Intervista di Pasquale Marino, conduttore del programma radiofonico “Mezz’Ora Italiana“ a Tommaso Conte, membro del Comitato di Presidenza del CGIE, sulla crisi degli Enti Gestori dei corsi di Lingua e cultura Italiana
Non si contano più gli S.O.S. lanciati dagli Enti Gestori dei corsi di lingua e cultura italiana a favore dei giovani all’estero. Cosa succede?
Succede che a fronte di un diritto degli italiani all’estero di ricevere per i propri figli un insegnamento regolare, programmato e sicuro della nostra lingua, si registra un distacco e una freddezza istituzionale a dir poco scoraggiante.
Distacco e freddezza?
Così ci viene riferito da numerose persone impegnate, anima e corpo, in questo importante servizio didattico svolto per conto dello Stato. Non dimentichiamo che l’istruzione è un diritto del cittadino senza distinzione se in Italia o all’estero. Ebbene, invece di sostenere, accompagnare ed essere grato per questo difficile servizio, negli ultimi anni si registrano da parte del competente Ministero posizioni rigidissime, inflessibili, eccessive, senza distinzione tra molteplici e specifiche realtà sparse in tutto il mondo.
Può fare qualche esempio ai nostri lettori?
Sono tre i fattori allarmanti. Innanzitutto i tagli dei contributi agli Enti fino al quaranta per cento negli ultimi anni. Segue un’esasperante burocratizzazione delle richieste di contributo che è percepita dai richiedenti come vera e propria ”vessazione burocratica“. Non per ultimo, i gravi ritardi nel versamento dei contributi, che siano anticipi o saldi, che mettono in pericolo l’esistenza degli Enti Gestori. Si consideri che i ritardi nel versamento dei fondi provocano passivi sui conti bancari di questi Enti, i quali si vedono costretti a coprirli con onerosi anticipi bancari e che ora, con le nuove norme, sono a loro totale carico. Soldi che servono per pagare le spese correnti come affitti, stipendi agli insegnanti, acqua, luce e gas. L’ultima trovata ministeriale è di ridurre ulteriormente gli anticipi all’inizio dell’anno scolastico, ciò che costringe gli Enti ad esporsi ulteriormente con le banche e a peggiorare la loro situazione debitoria. Soldi che vanno quindi alle banche e non a favore dei nostri giovani.
Si può parlare quindi di un cambiamento della politica Ministeriale verso questo tipo di servizio?
I segnali in tal senso sono forti e molteplici. Con il cambio di competenza della gestione di questo capitolo di bilancio ministeriale, dalla Direzione generale per gli italiani all’estero alla Direzione generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale, l’insegnamento dell’italiano ai figli della nostra gente all’estero è passato dalla politica per l’emigrazione ad una mera gestione burocratica nella generica promozione culturale. L’insegnamento dell’italiano ai figli degli italiani all’estero è però, a mio avviso, un servizio ai cittadini e non può essere gestito come il centenario della morte di un poeta, come la settimana della Cucina italiana nel mondo o come l’ennesima Fiera del libro. Un servizio impiantato con il principio della sussidiarietà non può diventare un’offerta di vago arricchimento per ambienti acculturati.
E allora?
E allora faremo quello per il quale siamo stati eletti nel Cgie. Cercheremo innanzitutto di attirare l’attenzione del nostro Presidente, che è il Ministro per gli Affari Esteri e per la Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, sulla questione. Poi, con il nostro Segretario generale Michele Schiavone, elaboreremo un documento con proposte di miglioramento.
Per esempio?
Per esempio con l’accorciamento della catena burocratica, dando maggiori facoltà ai consoli nello svolgimento del loro compito di vigilanza e con il reintrego di questo capitolo di bilancio alla Direzione generale degli italiani all’estero. Segue poi la richiesta di cambiamento dell’ottica su questo servizio, da intendersi come servizio a una comunità italiana all’estero in crescente aumento con il riconoscimento, una volta e per tutte, degli Enti Gestori come unità ausiliare dello Stato nel servizio di istruzione della gioventù italiana all’estero. Servizio per conto dello Stato e non “passatempo culturale“. Chiederemo anche severi controlli sulla gestione dei fondi e sulla loro reale necessità, eliminando sprechi e incrementando gli investimenti a favore dell’insegnamento della lingua italiana ove necessario e richiesto. Dobbiamo comprendere che il giovane che impara oggi l’italiano sarà il futuro imprenditore, che sceglierà l’Italia per i suoi capitali, sarà il futuro turista, che porta denaro al nostro Paese, sarà il futuro importatore del Made in Italy e moltiplicatore del maggiore capitale a nostra disposizione: l’Italianità.