Gentile Direttore, ritengo doveroso formulare alcune considerazioni in relazione all’articolo intitolato “Mamma mia! Devo andare al consolato!”, pubblicato nel numero di settembre 2013 del Corriere d’Italia, dal quale emerge a mio avviso una rappresentazione parziale dell’operato della rete consolare italiana in Germania.
L’articolo chiama in causa un problema serio, ovvero quello delle criticità connesse all’aumento delle richieste di servizi consolari da parte di una “utenza” fissa di oltre 670.000 connazionali residenti, cui vanno aggiunte svariate migliaia di altri potenziali utenti temporaneamente soggiornati in Germania, principalmente per turismo o per motivi di lavoro e di studio, a fronte di una diminuzione di risorse umane e di bilancio del Ministero degli Esteri e dei suoi Uffici nel mondo, ivi inclusi quelli operanti in territorio tedesco.
È quindi un problema oggettivo, basato su dati di fatto innegabili, quali da un lato la crescente mobilità intraeuropea e dall’altro i vincoli più stringenti di contenimento della spesa pubblica. Consapevoli di queste criticità, abbiamo da tempo coinvolto le istanze della collettività italiana in Germania in un dialogo costante e responsabile, avendo fiducia nell’apporto costruttivo di Comites e Cgie. Proprio alla luce della serietà della questione, ritengo però quantomeno riduttivo affrontarla con toni semplicistici o persino caricaturali, diffondendo l’immagine distorta di Uffici consolari nei quali risulterebbe impossibile persino ottenere le informazioni di base o indugiando in qualche facile sull’ironia sull’offerta di servizi e informazioni a distanza, attraverso gli strumenti informatici.
L’opzione “digitale” deve essere sicuramente potenziata e migliorata, ma non può essere trascurato il fatto che essa risponde tra l’altro anche all’esigenza di raggiungere una platea più ampia di utenti pur a fronte della riduzione di risorse sopra accennata. Per quanto attiene in particolare alla qualità dei servizi consolari, segnalo che tra l’1 marzo e il 31 maggio di quest’anno la rete consolare in Germania ha effettuato un’indagine per la valutazione dei servizi consolari , promossa da questa Ambasciata di concerto con Cgie e Comites; dall’analisi dei dati aggregati a livello federale emerge un bilancio ampiamente positivo sia sull’operato dei Consolati sia sul collegato livello di soddisfazione degli utenti che si rivolgono agli Uffici.
Su 667 questionari compilati su base volontaria (a tutti gli utenti recatisi negli Uffici consolari nel periodo di riferimento è stata offerta la possibilità di partecipare all’iniziativa), ben il 78% degli utenti si ritiene soddisfatto per la qualità dei servizi offerti dalla rete consolare in Germania e si registrano in prevalenza valutazioni positive in merito alla cortesia e alla professionalità del personale. Un campione di circa 1 connazionale su 1.000 residenti in Germania, frutto di una adesione volontaria da parte degli utenti, non ha la pretesa di veridicità statistica.
Si tratta soltanto di un segnale incoraggiante, che non ci induce ad adagiarci sugli allori ma che indica per fortuna quantomeno un quadro meno disastroso di quello rappresentato nell’articolo in questione. Merita una precisazione anche l’affermazione dell’articolo circa il mancato inserimento nella maggioranza dei siti degli Uffici consolari del “Messaggio del Console”. Contrariamente a quanto riportato, alla data di pubblicazione del Corriere d’Italia, sette Uffici consolari su otto hanno pubblicato il messaggio del Console, rivolto anche e soprattutto ai nostri connazionali.
Una rappresentazione superficialmente denigratoria degli Uffici all’estero della Repubblica Italiana e del personale che vi presta quotidianamente servizio, con serietà ed abnegazione, rischia paradossalmente proprio di alimentare quel clima di contrapposizione ed incomprensione tra utenza ed Uffici paventato nell’articolo, una dinamica che evidentemente nessuno che nutra almeno un minimo di attaccamento allo Stato italiano potrebbe ragionevolmente auspicare.
Sono sicuro che, nell’ambito dei rispettivi ruoli, servitori dello Stato da un lato ed operatori dell’informazione giustamente dediti anche ad una azione di critica e di stimolo nei confronti delle istituzioni dall’altro, possiamo convergere su questo comune denominatore di rispetto per gli Uffici all’estero della Repubblica Italiana e di equilibrio nel descriverne le innegabili criticità, senza però cadere in un qualunquismo distruttivo che non giova all’immagine del nostro Paese né tantomeno ai nostri connazionali all’estero.
Fiducioso che vorrà dare tempestivamente spazio a queste mie brevi considerazioni, anche al fine di offrire alla folta collettività in Germania un quadro informativo più completo e articolato, invio a Lei e alla redazione i migliori auguri di buon lavoro.
