Napoletano di multiforme ingegno, come canta la musa omerica, Maurizio Del Greco vive in Germania da più d’un quarto di secolo accumulando le esperienze più disparate nel campo dello spettacolo e dell’intrattenimento. Già all’età di 5 anni ha condotto un programma per bambini in onda su Radio Camaldoli, un’emittente campana, a 17 organizzava feste di piazza a Napoli. Perito elettronico, ha recitato in compagnie di teatro, ha lavorato sia come cameraman che come regista televisivo, showman, collaboratore delle “Iene”, è organizzatore di eventi, autore di film e scrittore, e tralasciamo il resto. Recentemente ha presentato tre libri suoi, il primo dei quali s’intitola: “Il cielo grigio tra mafia e potere”. Il secondo libro s’intitola “Il cacciatore di plichi” ed il terzo “Colosseum operazione antimafia”.

Tu sembri aver provato un po’ di tutto. Quando è venuta la svolta decisiva?

Fondamentale per me è stato l’incontro con Ninì Grassia, il famoso regista di film comici degli anni ’80, ’90, che ha fatto i film con Nino D’Angelo. È stato lui a farmi venire la passione per il cinema. E poi io ho fatto 6 film, come regista e come produttore, che poi ho trasmesso nei circuiti del nord, Colonia, Düsseldorf, Dortmund e altri.

E come sei arrivato in Germania?

Sono arrivato qui con la scusa di fare quegli Show che facevo già in Italia, parliamo del 1994. Ho cominciato a girare per le discoteche, dove ho incontrato pure Nina Hagen e il batterista di Gianna Nannini a Wuppertal. Collaborando allora con Napoli International ho fatto arrivare qui in Germania i cantanti più famosi.

Come hai preso la pausa forzata?

Sono andato a trovare Mario in carcere. Tre anni fa era stato arrestato a Colonia con 1,8 tonnellate di cocaina. Stavamo chiusi in una stanzetta da un metro e mezzo quadrato, con la videosorveglianza, e lui stava raffreddato, e io gli ho detto: ma che c’hai il coronavirus? E lui: ma no, quando mai… Allora sono andato a casa, mi sono messo in quarantena e ci sono rimasto fino ad adesso. Allora che ho fatto? Dato che dovevamo girare un film a Colonia con il cast della serie di Gomorra, con Fabio di Massa come regista e Diego Olivares come sceneggiatore.

Fabio Di Massa, l’attore?

Lui è sia il protagonista che il regista di “Mai per sempre”, che dovevano presentare in una sala di Colonia, già tutto era pronto, la sala pagata, i viaggi pagati, quando ci ha interrotto il Coronavirus.

È in questa occasione che ti sei dato allo scrivere?

I collaboratori dell’editore mi hanno aiutato a metter su la stesura del libro. È la storia di tre ragazzi che partono da Napoli perché sono indagati per omicidio e traffico di droghe, e arrivano a Francoforte dove conoscono lo zio Ferdinando che li fa entrare nel giro della Baumafia. Però c’è l’Interpol che dall’Italia li sta seguendo e spiando e c’è tutto un intrigo sotto fra poliziotti italiani e tedeschi.

Allora i fatti sono autentici, le persone e i luoghi sono cambiati?

Più o meno. Io ho passato metà della mia vita in Germania e come organizzatore di spettacoli ho avuto a che fare con gente di tutti i tipi, e devi essere in amicizia con tutti. Ai detenuti italiani in Germania ho inviato a casa cestini-regalo di Natale per i familiari. Il vero amico si vede al momento del bisogno. Perché io sono un uomo normale, mi piace vivere e conoscere la gente, gli italiani all’estero. Perché in Italia ci definiscono noi all’estero come italiani di serie B, e invece no, noi pure siamo capaci di creare libri e film e fare tante altre cose.

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