G7 A ELMAU IN BAVIERA – È arrivata la “fine della storia” anche per la globalizzazione?

Ogni anno si riunisce il G7, il comitato dei sette paesi più industrializzati del mondo, a cui appartiene (ancora) il nostro; ogni anno in un luogo diverso, altamente turistico, scelto a rotazione come la presidenza: in Italia l’ultima volta fu a Taormina. Stavolta è di turno la Germania, ed il posto prescelto è il castello-albergo di Elmau, circondato dalle Alpi Bavaresi che, oltre a fornire una cornice pittoresca, costituiscono una barriera invalicabile per ogni presenza indesiderata, mentre vengono tenute a distanza dalle forze dell’ordine tutte le masse protestatarie che si radunano in nome della giustizia sociale, dell’ambiente, della pace, ecc. . Fin qui, nulla di particolare.

Quest’anno però questo summit dei paesi occidentali si è svolto sotto un segno diverso, e non è un caso che anche le masse protestatarie si siano notevolmente ridotte. La brutale invasione dell’Ucraina ha prodotto un radicale sconvolgimento ideologico nella testa di molti che fino ad allora vedevano negli Usa il nemico nr. 1 del genere umano. Di colpo, il mondo non appare più minacciato dal capitalismo selvaggio, ma dai potentati nazionalisti e megalomani. La sensazione è di essere giunti a un capolinea dopo il quale tocchi scendere all’autobus in aperta campagna e non si sappia bene come proseguire. Il cancelliere Scholz ha dichiarato “superato il punto di non ritorno: la situazione politica ed economica è irreversibilmente cambiata”. La guerra in Ucraina sovrasta tutte le altre questioni con la sua urgenza immediata, e manda all’aria tutti i piani riguardanti le varie crisi ambientali, economiche e politiche che l’hanno preceduta. Per prima cosa è dunque dimostrarsi tutti uniti contro la brutale aggressione russa, ed è necessario analizzare a sangue freddo i risultati effettivi delle sanzioni economiche contro la Russia che sono state finora messe in atto ed eventualmente introdurne delle altre.

L’oro del russo

Già all’inizio della riunione al vertice gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, il Giappone e il Canada hanno preannunciato il prossimo giro di vite nelle sanzioni antiputin: sarà proibita l’importazione di oro dalla Russia. Il biondo metallo costituisce il più importante prodotto d’esportazione della Russia al di fuori dell’energia: nel 2020 ne ha esportato in una quantità pari a ben 18 miliardi di euro, e gli acquirenti sono stati per il 90% proprio gli Stati del G7. I quali potrebbero benissimo rifornirsi di oro altrove, dato che la Russia ne ha solo il 5% della produzione mondiale, senza correre il pericolo di restare con i magazzini vuoti. Oltretutto l’oro non è un genere di prima necessità, è una riserva di capitale sicuro ed è indispensabile solo per costruire certi tipi di bomba atomica, ed in piccola quantità. Quindi ci meravigliamo nell’apprendere delle difficoltà frapposte, ancora una volta, dagli europei. Charles Michel, rappresentante dell’Ue assieme a Ursula von der Leyen, si è dichiarato d’accordo con la misura restrittiva, però sarebbero necessarie consultazioni fra i membri dell’Eu. Da quello che si è capito, si tratterebbe di lungaggini procedurali dovute ai meccanismi decisionali della Eu. Londra, che con la Brexit se n’è orgogliosamente affrancata, costituisce a tutt’oggi la più importante piattaforma per il commercio internazionale del prezioso metallo. Oltre a ciò Biden ha annunciato che gli Stati Uniti aumenteranno unilateralmente i dazi su 570 altri prodotti d’importazione dalla Russia, per un totale di circa 2,3 miliardi di dollari.

Politiche per il Terzo mondo

La novità più importante, però, è stata l’iniziativa del presidente americano di mettere sul tavolo ben 600 miliardi di dollari (di cui 200 dall’America, 300 dall’Europa ed il resto dal Giappone e dal Canada) da destinare ad una politica di ravvicinamento al Terzo mondo, offrendo a quei paesi un’alternativa agli ambiziosi progetti geopolitici della Cina come la “nuova via della seta”, il grandioso piano d’interconnessione euroasiatica che porta avanti da diversi anni. I cinesi hanno reagito offesi: “La Cina accoglie sempre con favore tutte le iniziative che puntano a promuovere la costruzione di infrastrutture globali” ha dichiarato un portavoce ufficiale di Pechino, “Ma ci opponiamo alla promozione di calcolo geopolitici in nome della costruzione di infrastrutture, ed alle parole e ai fatti che diffamano l’iniziativa Belt and Road”. Allo scopo di stabilire contatti sempre più stretti con i paesi in via di sviluppo erano invitati come ospiti i premier dell’India, dell’Indonesia, dell’Argentina, del Sudafrica e dell’Angola.

