Sabato 19 maggio, vigilia di Pentecoste c’è stato un incontro tanto atteso con la nuora e due nipoti del defunto Giacomo Biffi, di Caprino Bergamasco, che durante la seconda guerra mondiale 1942/44 ha lavorato a Ludwigshafen alla dipendenza della Reichsbahn. Nella area bergamasca, come del resto in tutta italia, in quel periodo imperava una grande disoccupazione. Biffi aveva cinque figli da sfamare, da 10 anni a pochi mesi. Esauriti i tentativi di trovare lavoro come muratore decise di partire per la Germania come tanti operai di quei tempi. Nel 1941 a Ludwigshafen lavoravano 1835 italiani, nel 1942 1967, nel 1943 erano 1618 e nel 1944 1326. Il 9 agosto 1940 arrivarono i primi 250 italiani alla BASF (colosso chimico più grande al mondo). Vent’anni dopo, nel 1960 arrivarono 300 Gastarbeiter italiani alla Basf.

Altri tempi altra situazione, altra denominazione da Zivilarbeiter a Gastarbeiter, ma la storia tende sempre a ripetersi. Giacomo aveva messo al sicuro le lettere della moglie, padre e sorella, nascondendole in un tubo nel bunker, dove pernottava e al suo rientro in Italia si è scordato di portarle con se. Qui in città ci sono 33 bunker della seconda guerra mondiale, erano i rifugi dei civili durante i bombardamenti delle incursioni aeree frequenti in questa città. Anni fa l’amministrazione comunale, ha deciso di venderli. La coppia che ha acquistato il bunker, nella Maxstr. mentre riordinava e puliva, ha trovato un fascio di lettere scritte durante la guerra. Il marito ha pensato ai familiari di Giacomo e alla gioia che avrebbero provato nel ricevere questi preziosi ricordi. La moglie moglie raccontò il fatto ad una amica e la pregò di cercare una persona che conosceva la lingua italiana, disposta a leggere le lettere. Così le 90 lettere sono arrivate nelle mie mani. Man mano che leggevo, mi sono costruita un puzzle di questa famiglia. Assieme alle lettere c’erano due ritagli di giornale, uno con la foto della liberazione di Benito Mussolini, 12.9.1943 e l’altro con la foto dell’incontro di Mussolini e Hitler a Berlino, avvenuto immediatamente dopo.

La posta era sottoposta alla censura, potevano comunicare solo notizie riguardanti la famiglia, ogni parola sospetta veniva cancellata. In una lettera la moglie scriveva che da quattro mesi era priva di notizie. Raccontava della vita dei figli, per es. che la figlia maggiore, 12enne, lavorava guadagnando 20 lire al giorno, allora la farina di polenta costava 15 lire al chilo. Il mascietto di 9 anni andava scalzo nei campi a spigolare il grano da vendere quando non andava a raccogliere la legna con la gerla nel bosco. Dopo accurate ricerche, lettere e telefonate al comune di Caprino Bergamasco, dove la famiglia risiedeva durante la guerra, sono venuta a conoscenza che la famiglia Biffi si era trasferita a Mapello nel 1957 e li risiedeva il figlio minore con la sua famiglia. Il primo contatto telefonico è avvenuto con la nuora di Giacomo, è stata un’emozione indescrivibile. Subito si è dichiarata pronta a venire a vedere i luoghi dove il suocero aveva lavorato e a ritirare le lettere.

Poi si sono susseguite telefonate con un nipote, ansioso di conoscere il contenuto delle lettere. Finalmente la viglia di Pentecoste ci siamo incontrati nel famoso bunker ed esattamente al posto dove furono rinvenute, avvenne la consegna delle lettere racchiuse in una valigetta raffigurante locomotive a carbone e aerei da guerra. La giornata si è conclusa con una bella cena e tra l’altro è nata una bella amicizia che si è conclusa con lo scambio dei rispettivi indirizzi.

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