Nella foto: IL Presidente Sergio Mattarella in occasione della comunicazione dell'esito della votazione per l'elezione del presidente della Repubblica. Foto di ©quirinale.it

“Ringrazio i Presidenti della Camera e del Senato per la loro comunicazione. Desidero ringraziare i parlamentari e i delegati delle Regioni per la fiducia espressa nei miei confronti. I giorni difficili trascorsi per l’elezione alla Presidenza della Repubblica nel corso della grave emergenza che stiamo tuttora attraversando – sul versante sanitario, su quello economico, su quello sociale – richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento. Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati – e, naturalmente, devono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti – con l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini”.

Queste le parole che Sergio Mattarella ha pronunciato durante l’incontro, sabato 29 gennaio 2022, con i Presidenti del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, e della Camera, Roberto Fico, che gli hanno comunicato l’esito della votazione con la quale è stato rieletto Presidente della Repubblica.

Da questa brevissima comunicazione vogliamo partire nel tentativo di cogliere alcuni aspetti del profilo dell’uomo che da sette anni veglia e per i prossimi sette veglierà sulla Costituzione della Repubblica di cui ha dimostrato di essere attento e fedele garante. Molti giornali hanno sintetizzato il contenuto del comunicato virgolettando la frase “non posso sottrarmi” laddove le parole pronunciate da Mattarella erano state altre, simili nel significato e tuttavia diverse nella forma. Una differenza che, a parere di chi scrive, va ben oltre l’aspetto squisitamente formale. Non la prima persona ha usato Sergio Mattarella bensì la forma impersonale ( … “Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati.” … ) mettendo in luce, ancora una volta, la sua personalità poco incline all’auto-referenzialità e, nel contempo, la sua volontà di interpretare la carta costituzionale che pone la sovranità nelle mani del popolo e, dunque, dei cittadini. Coloro che lui chiama “concittadini”, mettendosi al loro stesso livello, ponendosi tra di loro.

Sergio Mattarella non voleva essere rieletto. Non voleva che la rielezione, dopo quella del suo predecessore Giorgio Napolitano, diventasse regola. I sei giorni di scrutini hanno mostrato un’immagine della politica caratterizzata da dilettantismo e scarsa trasparenza, da mancanza di senso di responsabilità e dello Stato. Le analisi effettuate in diretta da osservatori e giornalisti hanno messo a nudo gravi incapacità dei leader di partito.

Nove anni fa il rieletto Presidente Napolitano aveva pronunciato in Parlamento parole molto dure nei confronti dei partiti, parlando di “omissioni e guasti”. Diversamente dal suo predecessore, nel suo discorso di insediamento Sergio Mattarella non ha pronunciato parole di biasimo – non sarebbe stato nel suo stile – ma di richiamo, quelle sì. Ha richiamato, in particolare, il Parlamento al suo dovere di riformare il Paese rispondendo in tal modo alle complesse e difficili sfide dei tempi. “Costruire un’Italia più moderna facendo della lotta alle diseguaglianze e alla povertà l’asse portante delle politiche pubbliche”.

Più volte ha pronunciato la parola dignità, sottolineando il “suo significato etico e culturale che riguarda il valore delle persone. Dignità del lavoro e del diritto allo studio; dignità contro le mafie, il razzismo, l’antisemitismo, la violenza sulle donne, la tratta e la schiavitù degli esseri umani”. Ha poi voluto menzionare l’apporto prezioso delle numerose comunità straniere alla vita della nostra società e inviare un saluto affettuoso agli italiani all’estero “insieme al riconoscimento per il contributo che danno alla comprensione dell’identità italiana nel mondo”. E non ha dimenticato David Sassoli, Presidente del Parlamento europeo, massima espressione democratica dell’Unione, “la cui testimonianza è entrata nell’animo dei nostri concittadini”.

Negli anni del primo settennato Sergio Mattarella ha interpretato il mandato costituzionale in modo ineccepibile. In ciò è stato un cittadino esemplare. I suoi frequenti discorsi sono stati un monito costante contro i pericoli e le minacce alla tenuta democratica del nostro Paese. Se mancano a livello della politica centrale, senso di responsabilità e senso dello Stato difficilmente potranno germogliare e svilupparsi nella società. Tuttavia ogni cittadino può fare moltissimo. I principi fondamentali della Costituzione dovrebbero essere oggetto di studio nelle scuole di ogni ordine e grado diventando un punto di riferimento per la costruzione dell’identità dei cittadini. Dobbiamo riscoprire il significato delle parole che descrivono i valori che tengono insieme la collettività e che sono l’essenza della carta costituzionale. Ad essi si è ispirato Sergio Mattarella ogni volta che ha parlato ai suoi concittadini. Tra essi l’articolo 4 che parla del lavoro come diritto, ma anche, nel secondo comma, come dovere: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

Nell’accettare il secondo mandato, il cittadino Sergio Mattarella, prima ancora di riferirsi al dettato costituzionale previsto dagli articoli specifici che riguardano il Presidente della Repubblica, ha certamente tenuto presente l’esortazione suddetta. Ecco chi è Sergio Mattarella, un nostro concittadino, un italiano come noi, come altri 60 milioni e passa. E’ per loro che la Costituzione è stata scritta, dai padri costituendi, dopo oltre vent’anni di fascismo e dopo una guerra che ha seminato distruzione e morte. Purtroppo l’esortazione dell’art. 4, indirizzata a tutti i cittadini affinché si prodighino, con il loro lavoro, per il bene della società, è spesso disattesa, se non ignorata completamente.

Il senso dello Stato non è qualcosa che riguarda solo amministratori e politici. Questo nostro amato Paese ha bisogno che si riscoprano i principi fondanti della convivenza civile e ha bisogno che la riscoperta avvenga nei cuori di ciascun cittadino senza il cui contributo nessun miglioramento significativo potrà prodursi per la collettività. Nei prossimi sette anni potremo contare sull’esempio di Sergio Mattarella. Cominciando il suo discorso il Presidente lo ha detto chiaramente, parlando, dopo il giuramento, finalmente in prima persona: “E’ per me una nuova chiamata – inattesa – alla responsabilità; alla quale tuttavia non posso e non ho inteso sottrarmi”.

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