L’incontro tra le massime istituzioni di Italia e Germania, che ha avuto luogo nel dicembre scorso a Torino alla presenza, tra gli altri, del sindaco Fassino, è stato di una importanza che va al di là della celebrazione istituzionale. I rapporti tra i due Paesi, all’interno dell’Europa, sono tradizionalmente buoni, anche perché Italia e Germania sono tra i Paesi fondatori dell’Unione Europea. Tuttavia, negli ultimi anni, i due Paesi hanno reagito in maniera molto diversa alla crisi economica, ed hanno sviluppato strategie altrettanto diverse per uscirne. L’incontro è stato quindi una occasione per ragionare anche su queste strategie. O, almeno, lo è stato da parte italiana più che da parte tedesca.
Questo impatto lo si vede molto bene se si rilegge il discorso introduttivo di Napolitano. Che ha un impatto molto più legato all’attualità rispetto a quello del suo corrispettivo Gauck.
Napolitano, in questi ultimi anni, ha assunto un ruolo centrale nella politica italiana. Spesso è stato il baluardo più efficace contro il montare del populismo, quando la politica ordinaria non dava risposte adeguate agli elettori. Attraverso il suo mandato, il ruolo di presidente della Repubblica si è rafforzato. Ma anche sul piano europeo, Napolitano ha di fatto –spesso- imposto la sua visione delle cose, che quella di una Europa che supera i nazionalismi e cresce insieme. Anche nell’incontro torinese, Napolitano non si è smentito.
Di Fronte a Gauck, che per il suo ruolo rappresenta una Germania attenta più ad una politica di controllo del debito che al rilancio dell’economia, Napolitano ha detto la sua.  “Credo che condividiamo tutti la drammatica priorità del cercare risposte al problema della disoccupazione, e specialmente di quella giovanile, che fa tutt’uno con interrogativi assillanti sul futuro delle nuove generazioni”. –ha sostenuto. Ha aggiunto poi: “L’impegno è quello di sconfiggere la recessione, scongiurare la deflazione, adottare misure idonee a rilanciare la crescita ponendola su basi di maggiore produttività e competitività delle nostre economie”. Parole che lasciano pochi dubbi, anche se naturalmente “senza trascurare – come egualmente sembra da tutti riconoscersi – la prospettiva del riequilibrio e risanamento delle nostre finanze pubbliche, dei nostri bilanci”.
Insomma, Napolitano, a differenza di Gauck, e pur nel massimo rispetto istituzionale e nella massima amicizia possibile, si è fatto sentire. D’altra parte la politica restrittiva imposta all’Europa soprattutto dalla Germania rischia di avere influenze nefaste per tutta l’Unione, compresi i Paesi forti come la Germania stessa. La solidarietà, secondo Napolitano, deve tornare ad essere il fondamento morale dell’Europa. “Dalla diffidenza reciproca e dalla svalutazione delle esigenze e delle proposte altrui, non è poi così lontano il rischio di una ricaduta nazionalistica”- ha sostenuto. “Non bisogna solo pensare – per esorcizzarlo – al nazionalismo aggressivo e bellicistico in cui s’immersero i nostri Paesi nella prima metà del Novecento, ma a un nazionalismo che già si avverte nel porre l’interesse del proprio paese – e le politiche che esso detta – al di sopra di una responsabile identificazione Dalla con l’interesse comune europeo, che fin dall’inizio fu posto a base di un’evoluzione unitaria dell’Europa come entità economica e politica sempre più integrata”.
Non è mancato nel discorso di Napolitano il punto anche sugli errori del recente passato: “C’è stata – questa è la verità – una complessiva inadeguatezza a padroneggiare le implicazioni della creazione dell’Euro e di una politica monetaria sovranazionale, a darvi tutte le proiezioni e gli sviluppi necessari sul piano delle politiche fiscali ed economiche e ad avanzare sul terreno di una Unione Politica. Uscire da quei limiti fatali e sciogliere in questa ottica i nodi di una crisi nata fuori d’Europa ma degenerata in Europa nella più profonda e ostinata recessione, questa è la nostra responsabilità. Di Italia e Germania in modo particolare, per il peso che abbiamo avuto nei decenni più fecondi della costruzione europea”.
Molto meno attuale il discorso di Gauck, che non è di molto uscito dall’ambito della routine celebrativa, a parte una breve nota sulla necessità delle riforme: “E anche se vi sono opinioni diverse sul come superare questa crisi perdurante e prevenire ulteriori pericoli, è evidente che nelle nostre economie sono necessarie ampie riforme, anche per contrastare in modo duraturo la disoccupazione”.
Insomma, ancora soltanto le riforme, peraltro più che necessarie. Il Leit motiv della Banca centrale tedesca ritorna tra le righe nel discorso di Gauck e la visione sul futuro dell’Europa rimane così differenziata anche per i due presidenti.
Assolutamente coincidenti invece le considerazioni sul passato, sulla necessità di non dimenticare gli orrori del secolo scorso, sulle cause della guerra e sui vantaggi anche per la pace mondiale delle Unione europea. Una voce comune hanno avuto i due presidenti al ricordo dei fatti di St. Anna di Stazzema, quando soldati tedeschi per rappresaglia trucidarono molti civili, tra cui donne e bambini. Ha detto Gauck: “Tra i progetti concreti c’è anche il restauro di una cappella a Sant’Anna di Stazzema, il luogo in cui dei tedeschi hanno compiuto uno spaventoso crimine. E dove Lei, Signor Presidente, l’anno scorso è stato disposto ad accompagnarmi. La creazione di una cultura comune della memoria che renda giustizia alla complessità della storia italo-tedesca rappresenta un compito importante e una sfida per la scienza e la politica, ma anche per le nostre società”.