Arcidiocesi Paderborn e comunità cattoliche

Nell’arcidiocesi di Paderborn i cattolici di altra madrelingua sono 248.208 e costituiscono il 17,24% dei cattolici totali (1,44 milioni, 2021), con un aumento dell’1,42% rispetto al 2015 dove erano 245.026 (15,82% del totale). Ciò significa che quasi un cattolico su sei nell’arcidiocesi di Paderborn è una persona con un background internazionale. Come mostra il grafico a fianco la maggioranza dei cattolici di altra madre lingua possiede il passaporto tedesco, ossia ha la doppia cittadinanza: 138.908 (56%) contro 109.300 (44%) senza passaporto tedesco.

Le comunità di altra madrelingua sono 24, parlano 14 lingue e vengono da 50 paesi al mondo. Di queste 24, 12 sono del tipo missio cum cura animarum (vedi box). Nell’arcidiocesi di Paderborn l’offerta liturgica, pastorale e caritativo-sociale si articola in 63 punti.

©CdI

La Chiesa è plasmata dalla migrazione come la società tedesca è plasmata dalle esperienze migratorie: un buon quarto della popolazione ha un “background migratorio” o persone con un background internazionale. Così, anche la chiesa è diversa e le storie di vita di molti pastori e parrocchiani sono biografie di migrazione. La migrazione infine non diminuirà in futuro, ma anzi aumenterà

I cattolici italiani sono 33.319 secondi per numero alla comunità polacca (135.100), seguono portoghesi, croati, spagnoli, africani e altri. Attualmente sono quattro le missioni italiane, quindi missio cum cura animarum: Paderborn (parroco don Marcin Tadrzak); Lippstadt (parroco don Marwan Youssuf); Dortmund (parroco don Eugene Nihigena); Arnsberg (parroco don Marco D’Orio)

Un po’di storia

1977 – 1980: fondazione delle missioni e stesura di regolamenti nell’arcidiocesi di Pb. Fin dall’origine, l’allora cosiddetto “lavoro con gli stranieri” fu concepito come “luogo socio-pastorale”.

1995 – 2013 Abbandono del modello “missioni” ma il riadattamento nei distretti della pastorale delle comunità di altre lingue madri non ha avuto luogo.

La “pastorale degli stranieri” è stata a lungo sotto il segno della provvisorietà (cfr. DBK 2003, 6). Le comunità e il personale erano visti come ospiti, tollerati e trattati come tali. C’era l’idea, perché veniva comunicata in questo modo, che le comunità avrebbero potuto essere presto sciolte. “Le comunità in lingua straniera diventano nel tempo molto complesse; non hanno avuto solamente compito temporaneo, ma rimangono una necessità se si vuole che la Chiesa rimanga al fianco del popolo”. (DBK 2003, 6)

Questa pluralità è un arricchimento per la società e per la Chiesa per questo sono state fondate comunità di altra lingua e cultura e rito per “sentirsi a casa” in Germania attraverso l’assistenza e la comunione nella propria lingua madre; per poter coltivare le proprie tradizioni e riti di fede e le proprie radici culturali; per un ulteriore sviluppo della propria identità nella tensione tra le proprie radici culturali e le culture del nuovo Paese e del nuovo ambiente di vita. In questo modo la Chiesa consente e dà forma alla comunione ecclesiale sotto l’egida della pluralità e dell’interculturalità. Questo si realizza grazie allo sviluppo di una consapevolezza del multiculturalismo, dell’interculturalismo e del transculturalismo e per mezzo della cooperazione a lungo termine con le comunità territoriali in un dialogo fra pari.

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