Sostegno incondizionato all’Ucraina

Era presente in videoconferenza anche il premier ucraino Volodymyr Zelensky che ha conferito anche a porte chiuse con il club dei 7 rinnovando le sue pressanti richieste d’aiuto. Nel frattempo i nuovi armamenti moderni sono giunti a destinazione, ma non sono ancora operativi, perché il personale militare ucraino deve venire addestrato ad usarli: cosa che sta avvenendo, in parte, in Polonia, e si prevede che entro un paio di settimane potrebbe partire la controffensiva ucraina contro i russi. I partecipanti del G7, all’unanimità, hanno assicurato che continueranno a garantire il supporto finanziario, umanitario, militare e diplomatico e che staranno al fianco dell’Ucraina finché sarà necessario. E che continueranno a coordinarsi per provvedere al materiale, addestramento, logistica, intelligence e supporto economico per istruire le forze armate ucraine. Ed hanno dichiarato rivolti verso Mosca: “Continuiamo a condannare l’aggressione brutale, non provocata, ingiustificabile contro l’Ucraina dalla Russia aiutata dalla Bielorussia” e “Continuiamo e continueremo a non riconoscere i tentativi della Russia di riscrivere i confini con la forza”.

Il premier inglese Boris Johnson ha dichiarato di proprio: “L’Ucraina può vincere e vincerà” annunciando nuovi crediti per 525 milioni di dollari. Quasi per risposta dal Cremlino, nel bel mezzo del summit è avvenuto l’attacco missilistico contro un centro commerciale nella città di Krementschuck che ha sparso il terrore facendo un numero di 18 morti finora accertato e 35 dispersi. Anche in questo caso la reazione è stata unanime: “Attacchi ingiustificati a civili innocenti sono crimini di guerra” hanno dichiarato, “il presidente Putin dovrà renderne conto”. Un colpo inaspettato è stata l’iniziativa del presidente francese Macron di rendere di dominio pubblico il contenuto della sua ultima telefonata con Putin appena 4 giorni prima che partisse l’invasione, durante la quale egli tenta disperatamente di intavolare delle trattative per salvare la pace. Ed in cui Putin gli risponde sprezzantemente di avere altro da fare, perché si trova in palestra e adesso vuol giocare a hockey su ghiaccio. Neppure Hitler si è comportato con tanto aperto disprezzo nei confronti di Francia e Inghilterra poco prima dello scoppio della II guerra mondiale.

Trappole ideologiche

Il cancelliere Scholz ha messo in guardia dal cadere nella trappola ideologica creata da Putin, che distinguerebbe l’esistenza, nella civiltà umana, di un’area culturale euroasiatica, legata a valori virtuosi, contrapposta a quella occidentale e decadente. Si tratta di una mistificazione di tipo nazistoide. Già il pensatore nazista Carl Schmitt aveva tentato in passato di suddividere ideologicamente l’atlante mondiale in potenze terragne (leggi: il Terzo Reich) e potenze oceaniche (leggi: l’Inghilterra). Stavolta il “grande pensatore” di turno si chiama Alexander Dugin e non è un puro caso che egli sia tanto apprezzato dai frequentatori di CasaPound. Ma su di questo sinistro personaggio bisognerebbe scrivere un articolo a parte.

Nella foto in alto: Il premier Mario Draghi. Foto di ©Bundesregierung/Balk

E il nostro Draghi?

Si è comportato in maniera molto più discreta, facendo piuttosto il ballerino di fila assieme ai premier giapponese e canadese, mentre Biden, Scholz, Macron e Johnson si esibivano al proscenio in acrobatici a solo e passi a due. Però non è stato solo a guardare. Ha avuto diversi incontri a due con i leader di diversi paesi, in particolar modo il presidente dell’Argentina Alberto Fernandez, nonché presidente pro tempore della Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi. Ha portato avanti la proposta d’imporre un tetto al prezzo del gas, che è realizzabile solo a patto di raccogliere un gran numero di acquirenti sotto quello stesso tetto, altrimenti è destinata a cadere nel vuoto. Perciò, secondo Draghi, è necessario che i membri del G7 combattano l’inflazione ad ogni costo, perché altrimenti c’è il rischio che l’impoverimento effettivo di molte classi sociali provochi un rafforzamento dei partiti populisti. Inoltre il nostro premier ha previsto che presto i porti ucraini verranno sbloccati e sarà possibile l’esportazione dei cereali, e che Putin non verrà alla riunione del G20 programmata per il prossimo autunno sull’isola di Bali. Infine si è dichiarato pienamente soddisfatto dall’unità d’intenti dimostrata da questa storica riunione.

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