Nella foto: La Divina commedia illumina Firenze. Foto di Domenico di Michelino - Jastrow, wikimedia.org

Ci mancava solo “il caso Dante” a complicare i rapporti tra Italia e Germania. La storia di questi rapporti, si sa, è fatta di incomprensioni storiche, stereotipi duri a morire, accuse, ripicche, e polemiche a non finire, dalla copertina dello Spiegel con spaghetti e pistola a Italia-Germania 4-3 passando per i vari conflitti bellici del passato. Ma molto spesso si tratta di “scandali” costruiti a tavolino, frutto di esagerazioni e strumentalizzazioni.

L’ultimo episodio di questa saga infinita riguarda Dante Alighieri, il sommo poeta fiorentino di cui l’Italia intera ha festeggiato lo scorso 25 marzo il Dantedì, la ricorrenza della data in cui avrebbe avuto inizio il viaggio del poeta nell’Aldilà. In quella giornata, mentre ovunque si svolgevano celebrazioni dantesche, il quotidiano La Repubblica ha sparato in bella evidenza sul proprio sito online un titolone di quelli che servono a catturare l’attenzione dei lettori e scuotere la pubblica opinione: «Dante, l’incredibile attacco di un giornale tedesco: un arrivista che ha copiato». Gli autori del pezzo fanno riferimento a un articolo apparso sul quotidiano Frankfurter Rundschau nel quale l’autore, Arno Widmann, si sarebbe scagliato con rabbia inusitata contro il sommo poeta accusandolo di ogni nefandezza e guastando così la festa del popolo italiano raccolto attorno al proprio vate. Da lì è partita una polemica che nel giro in poche ore si è estesa macchia d’olio fino a investire le più alte cariche pubbliche e alcuni politici in vista. Salvini e Meloni hanno colto al volo l’occasione per sparare dichiarazioni velenose contro i soliti tedeschi che, invidiosi della grandezza italica, cercano di demolire il poeta simbolo della nostra tradizione nazionale. Il ministro della Cultura Dario Franceschini ha ostentato superiorità e commentato con disprezzo utilizzando una citazione dantesca «non ti curar di lor, ma guarda e passa». Il tutto, ovviamente, via twitter, visto che la comunicazione politica ormai esiste solo in questa forma.

Per fortuna nessuno ha pensato di chiedere spiegazioni alla Merkel o di far ritirare l’ambasciatore per protesta. Soprattutto nessuno ha pensato che in casi del genere, prima di far lievitare lo psicodramma collettivo, sarebbe bene andare a leggere l’articolo incriminato, perché solo il vaglio delle fonti può garantire una comprensione corretta della querelle. Ecco, se i vari Salvini, Meloni, Franceschini e compagnia bella avessero letto l’articolo tedesco, se solo se lo fossero fatti tradurre (avranno dei traduttori dal tedesco al ministero della Cultura?), si sarebbero risparmiati questa disputa sterile e infondata.

Nel suo pezzo intitolato Dante: Die Guten ins Töpfchen, die Schlechten ins Kröpfchen (si tratta di una citazione dalla favola di Cenerentola, quando la ragazza chiede ad alcune colombe di separare le lenticchie dalla cenere e di mettere le prime in un pentolino e le seconde nel gozzo), Arno Widmann, noto come traduttore di Umberto Eco e Curzio Malaparte, come buon conoscitore della letteratura italiana, e come eccellente giornalista, non attacca affatto Dante, né lo accusa di plagio o di altre nefandezze. Quello che Repubblica cita tra virgolette, ovvero “Dante arrivista”, “Dante plagiatore”, “l’Italia ha poco da festeggiare”, nel testo dell’articolo non c’è affatto. C’è un’analisi del poema dantesco che viene messo in relazione con modelli precedenti latini, provenzali e arabi, ai quali l’Alighieri potrebbe essersi ispirato. Si accenna allo “spirito agonistico” che animava la personalità del poeta, ma non in un senso negativo. Insomma, quella di Widmann è un’analisi dotta e di ampio respiro, che propone interpretazioni e spunti di riflessione, che si sforza di inquadrare Dante nel suo tempo e ne spiega la grandezza ai tedeschi.

Tanto rumore per nulla, verrebbe da dire, in conclusione. Nessun j’accuse a Dante Alighieri è mai partito dalla Germania o da qualche giornale tedesco. Tutti sanno quanto Dante sia amato, letto e studiato dai tedeschi. I nostri politici possono stare sereni. Nessuno ha intenzione di giocare il derby Goethe contro Dante o cose del genere. I nostri Salvini, Meloni e Franceschini dovrebbero imparare a documentarsi per bene prima di sputare sentenze. E nel caso specifico dovrebbero avere l’umiltà, per una volta, di chiedere scusa per la gaffe compiuta. Si impegnino sul serio a tutelare la cultura italiana, anziché strumentalizzare polemiche pretestuose per alimentare l’odio antitedesco ed ergersi a custodi dell’identità nazionale.

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