Elio Menzione, Ambasciatore d’Italia in Germania

Caro Ambasciatore, noi accettiamo il rischio, ma i servizi consolari mi sembrano mediamente infami!

Gentile Ambasciatore, La ringrazio intanto di averci cortesemente inviato la Sua opinione sul nostro articolo. Questo denota un interesse nei confronti dei connazionali emigrati che non tutti dalla Sua posizione hanno avuto. Detto questo, entriamo in argomento.
Lei dice che ci sono problemi oggettivi dovuta alla „crescente mobilità intraeuropea e dall’altro i vincoli più stringenti di contenimento della spesa pubblica“. Per quello che riguarda la crescente mobilità intraeuropea, noi lo diciamo da anni. Abbiamo diecine di migliaia di nuovi arrivi fatti in parte da giovani disperati. Alcuni di essi vengono anche al giornale, mandati dal Consolato. Chiedono lavoro, anche umile; dormono in macchina, sono sporchi, mandano cattivi odori. In tanti anni di mestiere non avevo mai visto niente del genere. Noi non possiamo fare altro che offrire un piatto di pasta dalla nostra cucina, ed una tazza di caffé. Poi li mandiamo a nostra volta alla Missione cattolica o al centro Acli.
Di fronte a questa „crescente mobilità intraeuropea“, come la chiama Lei, l’Amministrazione ha deciso di chiudere diecine di Consolati. Arrivano a raffica dichiarazioni di politici (l’ultima è di stamattina per bocca del sottosegretario addetto).
Lei chiama poi in causa i „vincoli di contenimento della spesa pubblica“. Certo, tutti hanno il dovere di risparmiare. Ma si è davvero risparmiato chiudendo? In Germania sono state chiuse definitivamente due sedi consolari: Amburgo e Mannheim. In entrambi i casi non si è risparmiato un euro. Il personale non è (giustamente) stato licenziato. Per ciò che riguarda le sedi, quella di Amburgo è di proprietà dello Stato, mentre la città di Mannheim era pronta a mettere a disposizione gratuitamente un immobile per i servizi agli italiani. Quindi, se non negli affitti e nel personale, mi spieghi dove si è risparmiato. Però, in compenso, si sono tagliati brutalmente i servizi, ed oggi i connazionali sono costretti a fare centinaia di chilometri per raggiungere un posto qualsiasi dove ricevere un servizio.
Aggiungo che, per ciò che mi riguarda, personalmente preferirei meno Consoli e più servizi e in questo confortato dall’opinione dell’Intercomites, di cui, quale membro Cgie, faccio parte. Anche lei cita l’Intercomites, alludendo a lodevoli tentativi di collaborazione. Altrove è stato ripreso il documento finale Intercomites, nella sua recente riunione di Hannover, che chiede la riapertura del servizi consolari chiusi.
Lei dice infine che, da indagini effettuate, sia pur con rilevamento molto parziale, il 78% degli utenti si ritiene soddisfatto dei servizi consolari. Si vede allora che io vivo sulla luna, perché da quello che risulta a me, il numero di coloro che sono soddisfatti dei servizi consolari si avvicina molto allo zero. La prossima indagine provi a farla tra gli italiani di Amburgo o tra quelli di Mannheim, che fanno centinaia di chilomentri per avere un servizio di cui hanno diritto dopo che inutilmente è stata chiusa la loro sede. Provi a farla tra tutti coloro che fanno le file per ore di fronte ad uno sportello. E Lei sa che al consolato bisogna andarci sempre, sia che si faccia un passaporto, sia che si faccia una carta d’identità.
Ma torniamo un attimo a queste nuove migrazioni. Mi domando se la rete consolare, in particolare in Germania, dove i nuovi arrivi sono particolarmente numerosi, si sia posta il problema e cerchi di trovare una qualche soluzione, almeno per l’emergenza. Poco fa la mia collega è andata al negozio di sotto (Penny) per comprare qualcosa. Ha trovato un italiano che non conosceva la lingua tedesca, il quale, per mangiare, aveva a disposizione un buono per la spesa di 20 euro datogli dal Job-Center di Francoforte. Questo connazionale, immagino, si sarà rivolto prima al Consolato!
E che ne dice, poi, della insopportabile maleducazione con la quale vengono spesso trattati i connazionali? Non voglio essere catastrofico, caro Ambasciatore. Però la situazione mi pare drammatica. Anche il Paese versa in una situazione finanziaria drammatica. Si tagliano tutte le spese. Fuori che le pensioni d’oro, gli stipendi d’oro e le indennità d’oro dei grandi Commis di Stato, compresi i diplomatici. Con questo spero di avere contribuito ad un „quadro informativo più completo ed articolato“ come Lei lo chiama.
Ps. Per quello che riguarda i messaggi dei consoli, non vorrei sembrarLe troppo antipatico, caro Ambasciatore, ma giurerei che questi sono comparsi dopo che l’articolo era stato pubblicato, e non prima! (Mauro Montanari)