L’Italia, un Paese che non si riconosce più: tanti sono gli scandali, le ingiustizie, i soprusi, le prevaricazioni che si verificano nei vari ambiti della vita pubblica e – quel che sgomenta – spesso ai vertici delle Istituzioni. Basta, poi, una vittoria – se vogliamo una mezza vittoria! – ai campionati di calcio europei per farci dimenticare tutto, per farci esultare (esaltare) oltre misura. E non ci si dica che quando si parla o si scrive in questi termini si fa del populismo; perché la realtà è sotto gli occhi di tutti.

Ieri come oggi: dalla prima tanto denigrata Repubblica a quella attuale, che non brilla affatto in nessun campo (o quasi): nella Giustizia – chissà quanti altri casi ci sono oltre quello di Palamara; nella Sanità – si pensi ai casi di corruzione che si annidavano dietro le commissioni di materiale sanitario in questo periodo di pandemia (ad esempio, siringhe monouso, mascherine, camici sanitari, ecc.); e anche alle lungaggini burocratiche che allungano all’infinito i tempi di assegnazione di un Primariato ospedaliero o, ancora, nella Politica dove carriere vengono spezzate per colpe inesistenti o non sufficientemente provate. D’altro canto, non lo diciamo solo noi.

L’editoriale del prestigioso Corriere della Sera del 15 luglio scorso, a firma di Antonio Polito, ha questo titolo abbastanza eloquente: “La giustizia (malata) da curare”. A tal proposito, bisogna necessariamente citare il caso dell’ex sindaco di Roma. Gianni Alemanno, all’epoca crocifisso per gravi colpe di carattere penale e oggi, dopo anni e anni, scagionato. Fanno, a questo punto, una profonda amarezza le sue dichiarazioni riportate su un giornale a diffusione nazionale, “Il Messaggero” di venerdì 7 luglio scorso: “Mi hanno dato del criminale ma erano soltanto falsità. Un grave danno per Roma”. Qualcuno, di quelli che lo hanno incriminato, ha avuto il coraggio di rispondergli? Non credo, almeno non abbiamo letto nulla in proposito.

Tornando alla Sanità, come è stata gestita in questi anni? Si può dire in vista del bene comune, di quello dei cittadini malati? Riferiamo di soli due episodi che ci sono stati segnalati. A Roma, in un grande ospedale i sindacati indicevano l’assemblea per discutere dei problemi dei lavoratori – mai, si badi bene! di quelli dei malati, e che malati, quelli mentali, gli invisibili – e il Direttore sanitario, che – bisogna dirla tutta – aveva poca voce in capitolo, inviava ai primari una circolare con la quale invitava (leggi costringeva) a far partecipare uno o due infermieri, uno o due portantini per reparto. Senza rendersi conto che il personale non era mai adeguato all’organico e, quindi, proporzionale al numero dei malati degenti, molti dei quali, peraltro, incapaci di intendere e di volere. E, se fosse stato fatto, sarebbero stati perseguiti dalla legge per comportamento antisindacale.

Ma sembra giusto? Quelle assemblee non potevano tenerle nelle sedi delle loro associazioni? Avrebbero partecipato gli infermieri e i portantini che non erano nel turno di servizio. Ma non ci sarebbe andato nessuno e, poi, non è mai nato un sindacato dei malati mentali? Almeno negli ospedali civili c’era e c’è il Tribunale dei malati anche se con poteri molto limitati. Ancora un altro fatto scandaloso: verso la fine degli anni Ottanta, il personale medico di un Ospedale psichiatrico sempre a Roma era ridotto al lumicino, perché i sanitari che andavano in pensione non potevano essere sostituiti in quanto l’ospedale doveva chiudere in virtù della legge Basaglia. E allora come primario di due reparti, ne era rimasto uno solo, senza un aiuto né un assistente, furono assegnati – a tempo determinato, di tre mesi in tre mesi – un dentista e ginecologo, un reumatologo, un cardiologo, un dermatologo.

Colleghi, tutti, rispettabilissimi, specializzati che però non sapevano nulla di psichiatria né di psicofarmacologia; qualcuno dei quali, addirittura, non aveva sostenuto, nel corso regolare degli studi di laurea, nemmeno l’esame di psichiatria, che all’epoca era ancora nell’ordinamento degli studi considerato un esame complementare non obbligatorio. In parole semplici si poteva non sostenere, come molti facevano.

Quell’esame complementare finalmente fu reso obbligatorio verso la metà degli anni Novanta. Meglio tardi che mai! Ancora oggi ci domandiamo come facciano alcune persone – perlopiù politici e medici delle Istituzioni – a pensare e a dire che il nostro Servizio sanitario Nazionale (SSN in sigla) è il migliore possibile, tanto che all’estero ce lo invidiano. Ma pare proprio che questa sia solo una grande fake-news!

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