Le regioni italiane a statuto ordinario potranno legiferare in maniera autonoma in materia di sanità, scuola, beni culturali e molto altro – Prima parte

Se ne parla pochissimo in Italia. È difficile trovare sui media e sulle testate dei quotidiani più diffusi informazioni su un tema che cambierà l’assetto unitario del paese. Il disegno di legge attuativo dell’autonomia differenziata è stato inserito nella legge di bilancio dell’attuale governo ma non c’è ancora un testo, è solo un titolo. Si porta avanti un progetto senza discussione in Parlamento, che rappresenta i cittadini e che è luogo deputato a fare leggi. In Italia il NoAd, il comitato per il ritiro di ogni autonomia differenziata, per l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti, è da tempo impegnato in una campagna di informazione su questa materia non certamente facile e lancia l’allarme perché l’autonomia differenziata aumenterà le sperequazioni, fra Nord e Sud del Paese, minando il principio fondamentale della Cosituzione di uguaglianza di diritti di tutti i cittadini. Ne parliamo con Marina Boscaino, portavoce del comitato NoAd.

Che cos’è l’autonomia differenziata?

L’autonomia differenziata è la possibilità prevista dopo la riforma del titolo V della Costituzione che avvenne nel 2001, che le regioni a statuto ordinario, cioè non Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta (che sono regioni a statuto speciale) possano accedere a un regime di autonomia legislativa su 23 materie. Venti di queste materie, (art. 117 comma 3), sono attualmente a legislazione concorrente tra lo Stato e le regioni e con l’autonomia differenziata passerebbero a legislazione esclusiva delle regioni. Tre materie invece l’istruzione, l’ambiente e la giustizia di pace (art. 117, comma 2) sono attualmente di legislazione esclusiva dello Stato e potrebbero diventare a legislazione esclusiva della regione.

Di quali materie si tratta?

Si tratta di materie straordinariamente importanti, come l’istruzione, la sanità, i beni culturali. la sicurezza sul lavoro, l’alimentazione, l’ordinamento sportivo, tutte le infrastrutture, porti e aeroporti civili grandi, reti di trasporto e di navigazione, commercio con l’estero, per citarne alcune. Immaginiamo che ogni regione possa legiferare in maniera autonoma su ciascuna di queste materie, senza che si abbia un ordinamento istituzionale confederale, quindi in una situazione di giungla normativa.

Questo significa ogni singola regione potrebbe decidere che tipo di autonomia realizzare, ossia su quali materie?

Differenziata sta nel fatto che ognuna delle regioni, avendo autonomia e potestà legislativa, sulla scuola, per esempio, potrà fare la sua scuola. E farla naturalmente non più come scuola della Repubblica come è adesso, cioè una scuola pubblica che abbia lo stesso tipo di ordinamenti, lo stesso tipo di normativa, dal Nord al Sud, ma una scuola regionale dove le regioni più ricche, potranno offrire maggiori vantaggi.

Restando sull’esempio della scuola, questo significa che si ripercuoterebbe sull’offerta di istruzione per gli alunni e nello stesso tempo sull’impiego degli insegnanti?

Sì, perché verrebbe meno il contratto collettivo nazionale, che regola la professione e le mansioni, i diritti e i doveri, che verrebbero sostituiti con contratti regionali, con un reclutamento regionale, con degli ordinamenti regionali, con discipline regionali. Ciascuna regione si organizzerà, magari, la storia locale, il dialetto locale che significa sostanzialmente parcellizzare, disgregare quella grande spina dorsale italiana che è la scuola pubblica, che deve garantire l’identica offerta formativa tant’è che noi abbiamo un titolo di studio che ha valore legale da Enna, Sondrio, identico.

Come è possibile tutto questo?

Questa possibilità è prevista attraverso la stipula di intese tra la singola regione e il governo.

Dunque ci saranno tante intese governo regione, quante saranno le regioni che vorranno accedere. Attualmente ci sono tre regioni, Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, che hanno stipulato il 28 febbraio del 2018, delle preintese con il governo Gentiloni. (Continua il prossimo mese).

Lascia una risposta

Please enter your comment!
Please enter your name here