Le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo sono una grande prova di democrazia, con oltre 400 milioni di aventi diritto al voto, 40 milioni dei quali alle urne per la prima volta. Si eleggono 751 deputati per l’emiciclo di Strasburgo, che ha poteri legislativi, di bilancio e di "controllo democratico" nell’ambito dell’architettura istituzionale comunitaria. Questa volta, poi, si elegge un’assemblea che, grazie al Trattato di Lisbona entrato in vigore nel 2009, ha accresciuto i suoi poteri e i risultati del 22-25 maggio determineranno la scelta del nuovo presidente della Commissione che entrerà in carica il 1° novembre.
Qualche nota stonata. Detto questo, si possono però evidenziare alcune incongruenze in queste stesse elezioni: si pensi al fatto che ogni Stato decide con quale legge elettorale sceglie i propri rappresentanti (diversi tipi di "proporzionale", con liste bloccate o con preferenze, con o senza "sbarramenti"…), in quale giorno si vota e quando avviene lo scrutinio, se il voto è obbligatorio o meno (lo è in Belgio, Cipro, Grecia e Lussemburgo). Tra le "curiosità" si nota come il diritto di voto si acquisisce a 18 anni ovunque, tranne che in Austria dove si vota dai 16 anni in su; l’età per essere candidati varia invece da 18 a 25 anni. Non solo: votando in giorni differenti, sarà possibile ad esempio nel Regno Unito, nei Paesi Bassi, in Irlanda, Lettonia, Malta, Repubblica ceca e Slovacchia diffondere gli exit poll (non i dati ufficiali degli scrutini), i quali potrebbero influenzare, in un modo o nell’altro, le intenzioni di voto dei cittadini degli altri Paesi.
Clima di incertezza. Comunque quelle del 2014 sono ritenute, come ha dichiarato Jaume Duch, portavoce del Parlamento Ue, elezioni "più politiche" rispetto al passato, in quanto la posta in gioco è certamente elevata, il Parlamento ha un peso maggiore a livello comunitario, si può influenzare la nuova Commissione scegliendo fra i partiti di riferimento dei cinque candidati a succedere a José Manuel Barroso: Jean-Claude Juncker (lussemburghese del Partito popolare), Martin Schulz (tedesco, Socialisti e democratici), Guy Verhofstadt (belga, Liberaldemocratici), Ska Keller (tedesca dei Verdi; i quali indicano anche il nome del francese José Bovè) e Alexis Tsipras (greco, esponente della Sinistra unita). Soprattutto le urne arrivano in un clima di grande incertezza economica, con una crisi che ha pesato enormemente sugli europei, i quali hanno spesso imputato all’Ue la colpa della recessione, anziché comprendere che fra Bruxelles e Strasburgo si sono cercate negli ultimi anni quelle risposte che gli Stati membri, presi singolarmente, non hanno saputo costruire (stabilità dei conti pubblici e crisi del debito sovrano, sostegno alla crescita e all’occupazione, investimenti, ricerca, formazione…). È così maturato un diffuso senso eurocritico che potrebbe alimentare il successo dei partiti antieuropeisti presenti in quasi tutti i Paesi.
Deputati e gruppi politici. Prima dei risultati del voto, arriveranno le percentuali dei votanti. La preoccupazione in questo senso attraversa tutti gli Stati: l’astensione infatti è cresciuta esponenzialmente dalle prime elezioni a suffragio universale del 1979 (quando votarono il 61,9% dei cittadini degli allora 9 Stati membri), per scendere progressivamente al 43,0% del 2009, con 27 Paesi coinvolti (ai quali in questo caso si aggiunge per la prima volta la Croazia, entrata a far parte dell’Unione solo lo scorso anno). E infine sarà la volta dei risultati, con l’assegnazione dei seggi ai singoli partiti nazionali e l’identificazione dei nuovi europarlamentari. Una volta stabiliti gli eletti, questi dovranno indicare, entro giugno, a quale gruppo politico intendono aderire nell’emiciclo europeo (Ppe, S&D, Alde, Verdi/Ale, Ecr, Gue, Efd i gruppi finora presenti) oppure se preferiscono restare fra i cosiddetti Non iscritti. Senza trascurare il fatto che è possibile dar vita a nuovi gruppi per i quali sono richiesti almeno 25 deputati eletti in almeno 7 Stati membri differenti.
Un lungo percorso. Il calendario europeo che segue le giornate elettorali è altrettanto importante: il 27 maggio, infatti, si riunirà a Bruxelles la Conferenza dei capigruppo uscenti, assieme al presidente uscente Schulz, per una prima valutazione del voto; in serata quindi lo stesso Schulz riferirà quanto emerso alla riunione informale del Consiglio europeo (i 28 Capi di Stato e di governo). Giugno sarà dedicato alle riunioni dei gruppi politici in formazione. Il 26-27 giugno si svolgerà il Consiglio europeo che indicherà al Parlamento il candidato alla carica di presidente della Commissione, tenuto conto del voto. Dal 1° al 3 luglio si svolgerà a Strasburgo la sessione costitutiva del nuovo Parlamento; il 7 luglio sarà la volta della riunione costitutiva delle venti commissioni parlamentari. Nella sessione plenaria del 14-17 luglio il Parlamento dovrebbe votare il presidente della Commissione. A settembre si terrebbero quindi le audizioni dei commissari designati dai singoli governi, per passare infine al voto del Collegio durante la plenaria di ottobre. Un cammino appena iniziato, dunque.