Nella foto: Un padiglione della fiera del libro. Foto di Daniele Messina

FRANCOFORTE – In ripresa dopo la pandemia

La fiera del libro di Francoforte quest’anno si è chiusa con grande soddisfazione: ci sono stati 4.000 espositori di 95 paesi diversi e circa 180mila visitatori. Ma si tratta d’un successo relativo all’anno scorso, che è stato il peggiore di tutta la storia. Per un visitatore che frequenta ininterrottamente la Buchmesse dagli anni ‘70, le cose son messe altrimenti. Entrando in fiera, a prima vista tutto sembra tornato normale: la solita folla degli espositori, i soliti stand allineati, i soliti dibattiti pubblici su temi attuali, le solite interviste con celebri scrittori, i soliti visitatori… Eppure, a guardar bene, si notano delle differenze. Intanto la superficie espositiva appare ridotta a circa la metà dei tempi d’oro, quando ben 6 o 7 padiglioni erano interamente occupati dagli espositori, stavolta erano solo 3 e qua e là si trovava pure qualche superficie vuota. Il covid ha dato una mazzata dura, ma in realtà la Buchmesse aveva iniziato la fase calante già prima del 2020. Le cause sembrano molteplici, ma secondo certe voci di corridoio, che riporto come tali, dipenderebbero anche dalla concorrenza dei cinesi, che sanno organizzare le loro fiere meglio dei tedeschi, e dai prezzi vampireschi degli alberghi di Francoforte, che come il Nosferatu di Herzog aspettano al varco i poveri espositori.

L’ambasciatore italiano in Germania, Armando Varricchio è venuto di persona da Berlino a inaugurare l’area espositiva italiana accompagnato dal console di Francoforte Andrea Samà e dai funzionari della Camera di Commercio Italiana che lo circondavano come un nugolo di api attorno alla regina. Al loro cospetto l’ambasciatore ha tenuto il suo discorso di prammatica; poi se n’è andato lasciandosi dietro un delizioso buffet a base di crostini all’italiana. Siamo già ligi al regime di „sovranità alimentare“.

Nello stesso tempo nel padiglione della Spagna, che era l’ospite d’onore ufficiale, si registrava l’augusta visita della coppia sovrana, il re Felipe VI di Borbone con la regina Letizia, venuti di persona da Madrid, che con la loro presenza testimoniavano il valore che la cultura rappresenta per il loro paese. Non era la prima visita di Sua Maestà a Francoforte: pochi anni fa era venuto personalmente a inaugurare il grande centro di cultura spagnola dell’Instituto Cervantes, poco prima che le autorità ministeriali italiane, dal canto loro, chiudessero l’Istituto di Cultura Italiana di Francoforte considerato (solo da loro) uno sperpero inutile. Comunque l’area espositiva spagnola, bisogna riconoscerlo, era stata organizzata con molta originalità e buon gusto, degni d’un paese che ci tiene alla sua grande tradizione culturale.

Ma quest’anno c’era pure un ospite d’onore inufficiale: l’Ucraina, che è stata onorata da diverse manifestazioni svoltesi principalmente nel padiglione dell’Agorà e culminate alla presenza della First Lady Olena Selenska, moglie del presidente Selenskyi, il quale si è fatto vivo con un messaggio video. Inoltre il „premio della pace“ Friedenspreis des Deutschen Buchhandels è stato assegnato con cerimonia solenne allo scrittore, poeta e musicista ucraino Serhij Zhadan, il quale nel suo discorso di ringraziamento ha stigmatizzato quegli intellettuali che col „volere la pace“ mistificano il volere la capitolazione del suo paese. Oltre a ciò è stato reso noto che la città di Francoforte intende stringere un gemellaggio con Kiev. Grande assente: la Russia, ed è un vero peccato, poiché la cultura dovrebbe unire l’umanità anziché dividerla, come avrebbe dovuto sapere anche l’Università di Milano-Bicocca prima di annullare un corso su Dostojewskij. Chissà che schianto, se qualche editore russo avesse potuto presentare con orgoglio al pubblico internazionale la nuova edizione, riveduta e corretta, del capolavoro di Tolstoi: „Operazione militare speciale e pace“.

