano. Ma anche un impoverimento della cultura nazionale, quindi la decadenza della nostra civiltà. Un cambiamento che può provocare effetti estremamente negativi, come successe all’Impero romano che s’imbarbarì fino a decadere quando gli stranieri furono molto di più dei cittadini locali.
Da un’indagine eseguita il 6 ottobre scorso risulta che in Italia vive gente di 200 nazionalità diverse. Migranti che spesso arrivano in cerca di lavoro ma che non conoscono la nostra lingua e, a volte, neppure un mestiere. Persone che hanno abbandonato le loro terra per sfuggire alle persecuzioni, alle carestie e alla fame e che, quindi, secondo Mattarella “hanno diritto alla tutela della loro dignità”. Un dovere, il nostro, che comporta però un costo notevole. Nel 2015 lo Stato ha speso 3,3 miliardi di euro, il 70% dei quali per alimentarli, vestirli e dar loro denaro per le spese private. Un esborso, quello statale, perennemente in aumento, raddoppiato o triplicato rispetto agli anni precedenti e previsto di 4 miliardi nel 2016.
Esso è del 40% superiore a quello vigente in Austria che, quest’anno, ha aumentato da 19 a 21 euro l’importo consegnato ad ogni immigrato, contro i 35 dati in Italia. Una non lieve differenza dovuta, forse, al fatto che in Austria il costo della vita è più basso rispetto all’Italia. A ciò si aggiunge quella corruzione da parte di alcuni che recentemente ha spinto la Guardia di Finanza del Centro richiedenti asilo di Gradisca d’Isonzo ad incriminare 25 persone.
Le ingenti risorse economiche impiegate per gestire l’immigrazione non hanno permesso di investire di più per dare un futuro certo ai nostri ragazzi. L’Italia spende per formare i laureati che poi se ne vanno. E per caritatevolmente raccogliere stranieri non ugualmente qualificati. Fattori ai quali si aggiunge il fatto che nella Penisola esiste un’elevata carenza di nascite ed un numero notevole di anziani. Se continuiamo a cedere energie fresche e qualificate ci sarà una perdita dei nostri principi vitali. E il deperimento degli italiani.
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