Ma la politica fa troppo poco per ridurre i danni, riparare le case e mettere in sicurezza gli immobili nelle zone ad alto rischio sismico

Il 25 agosto dell’anno scorso, pochi giorni dopo il terremoto che aveva distrutto Amatrice, l’allora Capo del Governo, Matteo Renzi, disse che avrebbe messo in atto il cosiddetto “Piano Casa” per spingere sindaci, presidenti di Regione ed amministratori “a progettare con criteri nuovi e tecnicamente all’avanguardia” le eventuali, nuove costruzioni, onde mettere in sicurezza il territorio. A tal fine affidò a Giovanni Azzone, ex rettore del Politecnico di Milano, il compito di elaborare la carta geografica dei rischi sismici, idrogeologici, industriali e vulcanici di ogni Comune nazionale, con l’aiuto di Renzo Piano (architetto vincitore del Premio Pritzker consegnatogli, nel 1998, dal Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton) ed altri supertecnici, onde conoscere le pericolosità esistenti in Italia.

Lo studio avrebbe dovuto essere compiuto in un anno, al massimo in 18 mesi, quindi entro la fine di gennaio 2017, per effettuare il quale lo Stato avrebbe stanziato 20 milioni di euro. La squadra ha incominciato a lavorare a pieno ritmo il 2 settembre 2016, benché il gruppo non fosse al completo, in quanto „sono stati nominati solo 13 dei 17 esperti previsti nel team, composto da demografi, giuristi, urbanisti, matematici ed economisti. Gli altri 4 sono in fase di definizione“, spiega Azzone che illustra il progetto da realizzare a basso costo.

„I soldi per la ricostruzione nelle aree colpite dal terremoto li troveremo con scelte politiche che derivano da risparmi di spesa … nella consapevolezza che al di là dei vincoli europei non possiamo comunque dimenticarci della tenuta del debito“, dice il sottosegretario Enrico Zanetti. A queste parole da Bruxelles non replicano, mantenendo il silenzio che però non allarma Roma. Ma ancora: la trattativa non è nemmeno iniziata, dicono fonti di governo, guardando al vertice informale di Bratislava, il primo utile dopo il sisma con tutti gli altri capi di Stato e di governo.

Il fatto che la nomina di Giovanni Azzone sia stata a titolo gratuito faceva pensare e sperare che il loro studio sarebbe costato relativamente poco. Purtroppo non è così, perché ai 9 tecnici di „Casa Italia“ lo Stato dà 60mila euro annui, spendendo, quindi, più di un milione e mezzo. Cifra notevole, ma opportuna se permette di ridurre le distruzioni sismiche e, soprattutto, il numero di morti o feriti, grazie al loro studio riguardante “la sicurezza e la qualità dell’abitare, la qualità del contesto e la qualità dei servizi infrastrutturali”.

Intenti tuttavia non raggiunti, a giudicare dai danni e, per fortuna, dai solo due defunti del terremoto di Ischia, avvenuto il 21 agosto scorso. In effetti, dopo quasi un anno di lavoro, sono stati messi in sicurezza solo 10 palazzi di proprietà pubblica individuati in zone sismiche. Il che fa pensare che gli studi antisismici di “Casa Italia” vadano troppo a rilento, nonostante il costo erariale che comportano. Una lentezza che, quindi, non ha impedito il terremoto serale, avvenuto nei Comuni ischitani di Casamicciola e Lacco Ameno, con i conseguenti danni edilizi, la morte di due donne ed il ferimento di 42 persone.

Sisma di magnitudo 4, dunque d’intensità relativamente bassa. Ciò induce a pensare che i danni siano dovuti all’inidoneità delle costruzioni, molte delle quali “abusive”, cioè effettuate senza il dovuto consenso. L’abusivismo edilizio, infatti, imperversa da mezzo secolo su Ischia dove perfino alcune caserme sono illegali, tanto da far mettere in corso un processo (ad un passo dalla prescrizione, grazie alle nefaste lentezze della Giustizia) per aver sradicato una parte della pineta della Maddalena, a Casamicciola, e costruito una foresteria dove avrebbero trovato alloggio gli ufficiali della Guardia forestale.

Costruzioni illecite, compiute anche da politici locali, che hanno permesso a tante famiglie proprietarie di poderi, masserie o stalle di farvi costruire, in poco tempo e a spese ridotte, villette monofamiliari o bungalow da affittare. Eventi che in Campania capitano spesso anche per la lentezza con cui i burocratici rispondono alle domande di chi vorrebbe demolire un’abitazione, 600 delle quali avrebbero potuto essere abbattute o costruite. I cui proprietari affermano di essere stati “costretti agli illeciti dalla burocrazia”.

Quella struttura burocratica che spesso lavora al rallentatore. Come dimostrato dal fatto che, dopo un anno dal sisma di Amatriciana, il 91% delle macerie sono ancora da rimuovere, né sono state costruite nuove case per quanti attendono tuttora un tetto. Ritardi che, probabilmente, avverranno anche nell’isola di Ischia dopo il terremoto che forse spingerà la Procura di Napoli ad aprire un fascicolo per disastro colposo ed omicidio colposo. Ben venga, purché il processo si svolga in fretta e punisca i veri colpevoli.

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