Gli occhi della ragazzina sono enormi stagni di luce, la bocca è dischiusa, le labbra raccolte e incredule: è totalmente affascinata… sì, quante volte ho vissuto questa scena negli ultimi vent’anni? Ma ogni volta è sempre una prima volta.
Sono lì, madre, padre e figlia. La bambina ha forse 13 anni. Sono venuti nell’atelier e guardano insieme le figure, quelle facce rotonde così caratteristiche delle immagini create da Giovanni Vetere. E lui annuisce e sorride radioso, inizia a spiegare. Il suo tedesco è preciso, l’accento forte ma simpatico. Anche gli adulti sorridono e annuiscono, si sforzano di capire le sfumature dell’arte minimalista. La ragazzina, invece, è completamente presa dalle figure, dai colori accesi e decisi. Chissà, forse in quel momento sta nascendo un’artista. Più tardi, quando siamo soli, Giovanni mi dice: “Forse queste persone hanno ancora un piccolo bimbo nei loro cuori, forse hanno capito…”
“La bambina, Giovanni,” gli rispondo, e devo un po’ ridacchiare perché ormai lo conosco bene “la ragazzina ha capito, lo sai benissimo!” – e lui sorride felice.
Sì, i bambini sono la passione di Giovanni Vetere, perché secondo lui sono loro che hanno i mezzi per cambiare il mondo, perché spontaneamente sanno provare emozioni e vogliono sperimentare. Sono la speranza, quella con la S maiuscola. Il 3 dicembre scorso Giovanni Vetere ha compiuto 75 anni, ma da bambino, ai suoi tempi, non ebbe molte possibilità di esprimere i propri sentimenti. Un destino comune, quello dei figli delle famiglie di contadini in Calabria, una delle regioni più povere d’Italia.
“Vivevamo in nove in una casa medievale, in un unico grande salone. E dovevamo lavorare tutti, anche i bambini. Avevo cinque anni quando ho iniziato a rendermi utile. Mio padre, sì… era un vero padre-padrone, era normale a quei tempi. Ho frequentato la scuola fino alla terza elementare, poi ho solo faticato… come un matto. A un certo punto non riuscii più a sopportare la vita del paese, Mi andava stretta. Così nel 1957 me ne sono andato. Mio padre non era d’accordo, ma per fortuna mia madre mi aiutò. Fu quasi una fuga.”
Giovanni andò a Torino, un emigrante come tanti altri in quel tempo. Poi si spostò a Milano e nel frattempo aveva compiuto i 19 anni: lo aspettava il servizio militare, ma la cosa non gli andava bene. C’era un solo modo per evitare la leva: andare a lavorare all’estero. Così il giovane Vetere arrivò in Germania.
Le autorità competenti per l’emigrazione lo mandarono in un paese nei pressi di Bonn, dove lavorò in una fabbrica di coloranti – un periodo che Giovanni ricorda con poco piacere.
“Ho vissuto in un ghetto, insieme a altri italiani, nelle baracche messe a disposizione dalla fabbrica. Non avevo possibilità di imparare la lingua, eravamo solo Arbeitstiere, bestie da lavoro.” Al ricordo Giovanni Vetere tenta di sorridere, ma con scarso successo, ci rinuncia e lascia libero sfogo alle sue emozioni “Ma la cosa veramente peggiore, per me, era che lì mi sembrava di stare di nuovo nel mio villaggio natale: soffocavo!”
Pochi anni dopo, Giovanni si sposta a Etzbach e la sua vita prende una svolta diversa: un grave incidente stradale, dove vede in faccia la morte, cambia la sua personalità, la sua filosofia vita. Decide di intensificare i suoi contatti con la società locale, di imparare la lingua correttamente, inizia a leggere in tedesco, una sfida. Vuole istruirsi. Così scopre un mondo che non è fatto solo di duro lavoro. Durante questo periodo conosce la sua futura moglie Brigitta che per sempre rimarrà il suo appoggio costante, la sua Fels in der Brandung.
Nel 1968 i due si trasferiscono a Troisdorf, dove Giovanni trova lavoro in una fabbrica chimica. Scopre il suo interesse per la politica e viene eletto nell’Ausländerbeirat, il comitato consultivo per gli stranieri della città.
“Fu un periodo che improvvisamente cambiò la mia vita,” racconta Giovanni “mi sembrava un sogno: avevo una moglie, un buon lavoro, interessi politici, potevo parlare e c’erano persone interessate al mio parere…” Mancava solo una cosa, ma anche questa arrivò presto: dopo tre anni nasce Carmen Clea, la figlia che Giovanni reputa “colpevole” della sua successiva carriera artistica.
“Carmen era ancora piccolina e Brigitta acquistò dei colori, iniziammo a scarabocchiare insieme… Poi, un giorno, mia moglie mi disse, col suo modo sobrio e pratico: Tu sei un artista! Capisci? Non disse: come sono belli i vostri disegni o qualcosa di simile, no. Disse semplicemente: tu-sei-un-artista!”
Così, in quel momento, nacque l’artista Giovanni Vetere, oggi conosciuto in tutto il mondo.
Giovanni esprime nella sua pittura tutto ciò che era sempre stato e che non aveva mai potuto esternare nella sua infanzia, nel diventare adulto, nella sua cultura originaria. Da autodidatta impara tecniche d’arte e sviluppa una sua filosofia.
All’inizio usa materiali molto diversi: dipinge su tutto ciò che trova, usa materiali poveri, la sperimentazione diventa una fase importantissima nella sua crescita di artista. In seguito arriva anche a sviluppare dei colori propri, vivi e marcanti, con i quali è in grado di produrre immagini che possono sopravvivere “migliaia di anni”.
“Ora ho 75 anni,” mi dice Giovanni con un ampio sorriso, “per quanto tempo posso ancora creare? Ma so che la mia arte sarà lì anche dopo di me, forse un piccolo tassello nel mosaico della storia!”
Nel 1973 Giovanni inizia a esporre. E di nuovo è la moglie Brigitta che gli dà la forza di fare questo passo. Apre una galleria, aiutandolo ad ampliare i suoi contatti. Lentamente Giovanni capisce che l’arte non è solo spirito artistico, ma anche commercio. E se un artista vuole sopravvivere e continuare a comunicare il suo messaggio, allora deve anche trovare il suo posto nel mercato. Giovanni espone alla fiera d’arte di Basilea: da quel momento è ufficialmente un professionista – può iniziare a vivere con e per la sua arte.
Oggi Giovanni vive nella sua villa a Eitorf, una vecchia fabbrica di sigari che ha completamente rimodernato. Lì ha il suo atelier, insieme alla galleria d’arte e al negozio di moda della figlia Carmen Clea. La villa è circondata da un immenso giardino dove si trovano in mostra permanente sculture sue e di altri artisti – lo Skulpturental, meta di gite culturali provenienti da tutta le Germania, dal Belgio e dall’Olanda.
“Bisogna lavorare sodo, avere sempre una visione, saper rischiare… quello che ho raggiunto io possono raggiungerlo anche tanti giovani. È questo che vorrei trasmettere con il mio lavoro, per questo mi rivolgo in particolare anche ai bambini, che capiscono intuitivamente la mia arte…”
Ma se guardo l’armonia della famiglia Vetere, alla quale negli ultimi anni si è unito anche un nipotino, mi vene spontaneo l’aggiungere alla ricetta di Giovanni un altro ingrediente: un paio di angeli custodi sempre presenti e capaci di darti forza, quando e sempre, nel momento in cui ne hai bisogno.
Foto: Giovanni Vetere