Nella foto: Alessandra, foto © CocoGonserPhotography-14

Storie di successo di italiani in Germania. Oggi parliamo di…

Grazie a questa rubrica conosco persone speciali che giorno dopo giorno mi insegnano qualcosa. Oggi è la volta di una donna che porta dentro di sé lo spirito europeo e la creatività italiana.

Io l’ho scoperta cercando informazioni sui Kita e a Monaco di Baviera: l’indicizzazione mi ha portato sul suo blog ww.theitalianpot.com.

Ciao Alessandra, raccontaci un po’ di te, da quanto tempo vivi in Germania e come mai hai scelto proprio questo Stato?

Sono arrivata in Germania a fine maggio 2012 dopo una breve esperienza post lauream in uno studio di architettura altoatesino. Al tempo convivevo con il mio ex ragazzo e, essendoci ritrovati disoccupati senza nessuna possibilità di reimpiego nella zona ci siamo detti: facciamo il salto d’Oltralpe e proviamo in quel di Monaco di Baviera. In quel momento il settore edilizio godeva (e gode) di una buonissima situazione e di un fiorente mercato lavorativo, che ci avrebbe garantito sicure opportunità lavorative. Iniziammo in due…ma presto mi ritrovai da sola a seguire questa strada. L’inserimento linguistico e professionale è in questo settore, almeno agli inizi, molto crudo.

Quest’anno sono 10 anni che vivi qui. Sei passata da studente a professionista: com’è svolgere la tua professione a Monaco di Baviera?

La preparazione universitaria tedesca è molto vicina a quella dei nostri politecnici, ma il legame con il mondo produttivo e nettamente più forte. Gli studenti hanno modo durante il loro percorso universitario, o ancor prima, di fare esperienza vera in un ambiente lavorativo preciso e di capire con chiarezza quel che li aspetterà. In un certo senso, escono con una Laurea ma anche con un senso di consapevolezza nei confronti di sé stessi e delle proprie capacità molto più forte che in Italia. Questo senso di sicurezza nei giovani professionisti mi ha sin da subito molto colpita, perché penso sia segnale di una società che non sminuisce, bensì crede nelle proprie nuove generazioni! Oltre a questo penso che gli studi professionali, specialmente se medio piccoli, accolgano ma anche accompagnino il neolaureato nel rendersi velocemente autonomo e capace in tutte le fasi di progetto. In dieci anni di lavoro ho conosciuto solo una collega che è stata incasellata in una fase di progetto precisa, ma il livello di conoscenza e destrezza raggiunto in quell’area non le ha chiuso le porte al mercato, anzi, in pochi colloqui ha ricevuto un invito simultaneo a ben cinque posti di lavoro: insomma, incredibile! Se sei poi libero professionista… la cosa si fa dura perché il livello di competitività è alto e servono contatti locali. Ma una volta aperta la breccia… si può lavorare veramente bene.

Come raccontavo ti ho scoperta attraverso il tuo Blog: “THE ITALIAN POT” dove racconti la tua quotidianità dando informazioni utili per chi vive o vuole trasferirsi. Come è nata questa idea?

Con la nascita del mio primo figlio ho visto il mio io risucchiato dal suo accudimento e stavo per perdere la capacità di focalizzarmi su me stessa, su ciò che mi stava accadendo e al tempo stesso cambiando in me. Ho cominciato a scrivere articoli sulla mia esperienza di espatrio, sul mio lavoro all’estero, sulla città in cui vivo, Monaco di Baviera, riportando esperienze personali ma anche altrui, per rendere note le storie di tante italiane espatriate planate, anche dopo non poche esperienze all’estero, in questa città per scopi lavorativi. Si parla poco, troppo poco delle italiane all’estero e in realtà sono tantissime: istruite, intraprendenti, con molta voglia di mettersi in gioco e di crescere. Vorrei parlarne sempre di più e creare un legame e un’ispirazione femminile tra loro e il paese da cui se ne sono andate, per svariati motivi, ma che nonostante tutto rappresentano meravigliosamente in ogni angolo di questo pianeta.

12 donne che risiedono in 11 diversi Paesi hanno raccontato le loro esperienze dall’inizio della pandemia a oggi. Una di queste donne sei tu, insieme alle “amiche di fuso” avete scritto un libro: “Quando tutto è cambiato”. Vorrei consigliarlo come lettura dell’estate, puoi stuzzicare la voglia di portarlo sotto l’ombrellone?

“Quando tutto è cambiato” è un libro speciale, che ben si ricollega al tema che ho sopra accennato. Spesso non si conosce, solo si immagina la vita delle italiane all’estero. Si pensa che vada tutto alla grande, che nonostante tutto, dopo tutto, nulla faccia una piega. Noi Amiche di Fuso ne parliamo spesso sotto il detto “beata te che sei all’estero”, che vivi in un paese che funziona, che guadagni bene, che non hai preoccupazioni economiche, che hai dimenticato la durezza del vivere in un paese come l’Italia. In realtà le cose non vanno sempre esattamente così e la pandemia ha aperto tutti gli armadi più spaventosi: il terrore di non poter prenotare un viaggio di ritorno, di vedersi i confini improvvisamente chiusi, l’angoscia di dover lasciare tutto dalla mattina alla sera, il doversi separare dai propri familiari o non vederne ritornare altri, il rancore nei confronti di istituzioni andate improvvisamente in tilt, cosi come il sistema sanitario presente. Tutto questo, ciò che abbiamo vissuto e provato, lo abbiamo testimoniato in questo libro pieno di umanità e coraggio. Consiglio di leggerlo se volete ribaltare un po’ la vostra visione del mondo, ma anche risvegliare sentimenti, ricordi e rielaborare insieme a noi momenti che, alla fine di tutto, ha valso la pena essere vissuti.

Ormai dentro di te vivono 3 culture: Italia, il paese che ti ha visto nascere, Germania di adozione e Spagna per amore. Ti senti più una di queste o europea?

Sono cresciuta in un momento storico in cui il concetto di Europa si è lentamente concretizzato e di cui ho pienamente goduto. L’introduzione della moneta unica, la possibilità di studiare e lavorare in paesi esteri, di aprire i miei orizzonti come persona e come cittadina. Durante la pandemia il sogno europeo si è tristemente rivelato labile, un sipario dietro cui vige ancora molta divisione. Nonostante ciò penso che la mia generazione sia per forza di cose testimonianza di una pagina di storia nuova che difficilmente può essere estirpata. Oggi non so veramente se definirmi più italiana o tedesca o spagnola. So solo di provenire da un paese verso cui fortunatamente non mi sento arrabbiata, perché il rancore è una gran brutta cosa, se poi è verso le tue radici…non c’è salvezza. Per questo ringrazio l’Italia, il meraviglioso paese da cui provengo e che in alcune cose non ha paragoni al mondo, ma anche le culture che mi hanno adottato, cui forse non apparterrò mai del tutto ma che tanto mi hanno insegnato.

John Ruskin scriveva “L’architettura è l’adattarsi delle forme a forze contrarie.” Io credo che questa frase calzi a pennello anche su Alessandra che da studente è diventata una professionista affermata, madre e moglie. Lei ci ricorda che è possibile adattarsi a nuove culture e a nuove lingue con sacrifici e dedizione. Siamo abituati a “giudicare” le persone dal loro presente, ma dobbiamo ricordarci che ognuno ha la sua storia.

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