Foto simbolica. Foto di ©Arek Socha auf Pixabay

È di qualche settima fa la notizia della guarigione, con l’utilizzazione di batteriofagi, di una donna affetta da ferite infette croniche in seguito a lesioni traumatiche subite negli anni precedenti e sopravvenute infezioni generalizzate sia batteriche che fungine. Qualsiasi tentativo terapeutico, sia chirurgico sia medicamentoso si era rivelato sia insufficiente che inefficace

Il caso clinico descritto si era verificato in un ospedale belga e precisamente nell’Erasmus- Hospital di Brussel. La paziente era riuscita a superare, tra le altre cose, uno schock settico e una diffusa infezione da funghi. Soltanto la frattura ossea del femore, stabilizzata tramite osteosintesi, non guariva. Ripetute analisi batteriologiche con annessi antibiogrammi rilevavano la presenza di germi multiresistenti agli antibiotici. Nel caso specifico: Klebsiella pneumoniae. Ma numerosi altri batteri sono resistenti agli antibiotici sinora sviluppati e che causano infezioni croniche che portano allo scompenso dell’organismo ed anche alla morte.

L’allora dottoressa responsabile Anais Eskenazi, non demordendo e in cerca di qualsiasi tentativo risolutivo, fece uso di una tecnica terapeutica non tanto apprezzata dalla medicina moderna ma storicamente nota negli ambienti della ricerca scientifica medico-clinica.

Vale a dire l’uso di virus mangia-batteri=batteriofagi.

A dire il vero questa tecnica e nota e documentata da oltre un secolo. I batteriofagi sono virus ubiquitari, si trovano ovunque in natura ed in grado di distruggere i batteri.

In paesi come la Russia, la Georgia e la Polonia, l’uso di questa tecnica esiste da oltre cent’anni. Al contrario nelle società scientifiche occidentali sussiste un diffuso scetticismo sull’uso di un tale approccio terapeutico sicuramente legato alla non corretta applicazione pratica ed anche alla, forse, impegnativa selezione di quei virus che sono realmente capaci di aggredire e di annientare i batteri. Comunque la facile prescrizione di antibiotici porterà sempre di più allo sviluppo di batteri multiresistenti (MRSA) che, prima o poi, dovranno richiedere l’utilizzazione dei batteriofagi.

Come agiscono i batteriofagi?

Il materiale genetico del virus, in questo caso chiamato anche Fago, viene inoculato dentro la cellula batterica dopo che il Fago si è attaccato al batterio tramite agganci che gli permettono di ancorarsi saldamente alla parete stessa.

Cosa succede all’interno del batterio?

Appena il genoma del virus, DNA o RNA, è dentro la cellula batterica, si possono verificare due modalità di sviluppo o moltiplicazione dello stesso. La prima possibilità e quella di utilizzare tutta la struttura apparativa ed energetica del batterio per replicare se stesso fino a che il numero e cosi elevato da far scoppiare la cellula batterica e continuare il suo percorso infettando altri batteri, Questa modalità viene definita litica, cioè il virus moltiplicandosi fa letteralmente esplodere il batterio.

La seconda modalità, definita lisogena, non distrugge subito il batterio ma permette al materiale genomico del virus di integrarsi con quello del batterio replicandosi col batterio stesso. Accade, però che in determinate fasi del ciclo vitale del batterio il virus si stacca da quello del batterio e lo uccide. I virus sono quindi opportunisti e cosi sopravvivono da milioni di anni sul pianeta terra.

Recenti studi sull’ambiente, con l’uso di sofisticati strumenti High-Tech, hanno dimostrato che ci sono oltre 10 miliardi di virus in un litro di acqua marina che esseri umani sulla terra.

C’è ancora molto da scoprire sui virus. Sono sulla terra da oltre 3,8 miliardi di anni.

Si trovano e vivono anche nel nostro apparato intestinale, vivono con noi, digeriscono per noi e lavorano quindi per noi. Con molta probabilità sono stati e saranno i promotori di processi evoluzionistici adattativi nei corso di cambiamenti climatici sia passati che futuri.

Nulla si può escludere

Intanto incominciano ad aumentare le ricerche dedicate proprio allo studio sistematico sui batteriofagi per la lotta contro le infezioni batteriche. Un primo simposio sui batteriofagi ha avuto luogo presso l’Universitá di Hohenheim in Germania diretto dal Dr. Wolfgang Beyer, specialista in Microbiologia, ma altri studi sono in corso in tutto il mondo occidentale. A mio avviso, è d’interesse generale approfondire la materia sotto supervisione statale, senza fine di lucro, per il bene dell’ umanità. Non viene esclusa la possibilità di adattare l’uso dei batteriofagi anche contro la lotta alle cellule tumorali umane come lo fu l’uso della penicillina contro le infezioni batteriche. Non tutti i virus, quindi, sono necessariamente deleteri. Bisogna imparare a conviverci e a condividere lo spazio in cui viviamo conoscendoli meglio.

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