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Nel 2009 Andrea, Edoardo, Gianluca e Filippo fondano il gruppo musicale e ora hanno appena pubblicato il terzo album. Ne ho abbiamo parlato con Dimitri Niccolai, il produttore

Il 2 Maggio è uscito il nuovo album dei Piccoli Animali Senza Espressione: Come ne sei coinvolto?
I P.a.s.e. mi hanno chiesto di produrre il loro terzo disco, sono dunque il produttore “musicale” (o artistico). Cosa significa produttore? In pratica vuol dire che la band ha affidato a me il suono dell’album, la veste delle canzoni, in alcuni casi struttura e arrangiamenti che non erano delineati nelle composizioni originali o nei provini o necessari per creare l’atmosfera. Ovviamente si sono affidati al mio modo e devo dire, mi hanno concesso molta libertà. Siamo tutti molto contenti del risultato ed io sento il disco completamente “mio”.

Come hai conosciuto il gruppo?
Andrea Fusario, bassista e fondatore del gruppo, mi ha “scovato” (ed io ovviamente poco dopo ho conosciuto il mondo dei Piccoli animali senza espressione) circa tre anni fa, grazie ad amici in ambito musica e una certa curiosità che muove musicisti e persone come noi. Io e Andrea abbiamo ben presto scoperto di avere gusti ed idee in comune. Per un po’ si è sviluppata una corrispondenza sul web abbastanza disinvolta, poi un giorno mi chiese di collaborare al terzo disco della band. Nel frattempo, grazie ad alcuni concerti a Livorno, che proprio Andrea mi aveva procurato, avevo avuto modo di conoscere tutti gli altri i componenti del gruppo. Tutte persone splendide, musicisti pieni di idee. Abbiamo suonato insieme diverse volte, poi, lo scorso anno, abbiamo cominciato a lavorare al disco.

Che percorso intraprende il gruppo con il questo nuovo CD?
Per quello che posso dire io che sono dentro il progetto concretamente solo da un anno, credo che ci fosse la volontà di una svolta senza assolutamente gettare via l’ottimo lavoro fatto coi due dischi precedenti. Il fatto di aver chiesto a me di occuparmi della produzione non poteva che portare ad un disco con più elettronica e uno specifico suono. Oltre a questo e non da meno, la seconda evidente novità è stato l’ingresso di Annalisa, compagna di Andrea, che scrive in modo splendido ed incredibilmente calzante per la voce e la personalità di Edoardo. Una piccola “magia” che avevano “in casa” ma non si era ancora rivelata. Insieme poi abbiamo lavorato molto alla presentazione, dalla realizzazione dei video, le foto e la copertina eccetera. Credo che molti aspetti del loro “comunicare” siano stati curati meglio che in passato. L’obbiettivo non era solo quello di fare un bel disco, e a mio parere ci siamo riusciti, ma anche di farlo conoscere attraverso una migliore comunicazione.

Quale è il brano, secondo te, che meglio rappresenta l’evoluzione del gruppo?
Se ascolti “Sveglio Fantasma” senti in quasi ogni brano un’evoluzione in fase compositiva rispetto ai due album precedenti. Secondo me c’è una maturazione ed una consapevolezza che comunque non ci sarebbe stata senza il lavoro fatto prima. Personalmente credo che brani come “In cammino”, “Luminoso”, “Vicolo d’oro” siano molto significativi per indicare il punto in cui la band si trova, ma tutto il disco riserva molti altri momenti vibranti, alla fine “solo” 11 pezzi ma tutti belli.

Per chi ancora non conosce il gruppo, quali saranno le occasioni di conoscerli?
In Italia ci sono già in programma le prime date a Livorno, Firenze, Roma e Torino e dintorni. Il disco sarà distribuito da Goodfellas ed edito da Materiali musicali che dovrebbero essere una garanzia anche in termini di diffusione e visibilità. Non mancheranno una notevole promozione radio, so da Andrea che gli addetti ai lavori stanno reagendo molto bene all’ascolto del disco.

Da autore e cantante come nasce il desiderio di diventare produttore?
Forse potremmo rovesciare la domanda. In realtà la parte più importante del mio lavoro è sempre stata il suono e l’arrangiamento. Sono cresciuto in una band atipica, facevamo musica elettronica già da giovanissimi. A Firenze nonostante fossero gli anni della new wave, se ne contavano sulle dita di una mano band che usavano computer, registratori multitraccia, synths e campionatori come noi. La differenza con una band “rock” classica che spesso si trova in cantina per suonare, è che noi suonavamo, registravamo, facevamo suoni, li mettevamo insieme, insomma passavamo ore ed ore ad arrangiare. Anche il mio ruolo di cantante è praticamente nato più tardi, per necessità, nel mio primo periodo solitario in Olanda. Non che scrivere sia una parte meno importante, io scrivo molto, ma non riesco ormai da anni a non pensare alla composizione e alla produzione come un fatto assolutamente inscindibile.

In che mondo la tua formazione ed esperienza musicale hanno influenzato questo progetto?
Mi è stata data la possibilità e soprattutto la fiducia di lavorare come se fosse un mio disco, quindi senza “compromessi”. Ho potuto inserire molti elementi che caratterizzano un modo di arrangiare e sperimentare, un metodo, gli stravolgimenti che apporto alle varie versioni dei pezzi prima di considerarli finiti. E’ ovvio che un produttore deve cercare di trarre il meglio dalla band senza snaturarne l’anima ma non è facile né scontato che ci sia questa armonia e fare un disco intero è un processo lungo e faticoso. Credo che la cosa che abbia funzionato sia stato l’essere stato considerato e l’essersi sentito sempre uno della band. Filippo, Edoardo ed Andrea hanno comunque un bagaglio musicale notevole, quindi ho avuto a disposizione materiale prezioso ed interlocutori sempre pieni di soluzioni. In questo modo si cresce tutti.

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