I quotidiani e la televisione hanno reso noto che, nello scorso ottobre, a Vaprio d’Adda (Milano), tre ladri di origine romena avrebbero tentato di effettuare un furto nella villetta del sessantacinquenne Francesco Sicignano che vi abita con la sua famiglia, (moglie e, al piano superiore, figlio, nuora e nipotino).
Il pensionato, nella notte, sente dei rumori, impugna la pistola regolarmente detenuta ed esce dalla camera da letto. Nel corridoio si trova davanti un uomo, Gjergi Gjonj, che cerca violentemente di bloccarlo. Sicignano, ovviamente, non sa se sia armato, ma, per difendere i familiari, spara e lo uccide. Poi esce, vede gli altri due che aspettano fuori e tira qualche colpo in aria per farli andar via.
Una legittima difesa dei propri beni e della famiglia?
No, per il Pm di Milano, Antonio Pastore, il quale ritiene che l’autore debba essere processato e magari condannato per omicidio, prima valutato “colposo”, poi definito “volontario”, in quanto, dalle indagini effettuate insieme al Procuratore aggiunto, Alberto Nobili, risulta che le macchie di sangue, trovate sulle scale esterne, confermerebbero l’ipotesi che il rapinatore stesse già per andarsene insieme ai 2 complici.
Se ritenuto colpevole, Sicignano può essere condannato a 21 anni di galera o all’ergastolo.
L’ipotesi accusatoria ha sconvolto l’opinione pubblica, suscitato polemiche, dato origine ad una fiaccolata di sostegno al pensionato e fatto rilevare, da molti giornalisti, l’inadeguatezza di un sistema giudiziario che “non considera colpevoli i ladri, bensì vittime di una società capitalista che vuole, a tutti i costi, difendere la propria proprietà”. Critiche notevoli e talmente diffuse da spingere il Pm Nobili, a ritenere possibile, a dispetto di “alcune incongruenze”, che possa essere vero quanto affermato dall’involontario assassino, cioè che il ferito sarebbe uscito di casa e morto poi sulle scale.
Sicignano si dichiara rammaricato di quanto successo ad “un ragazzo di 22 anni” che, tuttavia, era stato già condannato per reati contro il patrimonio, espulso, dopo la scarcerazione, dal territorio nazionale dove, però, era rientrato illegalmente e, magari, compiuto altri furti. È amareggiato, il pensionato, ma convinto di essere stato obbligato a sparare a causa del degrado dei costumi che lo hanno spinto “dal 2008 a dormire con la pistola sul comodino” mentre prima “dormivamo con le porte e le fi-nestre aperte”.
In effetti, negli ultimi anni sono aumentati le ruberie ed i tentativi di rapine che spesso hanno provocato morti o feriti.
Come successo a Civè di Correzzola, nel Padovano, ove il tabaccaio Franco Birolo uccise, nel 2012, un ladro che, nel cuore della notte, si era introdotto nel suo negozio. Nel 2006 Ermes Mattielli, lavoratore inabile di 63 anni con una pensione di 120 euro al mese, ferì due nomadi entrati nella sua azienda di Arsero, per portargli via il rame. Una legittima difesa dei propri beni, necessaria soprattutto in tempi di crisi economica, che però la Magistratura, anche per effetto delle leggi vigenti in materia, punì. Infatti fu condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione per duplice tentato omicidio e a risarcire con 135mila euro i 2 rom che, probabilmente, andranno a vivere nella casa di Ermes, pochi giorni fa morto di crepacuore in totale miseria. È deceduta anche l’84enne Cloe Covoni che il 6 novembre scorso, insieme alla nuora Maria Humeiuc, era stata aggredita e picchiata con pugni e calci da due ladri romeni nella loro casa in provincia di Ferrara. Dove, nei mesi precedenti, era già stato ucciso il pensionato Pierluigi Tartari.
A gennaio di quest’anno, sempre a Vaprio d’Adda, il 66enne benzinaio Graziano Stacchio, nel tentativo di mettere in fuga il rapinatore che stava cercando di entrare nella vicina gioielleria, gli aveva sparato con la pistola regolarmente detenuta, uccidendolo. Motivo per cui è tuttora sotto processo, benché protetto da guardie in quanto minacciato dai familiari del deceduto.
C’è veramente da chiedersi se non sia “folle criminalizzare chi detiene legalmente… un’arma”, come ha detto Matteo Salvini, segretario della Lega che, un anno fa, aveva presentato un disegno di legge per abolire il reato di eccesso di legittima difesa, crimine, prima del 2006, ritenuto non punibile, se “necessario… e proporzionale all’offesa”, cioè alla minaccia ad una persona, poi ammesso anche per difendere “i beni propri o altrui”, come, del resto, riconosciuto in Germania, Olanda, Spagna, e richiesto, ma non ancora approvato in Svizzera.
Ovvio che tocchi ai Magistrati valutare caso per caso, purché lo facciano con competenza e, soprattutto, con obiettività. Cosa che, in Italia, spesso non succede, a giudicare da alcune loro prese di posizione dettate più da opinioni politiche che dalla realtà dei fatti.
In effetti, è giusto condannare chi uccide per “eccesso di legittima difesa”, però iniquo tutelare i rapinatori, a danno di chi è costretto a difendersi da solo. Perché i Comandamenti ordinano di non uccidere, ma anche di non rubare.