Attraversiamo quindi l’area degli editori francesi: tutto uno sfarzo di libri allineati in file infinite e sovrapposte dal livello dei piedi a 3 metri d’altezza. E della Turchia, organizzata come un misto di libreria e ufficio turistico. E del Portogallo, con assaggio parallelo sia di libri che di vino dell’Alentejo (buono!). Gli editori italiani presenti a Francoforte, quest’anno, erano in tutto 76, ed erano principalmente raccolti tutti assieme nello stesso salone, salvo qualcuno più delocalizzato: la Bologna University Press, ad esempio, era distaccata nei pressi della mastodontica Cambridge University Press. L’area espositiva italiana consisteva in due ampie superfici parallele in cui erano disposti ordinatamente i vari box delle piccole case editrici, che da sole non si sarebbero potute permettere di partecipare alla Buchmesse. Tutta l’area era completamente aperta e molto pubblico interessato ne entrava e ne usciva liberamente. È stato senz’altro un bel successo organizzativo.

Il gruppo Mondadori invece si profilava come l’unico espositore di tutta la fiera che non esponeva un bel niente. Il suo stand era un enorme contenitore bianco con un unico ingresso praticabile al pubblico ma sbarrato da un banco di portineria dietro da cui si era squadrati da controllori severi che volevano sapere cosa mai avessi a cercare da loro. Niente, così… Tanto, all’interno, anziché libri, c’erano solo tavolini vuoti. Niente altro che sedie e tavolini vuoti messi lì per le trattative fra gli agenti degli editori, e suggerivano l’idea che per Mondadori i suoi prodotti non fossero altro che dei cosi (Dingen, per dirla in tedesco) finalizzati esclusivamente a far soldi. Eh già, cos’altro mai potrebbe essere, un libro?… Ma no, mi devo sbagliare: in che mani indegne si troverebbe tanta cultura italiana!

Per fortuna erano presenti anche le case editrici non-mondadorizzate: i vari Adelphi, Feltrinelli, Zanichelli, Marsilio, Laterza, Sellerio, ecc. Nei loro stand, più modesti ma molto più accoglienti e ricchi di libri, i visitatori indugiavano interessati, potevano intrattenersi sui titoli esposti, farsi raccontare i progetti futuri. Da Adelphi, ad esempio, ho potuto sfogliare la ristampa del già introvabile saggio di Carlo Ginzburg su Piero della Francesca, e mi sono intrattenuto affabilmente con il personale raccontando della Lectio Magistralis tenuta da Ginzburg in persona nell’aula magna dell’Università di Francoforte, poco prima del Covid. Proprio di fronte a Mondadori sorgeva l’elegante struttura aperta delle Edizioni San Paolo, dove il pubblico era accolto da gentilissimo personale ed erano esposti dei tascabili un tempo impensabili, come „Il velo del silenzio: abusi, violenze, frustrazioni nella vita religiosa femminile“.

Quest’anno il programma culturale di contorno curato dall’Istituto Italiano di Cultura (IIC) di Colonia, diciamolo pure, è stato alquanto carente. Al cospetto di tutte le celebrità internazionali della letteratura mondiale presenti in loco, il peso massimo messo in campo da noi è stato Carlo Lucarelli. E lo sottolineo non per vituperare il bravissimo Lucarelli, bensì l’inettitudine delle autorità ministeriali. Vi ricordate i bei tempi dell’IIC di Francoforte, quando Umberto Eco veniva di persona ad incantare i visitatori del reparto italiano? Anche se lui è morto, ci sono molte altre firme di notorietà internazionale nel nostro paese. Non vorremmo che di questo passo fra due anni, quando toccherà all’Italia il ruolo di ospite d’onore, l’IIC presentasse al mondo Walter Veltroni come vetta più alta della letteratura italiana attuale. Comunque all’interno del recinto fieristico, non ci sono state attività italiane di sorta, nisba, Nichts von Allem! Si sono svolte solo presentazioni di autori sconociuti all’estero in una libreria del centro e in un Kulturverein italiano, ed una discussione aperta su Pasolini in una sala localizzabile nel lato opposto della città, ai confini estremi del comune di Francoforte, ma raggiungibile dai visitatori della fiera con il tram n.11 dopo aver cambiato alla stazione Gallus della S-Bahn.

L’unica iniziativa interessante era data dagli incontri con gli scrittori nelle scuole, che ha portato il mondo dei professionisti della penna a contatto diretto con i giovani di belle speranze. Non era però un’idea originale, poiché negli anni precedenti, e indipendentemente dalla fiera del libro, il Consolato di Francoforte aveva organizzato manifestazioni del genere con grande successo. Ne abbiamo già riferito su questo giornale a proposito dell’incontro alla Scuola Europea di Francoforte con l’astronauta Samanta Cristoforetti. E sarebbe auspicabile se essa venisse ulteriormente estesa alle scuole dislocate in aree di forte presenza italiana, come Stoccarda o Colonia.

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