L’agenzia di rating americana ha tolto la tripla A, il giudizio migliore, all’Unione per le crescenti tensioni tra i Paesi membri sul finanziamento del bilancio e per la perdita di coesione al suo interno. S&P ha abbassato il rating di un gradino ad "AA +. La perdita della tripla A, spiega S&P, «riflette la nostra convinzione che la credibilità complessiva dei 28 Paesi membri della Ue in materia di credito si sia indebolita, il profilo finanziario deteriorato e la coesione allentata». L’Unione europea era sotto la minaccia di un declassamento del rating dal gennaio 2012, quando l’agenzia aveva rivisto a negativo l’outloook.
Da allora, diversi grandi Paesi europei hanno visto il loro rating abbassato e restano solo cinque i Governi della Ue a beneficiare del punteggio massimo di tutte e tre le maggiori agenzie: sono Germania, Finlandia, Lussemburgo, Svezia e Danimarca. Decisivo è stato il declassamento dell’Olanda: l’ultimo Stato a subire una bocciatura, il 29 novembre dello scorso anno. Il punteggio medio dei Paesi che contribuiscono al bilancio della Ue, ha spiegato l’agenzia, è "AA" o un rating inferiore al nuovo giudizio attribuito alla Ue. S&P sottolinea come le discussioni sul bilancio stanno diventando sempre più difficili all’interno dell’Unione Europea, con i principali Paesi contribuenti netti (cioè che versano più alle casse Ue di quanto ricevono) che chiedono una riduzione dei loro versamenti.
Secondo le stime dell’agenzia la quota di entrate del bilancio Ue derivanti da Paesi con la tripla A si è dimezzata dal 2007 e oggi è scesa al 31,6 per cento. L’annuncio di S&P non ha avuto un impatto significativo sull’euro e sui mercati. «C’è stato solo un effetto negativo sull’euro di breve durata – ha commentato Callum Henderson, capo della ricerca monetaria di Standard Chartered- Sono finiti i tempi in cui i declassamenti del rating avevano un impatto duraturo sui cambi».
Non di meno, il problema si pone alla grande. I Paesi virtuosi vogliono pagare sempre meno; i loro governi sono sensibili naturalmente al rispettivo elettorato, il quale si chiede per quale ragione debbano essere le casse dei Paesi virtuosi a finanziare le casse dei Paesi spendaccioni e corrotti. Un ragionamento che di per sé non fa una piega. Tuttavia, se non si trovano delle forme di solidarietà che da una parte aiutino i popoli dell’Europa del sud, e dall’altra non blocchino i processi di riforme in molti Paesi già in atto (non in Italia), l’Europa è veramente a rischio. Con danni incalcolabili per tutti, compresi i Paesi virtuosi. Sembrano in pochi, però, a rendersi conto di quello che succede.
In Italia sta per iniziare una campagna elettorale all’insegna del più sfrenato populismo. Una campagna che si scatenerà contro l’euro e contro la Germania, quasi che fossero l’Euro e la Germania i colpevoli di decenni di malgoverno e della corruzione quasi totale della Pubblica amministrazione nel nostro Paese di origine. Ma anche in Germania, i coltelli si affilano. Sono sempre di più gli elettori che ne hanno le scatole piene dei forconari e dei gallinari italiani, così come delle campagne anti-Merkel che hanno infiammato la Grecia fino a qualche mese or sono.
I coltelli sono pronti anche in Svezia, in Olanda e in Danimarca, ed i rischio reale di una Europa a due velocità si fa più reale. In questo senso, una notiziola come quella del rating deve preoccupare perché si inserisce in una contesto negativo da anni. I mercati non hanno reagito ed hanno mantenuto la fiducia nella moneta unica. Durerà a lungo?