Nella foto: Il palazzo della Cancelleria Federale a Berlino - foto di ©Daniele Messina, CdI

Già nel 2014, sei anni fa, una ricerca dell’università di Lipsia aveva mostrato il lato oscuro della Germania: circa un quinto della popolazione tedesca tende ad essere di estrema destra e simpatizza con i partiti populisti e xenofobi.

Ma quello che è successo due settimane fa a Mühlheim (Nordrhein-Westfalen) assume una dimensione finora sconosciuta e ancor più preoccupante: 29 agenti di polizia si scambiavano tramite WhatsApp foto celebrative di Hitler, svastiche, rappresentazioni di un rifugiato nella camera a gas e foto che prendevano in giro persone di colore. Tutti e 29 sono stati sospesi con effetto immediato e nei loro confronti sono stati aperti procedimenti disciplinari.

Herbert Reul, il ministro degl’interni del più popoloso Bundesland, ha dovuto dare spiegazioni: “È uno scandalo!”, ha detto chiaramente. “E due di queste chat sono attive da diversi anni”; almeno dal 2012, ha affermato Reul. Gli investigatori hanno effettuato oltre trenta perquisizioni, recandosi nelle stazioni di polizia e negli appartamenti privati. Il materiale condiviso includeva “la più disgustosa e ripugnante agitazione neonazista, razzista e anti-rifugiati”, ha sottolineato Reul. Poi ha aggiunto: “Il caso mi ha lasciato senza parole”.

Il caso, infatti, è “brisant”, come dicono i tedeschi e punta i riflettori sulla diffusione dell’ideologia neonazista tra le forze dell’esecutivo tedesco, soprattutto all’interno della polizia e dell’esercito (Bundeswehr), una questione che finora, anche in occasione del processo alla Nsu, la cellula di estrema destra che tra il 2000 ed il 2007 ha ucciso 10 persone, è stata sempre minimizzata.

Nonostante tutto, la scorsa settimana, il ministro federale degl’interni, Horst Seehofer, ha respinto nuovamente le richieste di un’indagine sulla profilazione razziale condotta della polizia. Pare che non vi sia un problema strutturale, almeno secondo il ministro della Csu.

Ma cosa deve succedere ancora, affinché anche a Berlino il ministro degl’interni possa realizzare finalmente che forse anche un quinto della polizia potrebbe avere un problema di tipo razziale?

Quello della polizia della Renania settentrionale è, infatti, solo l’ultimo di una serie di casi di infiltrazioni dell’estrema destra negli apparati di sicurezza tedeschi.

Negli ultimi anni diversi dipartimenti di polizia sono stati coinvolti in scandali simili: nello stato tedesco dell’Assia, per esempio, diverse minacce neonaziste rivolte contro politici di sinistra e avvocati tedeschi sono state collegate a computer appartenenti alla polizia.

Nel 2017 le autorità avevano scoperto addirittura l’esistenza di un gruppo neonazista chiamato “Nordkreuz” che si stava preparando per l’arrivo di un presunto “giorno X”, il giorno del crollo dell’ordine sociale in Germania, compilando liste di oppositori politici e accumulando armi e sacche per cadaveri: i membri del gruppo erano collegati alla polizia e all’esercito tedesco. Era un vero e proprio piano eversivo: sequestrare gli oppositori e altre personalità che difendevano i migranti e i richiedenti asilo, portarli in un posto segreto e poi ucciderli.

Un piano simile, l’ultima volta, si era visto nel lontano 1977, quando ad essere armati erano quelli della RAF, militanti di estrema sinistra. Ma allora la Germania fu messa giustamente “sottosopra”, erano gli anni delle perquisizioni a tappeto. E oggi? Niente di tutto ciò. Ancora una volta si stende un velo di assordante silenzio sull’ennesima vicenda che vede coinvolte le forze dell’ordine.

Eppure difendere le minoranze non è un’opzione, ma la colonna portante di ogni democrazia: senza la difesa delle minoranze, la democrazia si trasformerebbe in una dittatura della maggioranza. A nessuno verrebbe in mente di fondare un partito con l’intento di espropriare il 20 per cento dei tedeschi più ricchi.

Anche se un partito con un programma del genere ottenesse la maggioranza, una legge con quel contenuto sarebbe incostituzionale, in quanto non compatibile con i diritti dell’uomo.

Ma anche il principio di uguaglianza (art. 3 della Costituzione tedesca) viene calpestato: se un poliziotto tratta uno straniero diversamente da un tedesco, la sua azione è discriminatoria e, dunque, illegale.

Il principio di uguaglianza ha una funzione ben precisa: quella di assicurare ad ogni persona, indipendentemente dal suo colore di pelle, dalla sua religione oppure provenienza, lo stesso trattamento.

Come può, alla luce di questi fatti, uno straniero credere ancora nell’imparzialità della divisa?

È ovvio che la maggior parte degli agenti di polizia svolgono il loro mestiere rispettando le leggi e soprattutto la persona in sé. La mia esperienza personale con la polizia è impeccabile. Ma se anche una minima parte delle forze dell’ordine agiscono in modo arbitrario, lo stato di diritto rischierebbe di diventare una piramide di Cheope, uno Stato senza diritto. E questo non possiamo permettercelo – mai.

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