Nella foto: Carlo Schiavone

Intervista a Carlo Schiavone

Nato a Napoli decide di abbandonare gli studi di ingegneria per frequentare la Scuola del Musical di Milano. Queste le info di Carlo Schiavone che da novembre fa parte del cast di «Flashdance», il musical sulla base del film culto degli anni 80, in tour per Germania, Austria e Svizzera. La versione musical del film del 1983 ebbe la prima appena nel 2008. I brani del musical realizzato in Germania dalla offMusical di Francoforte sul Meno includono, oltre ai brani del film, anche «Gloria» di Umberto Tozzi e «I Love Rock ’n’ Roll» di Alan Merrill e Jake Hooker. Le canzoni vengono cantate (per la maggior parte) nella versione inglese mentre la recitazione è in tedesco.

Abbiamo incontrato Carlo per voi, per scoprire qualcosa di più sull’artista partenopeo.

Carlo tu sei originario della grande e bella Napoli. Come mai hai preso la decisione di trasferirti in Germania?

Il passaggio non è stato proprio da Napoli in Germania, bensì da Milano in Germania. In Italia abbiamo due grandi scuole di musical: una a Bologna (con focus sul canto) e una Milano (con focus su danza e canto). Io ho deciso di frequentare quella a Milano, sebbene mi trovassi già a Bologna, dove frequentavo il terzo anno di ingegneria edile. Io sono molto perfezionista in ogni cosa, per cui seguivo tutti i corsi, mi impegnavo ad avere buoni voti, però sentivo dentro di me che non era veramente quello che avrei voluto fare. Un giorno, per caso, ho cercato su Google “musical”. Senza una precisa ragione. Non sapevo in dettaglio cosa fosse il musical, ma, fin da piccolo, avevo sempre fatto presente ai miei genitori che avrei voluto fare qualcosa in cui potessi cantare, recitare e ballare. Così, quando vidi su Youtube alcuni estratti di musical, capì che era quello che volevo fare. Così ho fatto l’audizione a Milano ed è andata bene. Così il 2013 mi sono spostato a Milano e poi nel 2018 ad Amburgo, in Germania, dove viveva il mio ragazzo (ora ex-ragazzo).

Cosa ti ha portato a rimanere in Germania?

Ho fatto un paio di audizioni e mi hanno preso in “Hair” a Karlsruhe. Questo è stato il mio primo ingaggio ufficiale in Germania che mi ha portato alla decisione di rimanere a vivere in Germania. Decisione che, finora, si è rivelata essere quella giusta, perché sono sempre riuscito ad avere un contratto dopo l’altro. Non c’è un contratto a tempo indeterminato, bisogna essere attivi e fare audizioni in modo da venire presi per nuovi spettacoli. In Germania ci sono molte più possibilità.

C’è un vantaggio del panorama culturale tedesco rispetto a quello italiano?

In Italia abbiamo molta cultura, ma è come se la gente non venisse spinta ad andare in teatro. In Germania quasi ogni cittadina ha un teatro e nelle grandi città ce ne sono diversi. Le persone vogliono andare a teatro, fa parte, direi, del loro DNA.

Non ti manca Napoli?

Non credo ci sarebbe stata la possibilità di entrare in questo mondo. Non ci sono vere e proprie accademie che ti possono preparare al musical, per cui avrei dovuto fare studi privati e, comunque, spostarmi.

Ora sei in Germania da un paio d’anni. Come va con la lingua?

Non conoscevo né tedesco né inglese. Mi sono improvvisato ed ho cercato da subito di chiedere aiuto. Ancora oggi, prima di fare un’audizione, chiedo a conoscenti o vicini di madrelingua tedesca, di leggermi il testo in modo che io possa sentire non solo la pronuncia ma anche l’intonazione. Nello spettacolo di “Hair” dovevo solo ballare, quindi la lingua non era necessaria. La seconda edizione, invece, era per una commedia, con testo recitato. Così ho deciso di prendere lezioni di fonetica. Quando nel 2020 lavoravo e vivevo a Vienna, mi seguiva una logopedista per insegnarmi come muovere la lingua. A noi attori di musical non serve tanto saper parlare correntemente la lingua, piuttosto, come pronunciare correttamente foneticamente, perdendo il proprio accento di origine. Devo anche dire di essere stato molto fortunato perché, finora, sono stato quasi sempre l’unico italiano nel cast, per cui ero obbligato ad ascoltare e parlare in tedesco.

Dei ruoli finora interpretati, quale ti ha messo maggiormente alla prova?

Nel musical ogni show è una sfida. È un campo talmente vasto che ogni spettacolo è qualcosa di totalmente nuovo. Anche l’audizione di Flashdance è stata una sfida perché abbiamo fatto coreografie di hip-hop e classiche. Se parliamo dell’ audizione più difficile, senza dubbio quella per Moulin Rouge, cantare in tonalità femminile e ballare sui tacchi. A livello di spettacolo forse il mio primo spettacolo di Peter Pan in Italia.

Info e biglietti: www.flashdancemusical.com

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