Nella foto: Crispelle al miele. Foto di ©vogliadiriso.it

Tradizioni regionali della Sicilia – Rubrica a cura di Angela Trapanotto

La festa di Sant’Agata, patrona di Catania è una festa patronale tra le più belle al mondo. Sant’Agata nacque da una famiglia di nobili catanesi di religione cristiana, intorno al 230 d.c. Verso i 15 anni volle consacrarsi a Dio. La sua festa, con la spettacolare processione delle reliquie, è stata dichiarata patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco.

È una festa patronale che si celebra dal 3 al 5 di febbraio. In quei giorni tutta la gente si concentra sulla festa, con devozione, culto e folgore. Il primo giorno inizia con l´offerta delle candele grande quanto alle persone che chiedono la grazia. Alla raccolta delle candele partecipano tutte le autorità religiose, civile e militare. Due carrozze che un tempo appartenevano al senato, e 11 candelore, grossi ceri che rappresentano le corporazioni o i mestieri.

Questa prima serata si conclude con i fuochi artificiali, e giochi in piazza Duomo. I fedeli oltre ad esprimere grande gioia ricordano Sant’Agata la patrona martirizzata sulla brace, vigila sempre sugli incendi e sul fuoco. Il 4 di febbraio, tutti i devoti indossano un sacco (un camice bianco e lungo fino alla caviglia e stretto in vita da un cordoncino), un berretto di velluto nero, guanti bianche sventolano un fazzoletto anche esso bianco.

Secondo alcuni, l’abito bianco è la rivisitazione di una festa liturgica, il berretto nero rappresenterebbe la cenere di cui si cospargevano il capo i penitenti, mentre il cordoncino in vita rappresenterebbe il cilicio. Prima di portare Sant’Agata dalla cattedrale per la processione, viene celebrata la Messa dell’Aurora. Dopo il fercolo viene caricato del prezioso Scrigno con le reliquie e portato in processione per tutta la città.

Tutti indossano il sacco, e a piccoli passi, trascinano il fercolo. Il giro si conclude a notte. Nella processione di giorno 4 il carro è adornato con garofani rosa (simboli del sangue), mentre in quella di giorno 5 è addobbato con garofani bianchi (simboli di purezza). Il carro viene portato in processione preceduto dalle dodici candelore.

Il martirio di Sant’Agata ha inizio da quando il proconsole Quinziano si invaghisce non solo della sua bellezza ma anche della sua ricchezza. Cercò di concupirla, ma davanti alla santità e per il suo rifiuto nell’adorare gli dei, la fece arrestare. Sant’Agata resistette a tutte le provocazioni, e si mostrò orgogliosa di appartenere a Cristo, ma la fermezza della giovane, fecero infuriare il pagano che ordinò che Agata fosse rinchiusa in un carcere, cosi sperando che ella fosse intimidita dalle sofferenze, si persuadesse a rinnegare la fede cristiana. Ma ancora una volta ella si rifiutò. Così, Quinziano ordinò di legarla ad un grande cavalletto e torturarla, fino allo strappo delle mammelle.

In carcere Sant’Agata, allargando le bracce in preghiera e raccomandandosi a Dio spirò, alla presenza di tanti cristiani: è il 5 febbraio del 251. Durante l’eruzione dell’Etna, veniva portato in giro per le vie di Catania “il velo rosso” della Santa che in quei casi compì il miracolo di fermare le colate laviche. Da questo episodio si sviluppa lo straordinario culto dedicatole dai catanesi.

Quest’anno la festa non potrà essere celebrata come gli altri anni a causa del Covid. Salta la processione ma la festa continua a tavola. Infatti, vivere la settimana dedicata a Sant’Agata significa immergersi in un tripudio di profumo, torrone, zucchero filato, paste di mandorle, olivetti verdi, crispelle di riso e poi le cassatelle, dolce noto come “minnuzzi”, legati alla storia della vergine. Si tratta di un pan di Spagna tondeggiante, come una piccola cupola, ripieno di ricotta di pecora lavorata con lo zucchero, ricoperta di glassa bianca e rifinito da una ciliegia candita in cima. Infine pasta e ceci. I ceci significano abbondanza e fanno parte della tradizione della festa.

A Sant’Agata quest’anno è stato dedicato anche un vino, Etna Rosso Doc. si chiama Sant’Àgathae, un dono che nasce dalla fede della produttrice.

Le crispelle di riso

Ingredienti: Riso gr. 200, latte 3 bicchieri, lievito per dolci un cucchiaino, vaniglia una bustina, farina gr. 200 circa, miele gr. 200, olio per friggere.

Preparazione: Versate in un tegame il riso e il latte e ritirare dal fuoco quando il riso è cotto. Lasciate raffreddare e aggiungere il lievito, la vaniglia e farina quanta ne occorra perché l´impasto acquisti consistenza. Coprite e lasciate a lievitare per circa 15 minuti. Formare dei bastoncini della lunghezza di un dito, passateli per farina e friggeteli in olio caldo. Sciogliete intanto sul fuoco il miele, con un bicchiere d´acqua. Passate le crispelle nel miele e disponete su un piatto di portata. Servite spolverate di zucchero a velo. Buon Appetito.

Sembra che questo dolce sia stato inventato dalle Monache del Monastero dei Benedettini di Catania nel sesto secolo.

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