Giudizio che non è andato giù a Renato Brunetta che si lanciava nel descrivere il successo della più grande riduzione fiscale in 20 anni quale effetto del metodo Berlusconi (faccio quello che prometto). Ma si vede che Brunetta non è convincente perché il Financial Times continua: “il governo si ritrova con un buco di almeno 3 miliardi di euro ed ha messo in pericolo il piano per portare il deficit di bilancio sotto il 3%” del Pil”. Se la posta in gioco era la stabilità di governo, con l’Imu è stato pagato un prezzo troppo alto.“
In realtà l’Imu cambia soltanto di nome e diventa una tassa spalmata anche sugli inquilini oltre che sui proprietari; inquilini che peraltro in Italia non sono tantissimi, visto che il mercato dell’affitto è ridotto all’osso. Il problema è che bisognerebbe smetterla di fare operazioni mediatiche; bisognerebbe ridurre sì le tasse, che strozzano l’economia, in particolare la piccola impresa, oltre naturalmente che il consumo, e sarebbe necessario nel contempo tagliare drasticamente i costi della politica e della Pubblica amministrazione, che invece continuano a crescere.
Qualcosa che ricordi la Agenda 2010 di Schröder, insomma, pur con tutti gli errori di impostazione che l’Agenda poteva avere. Invece assistiamo ad operazioni di immagine, con l’occhio sempre ai sondaggi; assistiamo a chiacchiere televisive, tanto fastidiose quanto inconcludenti. Il berlusconismo ha avvelenato ancora di più un Paese già tradizionalmente versato alla chiacchiera ed all’inconcludenza, ma la gente non sembra accorgersi di niente.
Quando si va in Italia, sembra di vivere in un altro pianeta. Tutti si lamentano, ma alla fine rimangono tutti nella posizione della pecora. Allora, ci si potrebbe davvero domandare, ma che Paese è questo? I problemi sono enormi. A cominciare dalla disoccupazione giovanile. Tale che il terzo di una intera generazione rischia di non raggiungere mai il mercato del lavoro. Sono cose impressionanti. La ricerca che non funziona, l’università che fa pena, la scuola costruita più per dare il posto agli insegnanti che a formare i cittadini.
L’Italia sta uscendo sempre più dal novero dei Paesi industrializzati, e si avvicina a passi da gigante alla Grecia, e di fronte a questo, nel corso di tutta l’estate, non si è parlato altro che dei problemi giudiziari di una singola persona.
Allora, c’è da chiederselo: che Paese è questo? Già! Ma che Paese è questo, che si fa ricattare da un leader politico condannato per reati vari, il quale minaccia di fare cadere un governo se la condanna verrà eseguita? Che Paese è questo, in cui lo stesso citato leader, forte del suo apparato mediatico e del voto di scambio organizzato soprattutto al sud da associazioni a delinquere, riesce comunque a superare il 20% dei consensi? Che Paese è questo, che non è in grado di scandalizzarsi, che tira a campare sempre e comunque, che non si interessa di nulla e di nessuno?
Che Paese è questo, in cui l’opposizione è monopolizzata da un cosiddetto movimento, che in realtà non si muove per niente, guidato da un parolaio matto, tanto disgustoso quanto inconcludente? Che Paese è questo che vede i suoi giovani migliori andarsenene all’estero e si appassiona soltanto di gossip e di pallone? Che Paese è questo che non si preoccupa quando a Pisa, per 200 posti di lavoro messi a disposizione da Ikea, si presentano in 20mila ragazzi? E chi sono quei 20mila ragazzi? Non sono forse figli loro?
Quando si parla di repubblica delle Banane, a volte sembra di fare un torto alle banane. In questo numero pubblichiamo una bella intervista a Francesco De Gregori che ci da alcune indicazioni utili per amare l’Italia. Penso che noi che viviamo in Paesi civili, nei quali quando un ministro copia alcune righe della sua tesi di dottorato è costretto a dimmetersi, noi, dicevo, ne abbiamo particolarmente bisogno.