Nella foto: Il busto di August von Platen. Foto di Rufus46 wikipedia

Il 5 dicembre 1835, spirava a Siracusa, uno dei più controversi poeti tedeschi, August von Platen

Oggi, a 185 anni dalla sua morte, le origini della sua natura “maledetta” – perché era un poeta classico per scelta ideologica, ma romantico per reazione all’ambiente sociale dell’epoca contro il suo palese omoerotismo – che lo vedono anticipare figure analoghe del secondo ottocento – da Baudelaire a Nietzsche – meritano di essere riviste non solo per giustificare le sue caratteristiche di stile apparentemente desuete. Dunque, la formazione culturale e la sua difficile relazione con la società tedesca pietista. August von Platen arriva a Würzburg dalla Baviera nell’aprile del 1818 all’età di 22 anni e l’abbandonerà dopo lo strazio d’amore non corrisposto col giovane Eduard Schmidtlein, suo compagno di studi, nell’ottobre del 1819. Noi diremmo, però, che quell’anno fece conoscenza di se stesso, tanto che lo svelamento della latente omosessualità lo attanaglierà da vivo e ne perseguiterà la figura fino al secondo dopoguerra.

Ma prima di trattare questo periodo – di cui alcune pagine del diario, pubblicato interamente solo nel 1990, ne costituiscono la fonte principale – occorre risalire al 22/10/1816, la data di inizio del suo Memorandum, cioè la rassegna di ricordi coordinati che il Poeta andò annotando e rivedendo proprio fino al 13/11/1835, ultima data prima della sua morte a Siracusa, dove l’immagine di quella città nelle sue riflessioni mancherà del tutto, diversamente che altrove. Ricordiamo allora alcuni episodi di questo periodo, non ancora tradotto in italiano, salvo le parti relative alla Sicilia che Pino Di Silvestro ha tradotto nel 1987.

Giorno dopo giorno Platen volle esprimere il percorso interiore partendo dalle sue vicende personali, la sua storia, la quale potrebbe spiegare la sua particolare natura. Nel diario troviamo lo svelamento dell’inconscio, direbbe la psicologia contemporanea. La sua fanciullezza ad Ansbach fino ai sedici anni e poi la scelta di scrivere le sue prime memorie ragionate rivolte a svelare a sé stesso la sua terribile realtà personale, che avrà ad Würzburg esiti che lo perseguiteranno per sempre. L’evoluzione della sua scrittura è il filo logico che legherà le sue prime annotazioni che diventarono non più semplice cronaca, come avvenne per il suo primo viaggio in Svizzera nel 1813; quanto e piuttosto assunsero carattere di confessione personale nel biennio 1814-1815. Si pensi al periodo di prima uscita dall’oppressione familiare, quasi una fuga verso l’Accademia dei Giovani Paggi Reali a Monaco. Come lui dice nel diario, era il tempo dello studio dell’inglese, dei primi amori e dei primi turbamenti, quando guardava con attenzione i primi due compagni Jacob e von Xylander, dai quali ben presto dovette separarsi perché i suoi atteggiamenti lo isolavano dal sentire sociale.

Ma è di questo periodo lo stupefacente e unico amore presente nel diario per una donna: “ebbi l’occasione di incontrare la figlia della marchesa Eufraste von Boisseton, una emigrata francese, che molto sensibilmente mi colpì. Questo sentimento che mi spinse verso di lei, era forse un bisogno d’amore e di essere amato? Certamente, furono le sue forme a impressionarmi, proprio perché io non ero ben messo, mentre lei era assai piacente e amabile, quasi una zarina…… fu una infatuazione! Che sfumò a poco a poco come una candela. Fu un amore non corrisposto. Fu per lei una semplice conoscenza, molto lontano da un uomo da amare. A questa mia prima illusione seguì la scelta di proseguire la carriera militare…”

Questa conclusione ci fa capire la vera genesi del Diario, cioè una serie di impressioni personali successivamente rivisitate e revisionate, miste e rilette, modello letterario che già i due dioscuri della letteratura tedesca dell’epoca, Goethe e Schiller avevano proposto in più occasioni, riadattando le loro esperienze dopo averle vissute e maturate nella loro vita privata (si pensi alle varie stesure del viaggio in Italia di Goethe e al dramma Don Carlos di Schiller). Una frase di Platen poco dopo l’esperienza della marchesina ne rileva il metodo:”solo chi mi conosce mi può capire”. Infine, va segnalata un’esperienza prodromica alle vicende di Würzburg. Scrive il 12/11/1814 all’accademia di Monaco: “mi è appena apparso l’amore, come quando in un concerto si ode all’improvviso il suono del flauto in mezzo agli archi. Un giovane ufficiale di reggimento, Friedrich von Brandenstein, deliziò la mia vista. Da allora ci fu un lungo sentimento d’amore, che però egli stesso troncò e che mi lacerò l’anima. Così fortemente mi depressi e feci una scelta definitiva, darmi alla poesia per sanare le ferite del cuore. Da allora cerco di riguadagnare quel favore che non riesco ad avere…”

Sembra questo un caso di sublimazione, come ebbe a dire quasi un secolo dopo Freud, nelle sue lezioni di psicologia rivolte ad uno dei primi curatori del diario, vale a dire L. V. Scheffler, che lo fece pubblicare in parte a Stoccarda fra il 1896 e 1900, anni cruciali dove il pensiero freudiano spiegava la strana natura di diversi personaggi della cultura tedesca, primo fra tutti lo stesso Platen. In particolare, Freud segnalava come per “sublimazione” si intendeva la trasformazione di impulsi istintivi primitivi, specialmente sessuali, rivolti a livelli culturali superiori e socialmente accettabili, come quelli artistici. Ciò integrava un processo prevalentemente inconscio, che si rifletteva nella sfera creativa. Un’ultima segnalazione. Nondimeno le precedenti citazioni del diario esprimono la scelta letteraria di trasferire le annotazioni quotidiane in un vero e proprio dialogo con se stesso, completo di nuove osservazioni che in un secondo momento, anche lontano dall’evento, vengono razionalmente riprese anche là dove sono state interrotte.

