Ha sconvolto i Francesi e gli abitanti di tutto il mondo. In arrivo ingenti offerte di denaro. Ma non sempre tanta solidarietà per altre catastrofi

L’incendio della cattedrale di Parigi, avvenuto nei giorni della Settimana Santa, ha suscitato tanto dolore da spingere privati e Stati a fare abbondanti donazione onde permetterne subito la ricostruzione.

Siamo tutti convinti che la capitale francese sarebbe più povera, senza quella chiesa gotica, la più bella della città e soprattutto un “patrimonio dell’umanità”, la costruzione più famosa del mondo ed il monumento più visitato d’Europa.

  Terminata nel 1344, ha una pianta a croce latina e due torri campanarie sulle quali si saliva per ammirare la città. Quella arsa dalle fiamme era alta ben 45 metri ed era stata eretta nel 1860. L’anno scorso la locale Chiesa aveva invitato i cattolici a dare denaro per poter eseguire i necessari restauri della struttura che presentava seri problemi, dovuti ai secoli trascorsi dalla fabbricazione e, soprattutto, a fattori climatici. Sono gli stessi che hanno provocato danni nel Nord-Est d’Italia dove neve, crollo delle temperature, piogge torrenziali e venti hanno causato danni per oltre un milione di euro. O come il ciclone in Mozambico che, nella sola Beira, seconda città del Paese, ha distrutto il 90% di case, scuole e ospedali.

A tali distruzioni nel mondo si aggiungono quelle dovute a terremoti che, in molti Stati, hanno annientato chiese, palazzi e monumenti. Altri sono dovuti alla deforestazione, produzione di sostanze chimiche ed energia nucleare, all’estrazione petrolifera e a test militari. Altre ancora, purtroppo, provocate dall’insipienza degli uomini e anche da violenze effettuate da Musulmani. Che hanno ritenuto l’incendio di Notre Dame una “vendetta di Allah”

In Francia, soltanto nel 2018, ci sono stati molti incendi che hanno semidistrutto diverse chiese, più di mille è affermato dal Gatestone Institute, 47 solo a febbraio di quest’anno. Tra questi, l’incendio che, il 17 marzo, ha danneggiato la chiesa barocca di St. Sulpice, la seconda chiesa di Parigi per grandezza e sede della Compagnia di San Sulpizio.

Le fiamme della cattedrale di Notre Dame, in tarda serata già quasi spente, non avevano distrutto l’impianto della cattedrale né, per fortuna, le reliquie preziose tra le quali la corona di spine di Cristo, né la facciata, le due torri, il rosone della facciata sud e le dodici statue monumentali che ornavano il tetto, che invece per due terzi è crollato. Tanto da far dire al presidente Macron che “Il peggio è stato evitato, ricostruiremo”. Per i restauri non mancheranno i fondi. In effetti, le grandi industrie francesi e mondiali, tanti donatori privati e stranieri hanno già inviato un miliardo di euro, il che sta a testimoniare l’attaccamento del mondo a quel simbolo di cultura e religione.

Da qualcuno però ciò è stato visto come uno “schiaffo alla miseria”, alla povertà, ai bisognosi. Tra questi, anche i cittadini colpiti dal sisma delle Marche e da altri guai e distruzioni avvenuti in Italia e nel mondo, i quali, benché impoveriti dalle distruzioni e perdite subite, devono spesso pagare gli avvocati per ottenere i fondi raccolti a loro favore. O vivere accampati sotto tende o, peggio, su strade o campi. Perché non sempre arriva subito l’aiuto internazionale. Come è avvenuto nel Bangladesh, frequentemente colpito da alluvioni, cicloni o siccità. Non cambia la situazione in altre parti del mondo: l’Africa ribadisce il suo primato tra i Paesi più poveri del mondo; in Asia gli affamati sono  oltre 500 milioni. Gente a cui sarebbe meglio inviare una parte dei soldi dati per ripristinare Notre Dame.

L’incendio di Notre Dame colpisce in quanto quella cattedrale è uno dei simboli della nostra civiltà ed identità di Europei. Ma dimenticare chi muore di fame o non ha una casa è solo un esempio di “due pesi e due misure”, reazioni diverse a disgrazie diverse. Non è giusto chiudere gli occhi di fronte alle tragedie di Paesi abbandonati.

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