Ricordo della giornalista e scrittrice lucana scomparsa a Francoforte sul Meno il 29 aprile 2020

C’era una volta una bambina, cresciuta all’ombra di una magnolia che stillava diamanti, ascoltando la favola delle tre melarance e specchiandosi dentro la verità delle cose. Sentiva le voci degli alberi e della luna. E sottovoce parlava con le magare. Suo padre era una virgola di cielo libero, sua madre un punto fermo nel sole. Roccanova era il suo mondo di fiaba e la sua infanzia un paese senza paura. Un piccolo microcosmo di Lucania antica che l’ha seguita nei suoi anni di viaggio aperti al vento. Anni di cambiamento e di rivoluzione: Castellammare di Stabia, Como, Venezia, Milano, Parigi, Berlino, Atene, Santiago di Cuba, Francoforte sul Meno. Anni di resistenza, di battaglie, di inchieste, sempre animata dalla tenacia di chi crede fermamente nelle proprie idee e nella volontà di metterle in pratica. Era nata aquila Marcella Continanza, destinata fin dalla culla a tenere il cielo sempre aperto, fissando negli occhi il sole.

Giornalista professionista, scrittrice e attivista dei diritti delle donne, è stata redattrice culturale dei quotidiani “La Provincia” di Como e “Il diario” di Venezia (1969-1982), e direttrice della prima rivista di cinema in edicola, il mensile “Vietato fumare: tutto cinema e dintorni”, a Milano (1984-1985). Nella città di Goethe, sua ultima residenza, dove aveva raggiunto il fratello Francesco, ha allestito dal 1989, per quattro anni, la mostra sul libro italiano per ragazzi nelle biblioteche tedesche e ricoperto la carica di redattrice del settimanale “Corriere d’Italia” per un decennio, collezionando incontri culturali di grande spessore che sono stati luce sul suo cammino: Gina Lagorio, Gianluigi Nespoli, Dante Maffia, Marisa Fenoglio, Gino Carmine Chiellino, Giuseppe Conte. Per Francoforte Marcella aveva avvertito da subito uno speciale trasporto. Sentiva che camminare lì era come percorrere il labirinto del proprio essere. E nell’esilio della metropoli serrata, avvolta nel mantello della sua aria mercuriale e dei suoi tramonti rosati, aveva rimesso al dito l’anello della Musa, ricevendone nuovi stimoli e impulsi creativi.

Studiosa delle scritture delle donne emigrate, nel 1991 ha ideato la Rassegna “Donne e Poesia”, dedicata alle italiane che continuavano a comporre nella lingua madre, e fondato nel 1993 l’Associazione “Donne e Poesia” nel nome e nel segno di Isabella Morra, petrarchista lucana del Cinquecento e icona del protofemminismo, da lei tanto amata. Dal 1999 ha fondato e diretto “Clic Donne 2000”, il giornale delle italiane in Germania, combattendo la sua personale crociata contro le ingiustizie nel mondo del lavoro e la violenza di genere. Il suo cervello brillante, la sua apertura mentale, le sue grandi passioni l’hanno portata ancora più lontano, al timone del Festival della Poesia Europea di Francoforte, da lei ideato nel 2008 e condotto con grande sagacia e personalità. Come la migliore direttrice d’orchestra, ha saputo far risuonare all’unisono le più importanti voci della lirica europea contemporanea nelle location più suggestive della città e sotto l’immancabile albero di Goethe nel Botanischer Garten. Ricordiamo, tra le tante, Dacia Maraini, Paolo Ruffilli, Donatella Bisutti, Corrado Calabrò, Moreno Fabbri, Anna Santoliquido, Vincenzo Guarracino, Titos Patrikios, Jacqueline Risset, John Deane, Jordi Virallonga, André Ughetto, Jaroslaw Mikolajewski, Barbara Zeizinger, Eric Giebel, Reinhart Moritzen. Il Festival era il suo fiore all’occhiello, l’amalgama della sua energia ed operatività. Lo amava di un amore assoluto, simile a quello di una madre verso la sua creatura, e si era tanto rammaricata, quest’anno, di non averlo potuto allestire, a causa della pandemia di Covid -19 che sta mettendo sotto scacco l’intero pianeta. La sua morte inattesa, giunta il 29 aprile 2020, le ha evitato, però, persino il dolore di assistere al primo maggio francofortese senza la XIII edizione della sua kermesse. Un maggio che profumava di lei, delle sue “rose”.

Marcella amava la Sibilla, Goethe, Esenin, Borges, Lorca, Scotellaro. Credeva nel potere dei sogni e nell’energia cosmica. Dialogava con la sua betulla e conosceva i benefici effetti delle pietre. Con lei si poteva conversare di ogni cosa: cinema, cultura, politica, gastronomia, botanica, astrologia, religione, filosofia indiana. Interessi, questi, che ha sempre riversato nei suoi scritti.

Per la narrativa ha pubblicato: “Le oblique magie” (1980), “Il giorno pellegrino” (1982), “Io e Isabella” (2007). Tra le sue opere di poesia ha dato alle stampe: “Piume d’angeli” (1996), “Rosas nocturnas – Rose notturne” (1999), “Graffiti per Santiago di Cuba” (2001), Passo a due voci” (2002), “Sotto lo scialle” (2005), “Hommage an Goethe” e “Solo le Muse cantano” (2015), “La rosa di Goethe” (2018). Ha scritto la guida turistica “Cartolina da Francoforte” (1992) e il saggio “Totò dopo Totò” (1998). Ha curato le seguenti antologie: “Venezia come” (1981), “Immagini d’Italia” (1994), “Viaggio nel nuovo cinema italiano” (1997), “Donne e poesia” (1998), “Ricordando De Sica” (2000), “In viaggio con la Sibilla” (2011). Tradotta in tedesco, spagnolo e inglese, è presente con le sue poesie su riviste letterarie e in diverse antologie. Le sono stati conferiti premi nazionali e internazionali, tra cui la Medaglia della Presidenza per la Rassegna “Donne e Poesia” e la sua attenzione prestata all’emigrazione in Germania dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (1999) e l’onorificenza di Cavaliere all’Ordine del Merito della Repubblica per l’impegno civile profuso nel giornalismo e per la qualità della sua scrittura dal Presidente Giorgio Napolitano (2008), che le ha anche assegnato una medaglia per il Festival della Poesia Europea di Francoforte nel 2011. Marcella Continanza aveva un dono. Sapeva leggere dentro le persone come nessun’altra. Era leale, caparbia, generosa. Limpida come quella bambina che le correva sempre davanti e che non aveva mai smesso di mangiare mele rosse affatturate e sognare il profumo dei giacinti del suo giardino di Alcinoo. In venti anni di salda amicizia e di proficua collaborazione mi ha insegnato tanto. È stata la mia maestra di vita, di luce e di poesia. Diceva sempre che non è mai solo chi possiede il dono della scrittura e che bisogna ricavare il meglio da ogni singolo momento della vita, perché l’istante stesso è l’eternità. Se dovessi scegliere un’immagine da fissare al suo ricordo, sicuramente la vedrei china al suo scrittoio, con la sua cascata di riccioli bianchi e le mani consumate dagli anni, intenta a comporre poesie, in quei suoi ultimi giorni, da lei definiti fragili come vetro. Del suo viaggio umano e culturale restano l’impegno, la ricerca, il vulcanismo creativo, il talento. Resta la sete dei suoi papaveri lucani, desiderosa – com’era – di riabbracciare all’altra riva gli amati fratelli scomparsi, Bruno e Giuliana.

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