Nella foto: Il Prof. Fonseca

Nel febbraio 1221, esattamente 800 anni fa, Federico II di Svevia scoprì Foggia e la Capitanata facendone la sua residenza preferita. Ne abbiamo parlato col grande medievista pugliese

Cosimo Damiano Fonseca è nato nel 1932 a Massafra in Puglia. Ha studiato Teologia a Napoli. Nel 1954 è stato ordinato sacerdote. Successivamente ha studiato Lettere e Filosofia all’Università Cattolica di Milano. Ha frequentato i corsi di Paleografia, Diplomatica e Dottrina archivistica nell’Archivio di Stato di Milano. Ha conseguito il diploma di perfezionamento in Storia e Civiltà del Cristianesimo. Ha insegnato Storia medievale e Storia del Cristianesimo a Milano, Bari, Lecce e nell’Università della Basilicata da lui fondata nel 1981 e di cui è stato rettore fino al 1994. Nel 1991 ha fondato a Matera la Scuola di Specializzazione in Archeologia classica e medievale che ha diretto per alcuni anni. E’ stato ideatore e condirettore dell’Enciclopedia Fridericiana della Treccani. E’ membro di numerose Accademie ed Istituti scientifici, tra cui l’Accademia Nazionale dei Lincei, l’Istituto Lombardo – Accademia di Scienze e Lettere, l’Accademia Pontaniana di Napoli, l’Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Palermo. È specialista del periodo normanno-svevo e ha collaborato con il centro studi normanno-svevi dell’Università di Bari del quale è stato vicepresidente. In occasione dell’VIII centenario della nascita di Federico II è stato vicepresidente del Comitato nazionale per le celebrazioni.

Prof. Fonseca, lei è un sacerdote e un accademico. Come ha diviso la sua vita tra sacerdozio e studio?

Non è corretto parlare di divisione tra sacerdozio e studio; altra cosa è l’autonomia delle due sfere senza far prevalere l’una sull’altra, semmai giovandosi delle risorse sottese ai due ambiti, che non sono mai conflittuali bensì complementari.

Lei è stato vicepresidente della Conferenza dei Rettori delle Università italiane e membro del Consiglio Universitario Nazionale. Come giudica il mondo accademico di ieri e di oggi?

I tempi cambiano e le strutture formative di cultura superiore non possono estraniarsi dalle diverse stagioni, ma devono interpretare i vari momenti evolutivi delle strutture e delle istituzioni. Insomma nel campo scientifico si assiste a un work in progress, ed è per questo che si richiede un grande sforzo critico e metodologico senza provocare mai fratture.

Foto con gentile concessione di C. Grenzi Editore

In relazione agli studi che la storiografia tedesca ha dedicato a Federico II, quali ritiene siano stati i punti focali della ricerca?

La storiografia tedesca – e aggiungerei quella europea – hanno da sempre dedicato grande attenzione al grande imperatore e alla sua opera, non trascurando mai le diverse attività dello Svevo e quella della sua costruzione imperiale. Si pensi alle sintesi del Kantorowicz, ma anche alle varie branche disciplinari, diplomatistiche (finalizzate a stabilire l’autenticità delle fonti, ndr), storico-artistiche, filologiche, ecc. Comunque fermandoci all’età contemporanea degni di nota sono i nomi di grandi storici quali Eduard Sthamer e Arthur Haseloff, per la parte monumentale; Walter Koch per i diplomi, Karl Arnold Willemsen per il De Arte venandi, ecc.

Nel 2021 il gemellaggio Foggia – Göppingen, compirà 50 anni. Negli ultimi anni il rapporto si è affievolito. Cosa si dovrebbe fare per riportarlo in auge?

Dipende da chi ha promosso il gemellaggio, se è stato fatto in ambito scientifico o istituzionale. E’ in questo ambito che bisognerebbe ricreare l’interesse.

Una Stele alla memoria di Federico II verrà inaugurata a Foggia in maggio. Secondo Lei come dovrebbe vivere una collettività questo evento?

Innanzitutto dovrebbe conoscere il personaggio. Non si può prescindere da una conoscenza storicamente fondata di Federico II, non legata solamente al mito.

Ci sono fonti certe che ci permettono di affermare quando, precisamente, lo Svevo è arrivato in Capitanata e quando ha visitato Foggia per la prima volta?

L’ho detto in un mio recente articolo sulla Gazzetta del Mezzogiorno: sulla base dei documenti il 13 febbraio, proveniente da Salerno, giunse a Troia; otto giorni più tardi era a Foggia.

Perché dopo l’incoronazione a imperatore Federico decide di stabilire la sede imperiale a Foggia?

