Eppure la persecuzione degli zingari in epoca nazista è l’unica, oltre a quella ebraica, dettata da motivazioni esclusivamente razziali: proprio come gli ebrei, infatti, gli zingari furono perseguitati e uccisi in quanto «razza inferiore». E anche il regime fascista di Mussolini diede il suo "contributo". All’epoca dell’avvento al potere del nazismo, un numero imprecisato di zingari viveva in Germania. Di ceppo “Sinti”, la loro presenza risaliva al quindicesimo secolo.
Organizzati in tribù si spostavano in carovane. Più tardi arrivarono i “Rom”, più portati a stabilirsi in residenze fisse e a lavorare nelle fabbriche come nei servizi pubblici, a frequentare le scuole e ad assolvere il servizio militare. Considerati comunque tutti vagabondi erano sottoposti, dopo l’emanazione delle Leggi di Norimberga, a sorveglianza della polizia, con un pesante inasprimento di numerosi provvedimenti precedenti alle nuove leggi naziste. L’inizio della degenerazione genocidaria per i rom, è ufficialmente datato 14 luglio 1933, quando il nuovo consiglio di gabinetto, guidato da Adolf Hitler, l’odiato “Hitlari” dei sinti tedeschi, varò il progetto di lotta ai Lebensunwertesleben, i cosiddetti "indegni di vivere". Nel 1936, in occasione delle Olimpiadi di Berlino, vetrina della grandezza e dello splendore del nazismo, gli zingari vennero rinchiusi nell’apposito campo di raccolta a Mahrzan.
Nello stesso anno fu istituito a Berlino un “Istituto di igiene razziale e biologia etnica” che doveva effettuare ricerche e stabilire l’esatta origine degli zingari. Quando apparve che gli unici, veri “ariani”, la razza pura così cara ai nazisti, erano gli zingari puri, tutti i documenti dell’Istituto sparirono e lo stesso venne chiuso. Il 20 ottobre 1945 iniziò il Processo di Norimberga: imputati i criminali di guerra nazionalsocialisti. Un anno più tardi, nei dispositivi di sentenza, soltanto poche righe ricordavano lo sterminio del popolo zingaro: "I gruppi di azione ricevettero l’ordine di fucilare gli zingari.
Non fu fornita nessuna spiegazione circa il motivo per cui questo popolo inoffensivo, che nel corso dei secoli ha donato al mondo, con musica e canti, tutta la sua ricchezza, dovesse essere braccato come un animale selvaggio. Pittoreschi, negli abiti e nelle usanze, essi hanno dato svago e divertimento alla società, l’hanno talvolta stancata con la loro indolenza. Ma nessuno mai li ha condannati come una minaccia mortale per la società organizzata, nessuno tranne il nazionalsocialismo, che per bocca di Hitler, di Himmler, di Heydrich, ordinò la loro eliminazione"‘.
In queste poche frasi della sentenza, c’è tutta la povertà d’indagine, l’indifferenza è la superficialità con le quali il tentativo di genocidio zingaro è stato sbrigativamente ignorato non solo dai tribunali di guerra ma anche dalla stragrande maggioranza degli storici. Sicuramente ciò è dovuto, almeno parzialmente, al fatto che gli zingari, gente per la gran parte nomade, non ha mai avuto una storia facilmente ricostruibile; di conseguenza anche le operazioni di sterminio che su di essi si abbatterono ebbero come unici riscontri o le testimonianze dirette o i pochi documenti nazisti che si salvarono dalla distruzione.
Quando oggi si disquisisce dell’ideologia nazista, e dei suoi tentativi di genocidio, si accentra l’attenzione sul massacro del popolo ebreo. E ciò è corretto se, oltre alla quantità numerica dello sterminio, si pensa a quanto furore, a quanta spietata volontà di morte, a quanta mostruosa sapienza tecnologica vennero impiegate dai tedeschi nella loro opera che colpì, primi fra tutti, proprio gli ebrei.
Ma la storia dell’eccidio degli zingari dimostra (poiché esiste un filo continuo tra le persecuzioni avvenute prima e dopo l’avvento di Hitler) la vera essenza dell’inenarrabile, della mostruosità ideologica, che sonnecchiava all’interno del mondo culturale e scientifico germanico, pronta a risvegliarsi e a trovare braccia e gambe che l’avrebbero fatta forte e portata lontano. Benno Müller-Hill, direttore dell’Istituto di Genetica all’Università di Colonia, ha ricostruito dall’interno, dal mondo degli antropologi, degli eugenisti e degli psichiatri, il massacro razziale degli zingari e delle altre razze, o categorie della propria razza, ritenute inferiori.
Benno Müller-Hill, chiedendosi perché lo sterminio degli zingari, degli ebrei e dei malati di mente fosse avvenuto proprio in Germania e non negli altri stati fascisti (se non per contagio), trova questa risposta: "La Germania apparteneva ai paesi che erano guide mondiali nel campo della scienza e dell’industria. La psichiatria e l’antropologia erano ancora le migliori e le più sviluppate (…) Quando Hitler prese il potere, psichiatri ed antropologi ne furono entusiasti, poiché vedevano in lui il realizzatore e il promotore delle loro idee".
Alla sua cronaca degli eventi, in relazione al primo periodo del Novecento tedesco, mancano però un preambolo e una data importante: la Germania è sempre stata la nazione nella quale gli zingari sono stati assoggettati, repressi o trucidati più che in altre parti d’Europa e già nel 1899, a Monaco di Baviera, esisteva uno specifico Ufficio di polizia che si occupava esclusivamente di loro e che poi si trasformò nella Centrale Nazionale delle questioni zingare.