Codesto metodo Platen lo trasse dalle sue letture classiche, Omero, Virgilio, Luciano Tito Livio, Tacito, ma anche condito di citazioni più recenti, per esempio Cervantes, Shakespeare, Calderon e il nostro Alfieri. Ma non mancano le forme romantiche, i riferimenti astrologici e gli amori, come lo stesso Leopardi manifesterà nello “Zibaldone di pensieri”, il cui metodo espositivo ci pare molto simile a quello del Platen. A Würzburg si era sviluppata una nuova e lunga illusione d’amore per lo studente Eduard Schmidtlein come lo mostrano tante pagine nel diario dedicato all’amico. Cosciente di una fine indispensabile per tale relazione, von Platen va ad Iphofen per staccarsi da lui. Scrisse una poesia d’amore dedicata ad Eduard e gliela spedisce a Würzburg, dichiarandogli che ora per lui l’amore è finito. Ma Eduard distrusse con violenza la lettera e quindi non la si può più recuperare. Però abbiamo una sua risposta alquanto velenosa: “egregio Conte, ho ricevuto la sua missiva che per me è un’ingiuria e dunque le rispondo a stretto giro di posta che mai e poi mai le ho corrisposto in alcun modo. Anzi insisto nel chiarire che disprezzo ogni sua voglia così deprecabile e che giammai l’ho sollecitata. Non ho mai letto poesie così scandalose e ambigue, né accetto che mi sia inviata per rompere un rapporto siffatto mai avuto. Piuttosto questa lettera mia ha dimostrato che lei possiede una sordida concezione della realtà ormai del tutto contaminata”.

Colpito da tale reazione Platen decise di andare via da Würzburg, ripetendo la fuga dall’accademia di Monaco. Quindi un secondo approdo a Erlangen, con le medesime sofferenze della perdita dell’amico e gli infruttuosi tentativi di trovare un nuovo amore. Cresceva in lui la coscienza di vivere in una difficile morsa, che lo porterà a percorrere vie dolorosissime nella società tedesca dell’epoca, situazione che sfocerà nella polemica contro Heine. che in risposta lo maltratterà con strali sprezzanti ed omofobi nel poema “I bagni di Lucca”. Poi le sue brevi fughe in Italia, fino a fuggire sempre più a sud, prima Napoli, poi Palermo e infine Siracusa.

Susciterà litigi e polemiche, benché ipocritamente la stessa società letteraria tedesca non potrà non plaudire di fronte alle sue opere poetiche, sia quando si rifece alle forme classiche sia quando si avvicinò nell’ultima parte del suo pensiero alle ispirazioni liberali, cui aderì con un formidabile contenuto romantico ben presente nei “Polenlieder”. Il conflitto interiore che lo aveva consunto in patria, andò via via a scemare man mano che visse in Italia. Il segnale di tale oscillazione è l’avanzare di una forma nuova di rassegnazione alla vita particolare che lo animava. Lo si trova appunto nelle sofisticate e prolisse confessioni, rivedute e corrette con insistenza nella seconda parte del diario, a fare da spia fra le righe delle lettere che spediva a tutti i parenti e gli amici, soprattutto fra il 1829 e il 1835, peraltro legate a quella parte del diario che venne alla luce solo nel 1900. Proprio a Erlangen fino al 1826, sotto la guida del vecchio maestro di Würzburg, il grande filosofo Friedrich Schelling, Platen riprese vigore intellettuale, sulla base della tolleranza di quell’ambiente molto meno diffidente della società bavarese. Approfittò in quegli anni, nei momenti di riposo dei suoi intensi studi classici di dottorato, di incontrare i maggiori letterati dell’epoca: J. Paul a Bayreuth, Jacob Grimm a Kassel, a Jena il Goethe, che poco prima aveva dato alle stampe l’intero Faust. Se il primo fu freddo e l’ultimo alquanto ironico, Jacob Grimm fu il più entusiasta. Nel 1821, dopo una sosta a Hannover – sulle cui ragioni il diario è silenzioso forse perché lì ebbe qualche soddisfazione il suo maledetto sfogo – a Kassel ricevette dal Grimm un sincero elogio. Alla lettura della “Pantofola di vetro”, una delle sue commedie neoclassiche, Jacob la lodò come la migliore di tutte le fiabe in stile francese che fino ad allora avesse mai letto, non priva di qualche accenno romantico per qualche filo di ironia. Platen annotò tale apprezzamento nel diario e sperò che il successivo incontro con Goethe si ripetesse con successo. Fu un’altra delusione perché l’olimpico Wolfgang non riuscì a capire perché le pur lodate belle forme poetiche mancassero di quella linfa d’amore eterosessuale di cui lui era stato il cantore. Purtroppo la tragedia psicologica di August stava in quella presunta carenza. E da allora inizierà la sua maturità. La lunga permanenza in Italia (1824 – 1835) e il non casuale incontro a Napoli con il Leopardi, anch’egli esule a sud alla ricerca di un anima forse meno melanconica, lo riformeranno nel solco della definitiva sincerità col mondo prima che non con se stesso.

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