Il motivo sta nelle distanze geografiche. Bisognerebbe misurare le distanze dell’itinerario viario di Federico II. Quanto poteva percorrere l’esercito in una giornata tenendo conto anche della situazione orografica. Pietro Dalena ha dedicato molti studi ai sistemi viari del medioevo nel meridione.

Foggia nel XIII secolo non era sede vescovile. E’ per questo che Federico la sceglie?

No, non penso. Federico aveva molti vescovi dalla sua parte. Quelli che erano dalla parte opposta non avevano nulla di personale, ma il clima ecclesiale aveva non poca influenza nel definire gli schieramenti.

Federico fu un buon cristiano?

Certamente è stato un cristiano. E’ indubbio, altrimenti non avrebbe potuto ricevere l’incoronazione di imperatore del Sacro Romano Impero. Le scomuniche furono legate a questioni concrete di governo quando la sua politica dissentiva da quella dei pontefici. Non dimentichiamo che a Gerusalemme nella basilica del Santo Sepolcro da scomunicato si prende la corona e si autoincorona. Patriarchi e vescovi spariscono dalla circolazione.

Federico si poneva al di sopra del papa?

Valeva il principio di papa Gelasio I: due sono i poteri per cui è governato il mondo, l’autorità sacrale dei papi e il potere regio, che nel caso di Federico era imperiale. Federico non voleva prevalere sul papa. Anzi chiedeva l’avallo del pontefice per la legittimità della sua incoronazione.

L’Università di Foggia intende organizzare un convegno per il Centenario. Ha suggerimenti?

Bisognerebbe individuare un titolo e poi scegliere i relatori sia di area tedesca che gli italiani. Bisognerebbe tenere conto di un percorso storiografico che metta Foggia al centro degli interventi. Il convegno dovrà avere un’egida scientifica e il patrocinio dell’Università di Foggia. In qualità di promotore del progetto della Stele faccia una proposta per un convegno di studi da tenersi in occasione della inaugurazione.

Tra le proposte per il rilancio del territorio si sta facendo spazio anche l’idea di realizzare un Museo federiciano a Foggia. Cosa ne pensa?

La stagione dei musei territoriali o incentrati su una personalità o incentrati su fatti caratterizzanti l’ambiente ha trovato negli ultimi decenni, da quando è intervenuta la riforma del Ministero dei beni e delle attività culturali, un’ampia diffusione. Si tratta di vedere come, all’interno dell’organizzazione ministeriale, ci si può collegare con un museo di questo tipo tenuto conto che tutto il territorio della Capitanata è interessato ad una intensa attività archeologica. Dal punto di vista della cornice intorno a questo evento penso ci sarebbero le condizioni favorevoli. Però c’è subito da chiedersi quali potrebbero essere i materiali d’esposizione. Io mi permetterei di insistere proprio sulla parte medievale, che è quella più scoperta anche perché di più recente istituzione. Bisognerebbe elaborare una idea-progetto da sottoporre poi successivamente al ministero.

Cosa pensa di Giuseppe de Troia, lo studioso che ha rinvenuto, a Roma, nella Biblioteca Angelica (fondata da Angelo Rocca, ndr), la veduta di Foggia della fine del ’500, documento fondamentale per la storia della città?

Possiedo tutto il Rocca, anche le descrizioni delle città riportate nell’atlante dello stesso. Lo studioso de Troia ha fatto molto per Foggia, tuttavia non ha avuto collegamenti, non è entrato all’interno di un circuito, è sempre rimasto autonomo. Anche per la “Storia locale”, come si chiamava una volta, fatta anche da studiosi locali, bisogna avere molto rispetto. Non dimentichiamo che l’edizione del Quaternus Excadenciarum l’ha fatta lui. I contributi di studiosi locali sono di grande interesse e possono entrare in sintesi nel lavoro dello storico generale. Ammiro molto quello che de Troia solitario ha fatto per una città che per questi problemi culturali non mi è parsa molto solerte ed attenta.

Il lavoro dello storico prima e dopo internet. Vantaggi e svantaggi della rete.

Guardi io soglio dire che questi mezzi informano ma non formano. In rete si trovano tantissime notizie e bisognerebbe disporre di capacità critica raffinata. Ai fini dell’utilizzazione sul piano strettamente scientifico, bisogna fare continue verifiche, di qui la necessità delle biblioteche e dei repertori di ricerca. Fa molto aggio sulla verità storica il compiacimento localistico.

Prof. Fonseca, Le è piaciuta l’intervista?

È stata una piacevole conversazione. Non ho dovuto misurare le parole, edulcorandole, le ho dette così come mi venivano dal cuore e un pochino dal cervello.

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